Gli emergenti trainano il PIL mondiale

Uno studio della Banca Mondiale traccia le previsioni dell’economia mondiale per il prossimo biennio

La crescita del PIL mondiale non supera la barriera del 3%. Non lo farà quest’anno (+2,7%) e nemmeno nel biennio 2018-2019 (+2,9%). Complici i risultati non esaltanti delle tre grandi economie avanzate: Stati Uniti (+2,1% nel 2017); Area Euro (+1,7%) e Giappone (+1,5%).
Per parlare di crescita sostenuta bisogna quindi andare altrove, nei paesi emergenti e in via di sviluppo dove già nel 2017 il PIL medio toccherà il +4,1%.

A segnalarlo oggi è la Banca Mondiale che, nel Report “Global Economic Prospects – A Fragile Recovery”, annuncia le sue previsioni sull’economia mondiale con un focus specifico dedicato alle economie emergenti. È qui che i mercati si mostrano più vitali, attirando investimenti esteri e avviando processi di crescita che viaggiano a ritmi sostenuti.

Asia dell’Est e Pacifico

Il treno, per la regione, è rappresentato dalla Cina. Sebbene con ritmi più lenti degli anni precedenti, l’economia cinese crescerà del 6,5% nel 2017, dando una forte spinta alla regione.
E infatti la Banca Mondiale prevede una crescita nell’anno del 6,2%, destinata a subire un leggero rallentamento (+6,1%) sia nel 2018 che nel 2019. Cina a parte, la crescita media degli altri paesi della regione si attesterà al termine dell’anno intorno ad un 5,1%, in miglioramento nel biennio successivo con un +5,2. Il buon andamento del PIL dipende soprattutto dai risultati ottenuti con l’export che in paesi come la Tailandia o l’Indonesia aumenterà a ritmi superiori al 5%. Questo, per alcuni stati come la Tailandia, avrà come effetto un aumento degli investimenti pubblici, che potranno essere destinati anche al mercato delle infrastrutture.

Est Europa e Asia Centrale

Gli scambi di materie prime come il gas, condizioni finanziarie internazionali positive e i buoni risultati economici di alcuni paesi dell’Area Euro sostengono l’economia dell’Europa dell’Est e dell’Asia centrale.
Nel corso del 2017 i paesi della regione metteranno a segno una crescita del PIL pari al 2,5%, destinata a salire fino al 2,8% nel biennio successivo.
Risultati incoraggianti arrivano in particolare dalla Russia,
 che dopo due anni di recessione, sta riconquistando parte del terreno perduto (+1,3% nel 2017), e dalla Turchia dove – nonostante l’incertezza politica – l’economia continua a crescere a ritmi sostenuti (+3,5% nel 2017).
E proprio la Turchia, secondo le previsioni della Banca Mondiale, dovrebbe brillare tra il 2018 e il 2019 quando la crescita della ricchezza prodotta nel Paese si attesterà intorno al 4% annuo.

America Latina e Caraibi

Complice la crisi di grandi stati del Sud America (a partire dal Venezuela fino al Brasile), l’intera regione vive un lungo periodo di stagnazione economica, dal quale dovrebbe uscire solo a partire dal 2018. Per l’anno in corso la crescita economica dell’area dovrebbe attestarsi al +0,8%, mentre nel 2018 è previsto un aumento del PIL del 2,1% (+2,5% nel 2019).
Risultati garantiti soprattutto dal buon andamento dei Caraibi, dove le economie appaiono particolarmente vitali. Nel corso dell’anno i Caraibi assisteranno ad una crescita del 3,3%, che raggiungerà il 3,8% nel 2018 per frenare leggermente al 3,7% nel 2019.
Guardando al quadro generale, la Banca Mondiale parla di una ripresa “irregolare”, dovuta principalmente ai risultati di Brasile e Argentina, che faticosamente stanno uscendo dalle rispettive crisi economiche.
Ancora una volta, per l’intera regione è l’instabilità politica il primo problema che si riflette sugli andamenti economici, un’instabilità sulla quale esercitano una certa influenza le scelte di politica estera del Presidente Usa Donald Trump, in particolare sull’economia messicana per quanto riguarda la rinegoziazione del NAFTA, il North American Free Trade Agreement.

Medio Oriente e Nord Africa

Da un lato i conflitti e le tensioni geopolitiche, dall’altro il basso prezzo del greggio che – nonostante il leggero rialzo degli ultimi mesi – è ancora su livelli molto più contenuti delle sue medie, frenano il rilancio dell’economia della regione.
Nel 2017 il PIL crescerà del 2,1%, oltre un punto percentuale in meno rispetto al 3,2% del 2016. La risposta dell’Opec per fronteggiare il calo di valore del greggio è stata un taglio della produzione (un milione di barili al giorno in meno per tutto il primo trimestre del 2017), ma questo non basta per far ripartire le economie, in particolare dei paesi della Penisola Araba, che hanno cominciato a diversificare i loro modelli produttivi, come ha fatto l’Arabia Saudita lanciando il National Transformation Plan and Vision 2030, che prevede grandi investimenti nelle infrastrutture del Paese.
Buoni risultati arrivano invece da molti paesi nord africani dove l’instabilità politica non sembra frenare l’economia. L’Egitto dovrebbe crescere nel 2017 del 4,3%, il Marocco del 3,8%, la Tunisia del 2,3% e l’Algeria di un più modesto 1,8%.

Asia del Sud

L’Asia del Sud è una delle regioni che vanta la crescita economica più sostenuta. Per il 2017 il PIL dovrebbe salire del 6,8%, raggiungendo una media del 7,2% nel biennio 2018-2019.
La forza di queste economie, trainate dall’India, è contenuta in una serie di fattori che vanno dall’aumento dell’export ai bassi prezzi del petrolio fino agli investimenti elevati nelle infrastrutture, che stanno dando una spinta significativa alla crescita. Grazie a questi fattori nel 2017 il Paese assisterà a un aumento del PIL del 7,2%.
Anche l’altro grande mercato della regione, il Pakistan, continuerà a crescere a ritmi sostenuti (+5,2% nel 2017) e questo per via degli investimenti privati in aumento e dell’approvazione di alcune riforme importanti, che prevedono maggiori tutele per le imprese e i lavoratori.
In generale, tutti gli stati della regione sono molto vitali economicamente, ma hanno bisogno di inserire questa crescita in un binario di regole e riforme. È il caso del Bangladesh, la cui crescita prevista tocca il 6,6% e dove è stato approvato un pacchetto di riforme con l’intento di tutelare la competizione tra privati e attrarre investimenti diretti esteri.

Africa Sub-Sahariana

Non bastano i buoni risultati di alcuni paesi come l’Etiopia a trainare l’economia della regione.
Dopo un 2016 segnato da una crescita del PIL dell’1,3%, nel 2017 si raggiungerà il 2,6%, salendo al 3,2 nel 2018 e al 3,5% nel 2019.
Un dato medio assicurato da poche stelle che brillano. Tra queste, appunto, l’Etiopia, il paese con la crescita economica più elevata dell’Africa Sub-Sahariana (+8,3% nel 2017, +8% nel 2018, +7,9% nel 2019), alimentata dalle riforme avviate ormai da anni e dalle politiche di investimento che hanno portato anche alla trasformazione del paese in un grande produttore energetico, attraverso la costruzione di grandi dighe, come quelle di Gibe III (inaugurata nel 2016) e quella di Gerd (ancora in corso di realizzazione).
Più in generale, la crescita del PIL della regione dipende dall’aumento dei prezzi globali delle commodities, anche se alcuni paesi come l’Angola e la Nigeria (i due più grandi esportatori di petrolio) pagano ancora i bassi prezzi del greggio.
In ogni caso il tema centrale rimane quello dell’affrancamento dalla povertà per larghi strati della popolazione. In questo caso la Banca Mondiale calcola che il reddito pro-capite calerà dello 0,1% nel 2017, per crescere dello 0,7 nel biennio 2018-2019. Un risultato ancora insufficiente per raggiungere gli obiettivi di sviluppo individuati dai Millennium Development Goals delle Nazioni Unite.