Italia: infrastrutture inadeguate e trasporti a rischio

Il paese è solo 22° in Europa per qualità delle infrastrutture di trasporto

Infrastrutture obsolete, reti inefficienti, strutture poco sicure e processi lunghi e complessi nelle amministrazioni pubbliche. Il mondo dei trasporti, in Italia, vive da anni un periodo di grande difficoltà da cui nn riesce a riprendersi, tanto che gli indicatori dell’Unione europea posizionano il paese al di sotto della media del continente in termini di qualità delle infrastrutture di trasporto.
Il rapporto 2018 “Transport in the European Union” (l’ultimo pubblicato sul tema dalla Commissione Europea) inchioda l’Italia al 22° posto tra i paesi dell’Unione in termini di efficienza della rete di trasporto ferroviario, affermando che queste performance negative hanno un effetto diretto sull’economia dello stato. Per spiegare come si sostanzia questa carenza infrastrutturale il rapporto porta l’esempio degli scambi intermodali tra i porti e le ferrovie. Nel Sud del paese solo l’8% degli scali portuali è collegato con una ferrovia per il trasporto merci, contro il 48% di quelli che si trovano al Nord.
Un ritardo che è stato rilevato anche dalla Banca Mondiale secondo la quale l’Italia occupa la 21esima posizione al mondo in termini di efficienza del suo settore logistico, e la 12esima tra i paesi dell’Ue. Il risultato, ancora volta, è dovuto alla frammentazione delle infrastrutture e alla mancanza di collegamenti.

Un paese che si muove in automobile

Un dato significativo che conferma la carenza delle infrastrutture di trasporto, in particolare quelle ferroviarie, è quello che fotografa l’uso dell’automobile, dentro e fuori le città, come mezzo di trasporto privilegiato.
Oltre l’80% degli spostamenti viene realizzato in automobile, mentre l’uso di treni, metro ma anche autobus pubblici rimane al di sotto della media europea.
Tornando sulla qualità delle infrastrutture italiane la Commissione europea certifica che, rispetto al completamento delle reti europee TEN-T di alta velocità ferroviaria, l’Italia è ferma al 41% degli obiettivi pianificati, al di sotto della media europea e dietro alla Spagna. Lo stesso discorso vale per le strade, che necessitano di interventi urgenti: l’Italia è infatti al 19° posti rispetto ai 28 paesi del continente per qualità della rete stradale, ben al di sotto della media europea.

I risultati del World Economic Forum

La qualità delle infrastrutture ha un ruolo decisivo sul livello di competitività di un paese. A confermarlo è il World Economic Forum che ogni anno, all’interno del suo Global Competitiveness Index, inserisce come uno dei parametri proprio il giudizio sulle infrastrutture.
Nella classifica generale stilata all’interno dell’ultimo report l’Italia si posiziona al 31° posto al mondo (17° posto in Europa), dietro ad esempio ad alcuni paesi arabi come il Qatar o gli Emirati Arabi Uniti, a molti stati europei, e a tanti paesi asiatici.
In tema di grandi opere il paese scala la classifica rispetto al risultato generale, e si posiziona 21°. Scendendo nel dettaglio delle infrastrutture, il paese è molto avanzato in termini di distribuzione energetica, collegamenti aeroportuali, densità stradale, ma mostra ritardi importanti nell’efficienza dei servizi ferroviari (dove è 49° al mondo), nella qualità delle strade (54°) e nell’efficienza dei servizi portuali (47°).
Sono ritardi significativi soprattutto perché si inseriscono all’interno di un ampio impegno dell’Unione europea a sviluppare la rete dei trasporti continentale, considerata come un asse strategico per lo sviluppo dell’economia dei paesi membri dell’Ue.

Un settore strategico per l’Europa

I trasporti sono un settore strategico per l’Europa, non solo da punto di vista degli utenti, ma anche per l’impatto in termini economici e di occupazione. La Commissione Europea calcola che il settore rappresenti il 9% del Pil dell’Ue e occupi il 9% della forza lavoro (10,5 milioni di persone).
Un peso altrettanto importante in termini di sostegno all’export e agli scambi commerciali, al punto che il 17,2% del totale dei servizi esportati dai paesi dell’Unione è legato al settore dei trasporti.
Non è un caso, quindi, che l’Unione europea stia puntando da anni ormai allo sviluppo dell’alta velocità intesa come strumento primario di collegamento tra i vari stati membri.
Per il periodo 2014-2020, nell’ambito del progetto Connecting Europe Facility, l’Unione ha stanziato 30,4 miliardi di euro, 24 dei quali da destinare direttamente ai trasporti.
A concentrare gran parte degli investimenti sono le reti TEN-T (Trans-European Transport Network), nove corridoi multimodali considerati strategici per l’Unione, quattro dei quali (il corridoio Baltico-Adriatico, lo Scandinavo-Mediterraneo, il Reno-Alpi e il Mediterraneo) interessano direttamente l’Italia. Per l’Unione la loro costruzione dovrebbe essere conclusa entro il 2030, proprio per dare una spinta al trasporto veloce su ferro nel continente.
Intanto i dati dell’European Research Advisory Council, confermano che – soprattutto nelle aree metropolitane – il trasporto pubblico è ancora residuale. A parte città divenute esempi virtuosi come Copenhagen dove già oggi meno il 40% dei cittadini prende l’auto privata, in media nelle città europee solo il 15% degli spostamenti avviene con mezzi di trasporto pubblico.
Troppo poco per un continente che vuole modernizzare la sua mobilità riducendo il congestionamento e l’inquinamento ambientale.