Chi investe nelle infrastrutture

FONDI, BANCHE, GRANDI CORPORATION: IL RUOLO DEI PRIVATI NELLO SVILUPPO DEL SETTORE INFRASTRUTTURALE

Chi finanzia le infrastrutture? Quali sono i soggetti privati, fondi, imprese, banche, che partecipano allo sviluppo del settore con stanziamenti miliardari?
“Infrastructure Investor”, pubblicazione specializzata nell’analisi finanziaria del settore, ha individuato per il settimo anno consecutivo i 50 maggiori investitori privati nelle infrastrutture su scala mondiale. Il calcolo è stato fatto elaborando l’“Infrastructure Investor 50”, un indice che analizza il capitale raccolto da programmi di investimento diretto nelle infrastrutture in un arco temporale che va dal 1° gennaio 2011 al 31 agosto 2016.
Il risultato, per i 50 maggiori finanziatori globali, vale un monte totale di 282 miliardi di dollari e conferma il peso dei grandi investitori privati che hanno scelto le infrastrutture come uno degli investimenti più redditizi.

A guidare la classifica del 2016 si posiziona il Macquarie Infrastructure and Real Assets, il fondo australiano attivo da 20 anni nel settore delle costruzioni, dell’agricoltura e dell’energia e impegnato principalmente nella regione asia-pacifico, che ha investito in un anno 32,8 miliardi di dollari. Segue al secondo posto il Brookfield Asset Management, il fondo canadese che ha investito 31,9 miliardi (presente soprattutto in Usa, Regno Unito, Cile e Colombia), e al terzo posto il Global Infrastructure Partners statunitense (20,7 miliardi di dollari investiti).
Il Paese più rappresentato sono sicuramente gli Stati Uniti: oltre a occupare 6 delle prime 15 posizioni in classifica, gli Usa sono presenti con alcune delle istituzioni finanziarie più prestigiose, da BlackRock a Goldman Sachs; da JP Morgan a Morgan Stanley.

E infatti, guardando al posizionamento dei quartier generali dei grandi investitori privati, negli Stati Uniti hanno sede fondi che hanno accumulato un valore di fundraising pari a 91,9 miliardi di dollari. Il Paese vanta il dato più elevato al mondo in termini di attività finanziaria degli operatori del settore, seguito dai 55,7 miliardi del Canada, dai 39,1 dell’Australia, dai 20,5 del Regno Unito, dai 14,4 della Francia, dai 7,1 della Corea del Sud e dai 3,4 della Cina, dove il finanziamento allo sviluppo infrastrutturale avviene per la quasi totalità con fondi pubblici.

Se è vero che le infrastrutture si confermano un volano per lo sviluppo economico, è altrettanto vero che la tendenza mondiale vede una contrazione del ruolo pubblico negli investimenti a favore dei soggetti privati, una situazione determinata anche dalle difficoltà economiche degli stati. Da un lato il Fondo Monetario Internazionale ha certificato per il 2016 un aumento del Pil mondiale pari al 3,1% (inferiore rispetto al 3,4% del 2015); dall’altro il Cresme nel suo rapporto sul Mercato delle Costruzioni nel 2017 ha certificato che il 2016 è stato l’anno peggiore dal 2009 in tema proprio di investimenti nelle infrastrutture, che sono cresciuti dell’1,6% nel corso dell’anno, contro il 3% del 2015 e il 2,7% previsto per il 2017.

All’interno di questo quadro, il ruolo dei privati diventa ancora più strategico, così come l’adozione di soluzioni ibride, dove i capitali privati si mischiano a quelli pubblici. Da qui il senso di alcuni esperimenti finanziari lanciati nel mondo, che “We Build Value” racconta all’interno di questo numero Speciale dedicato al tema “Chi investe nelle infrastrutture”. La banca canadese delle infrastrutture, veicolo pubblico-privato che finanzia grossi progetti nel Paese, così come la Banca asiatica (sostenuta principalmente dalla Cina), o l’idea lanciata dal Presidente eletto degli Usa, Donald Trump, di istituire una banca per le infrastrutture anche negli Stati Uniti, vanno tutti nella stessa direzione: mettere a fattor comune l’interesse privato, intenzionato a investire per guadagnare, con quello pubblico, che invece mira al conseguimento dello sviluppo economico e a fornire una risposta adeguata alle esigenze dei cittadini.
Un quadro completato con l’intervista esclusiva a Aaron Klein, esperto del settore, direttore politico del Center on Regulation and Markets degli Stati Uniti, e membro del Brookings Institution, uno dei più prestigiosi think tank degli Usa.