26 trilioni per il futuro dell’Asia

L’Asian Development Bank calcola il gap di investimenti per il settore infrastrutturale

La crescita asiatica è legata alle infrastrutture. Quelle esistenti e quelle ancora da costruire. Guardando al domani, e alla necessità di sostenere la crescita economica, la regione ha bisogno di 26 trilioni di dollari da mettere su progetti infrastrutturali. Una cifra da spendere entro il 2030, con un budget medio annuale di 1,7 trilioni.
Il calcolo viene da un’analisi dell’Asian Development Bank, inserita all’interno del report “Meeting Asia’s Infrastructure Needs”. Il rapporto parte dalla dotazione attuale, esaminando tutte le infrastrutture, dai ponti ai porti, dagli aeroporti alle strade, dal settore idrico a quello sanitario, e il risultato è proprio un calcolo dei futuri stanziamenti necessari per colmare i ritardi che affliggono alcuni paesi e alcuni settori.
Andando a mettere una lente su 45 paesi nel continente, il report sottolinea lo stato di arretratezza in cui ancora molte persone vivono: 400 milioni di individui non hanno accesso alla corrente elettrica, 300 milioni all’acqua potabile, 1,5 miliardi all’assistenza sanitaria di base, oltre al fatto che molte infrastrutture essenziali come porti, ferrovie, strade sono ancora inadeguate.

«La domanda di infrastrutture dell’area asiatica e del Pacifico – commenta nel report il presidente dell’ADB Takehiko Nakao – supera di gran lunga la disponibilità attuale. L’Asia ha bisogno di una nuova generazione di infrastrutture che contribuisca ad aumentare gli standard di qualità, a incoraggiare la crescita economica, e a rispondere alla sfida globale del cambiamento climatico».
Tornando al report, l’Asian Development Bank individua anche i settori che, più di altri, hanno bisogno di maggior sostegno finanziario. In primo luogo il settore energetico, nei confronti del quale dovrebbero essere destinati 14,7 trilioni di nuovi investimenti, seguito da quello dei trasporti (8,4 trilioni), dalle telecomunicazioni (2,3 trilioni), e da acqua e sanità che invece necessitano di investimenti ulteriori per altri 800 miliardi di dollari.

Howraw bridge, Gange

Dove indirizzare gli investimenti

Cartina alla mano, si tratta di un’area sconfinata, con processi di sviluppo molto differenti e sistemi economici spesso lontani. È per questo che l’analisi dell’istituto tende anche a individuare il bisogno finanziario delle singole regioni. Analizzandolo in percentuale al Pil prodotto, l’area del Pacifico richiede investimenti pari al 9,1% del prodotto lordo; il Sud dell’Asia l’8,8%, l’Asia Centrale il 7,8%, il Sud Est Asiatico il 5,7% e l’Est Asiatico il 5,2%.
Anche la Cina è inserita all’interno del calcolo elaborato dal rapporto ma il suo gap infrastrutturale rispetto al Pil è molto più basso della media degli altri stati e pari all’1,2%.

Il confronto con il passato

Quello che colpisce, però, nonostante negli ultimi anni l’andamento delle economie abbia mantenuto un trend positivo, è l’aumento del bisogno di investimenti e quindi la crescita nella domanda di infrastrutture. Nel precedente report realizzato dalla banca nel 2009 la stima annuale degli investimenti era pari a 750 miliardi di dollari, meno della metà degli 1,7 miliardi indicati oggi. Questo dato, giustificato in parte dal fatto che i paesi presi in considerazione sono passati da 32 a 45, conferma tuttavia quanto il bisogno di nuove infrastrutture cresca in modo esponenziale accompagnandosi allo sviluppo economico.

Riforme e investimenti

Una volta indicato l’obiettivo, raggiungerlo rimane ovviamente molto complesso, non solo per le difficoltà finanziarie dei singoli stati poco propensi a far aumentare la spesa pubblica in modo massiccio e continuativo, ma anche per la ritrosia di molti investitori privati. Le Multilateral Development Banks hanno fatto il possibile finanziando il 2,5% degli investimenti infrastrutturali nella regione, ma è ancora troppo poco.
Da qui la necessità, secondo l’Asian Development Bank, di portare a compimento un processo di riforme che comprenda interventi tanto istituzionali quanto regolatori del settore. Solo questo potrebbe rendere il settore asiatico delle infrastrutture più attrattivo per i numerosi soggetti finanziari che, in giro per il mondo, sono alla ricerca di nuove opportunità di investimento. Dare una risposta alla loro domanda sarebbe un’occasione d’oro per colmare il gap, riconsegnando nuova energia allo sviluppo economico dell’intera regione