Investimenti record: le Filippine scommettono sulle infrastrutture

Le infrastrutture indicate come asset strategico per superare la povertà e attrarre gli investitori

«Costruire, costruire, costruire» (“Build, build, build”). Così il presidente delle Filippine, Rodrigo Duterte, ha chiamato il suo piano di sviluppo, tutto centrato sugli investimenti nelle infrastrutture, grandi o piccole, più o meno strategiche, innovative o tradizionali, per trasformare quello che fino a pochi anni fa era definito “il malato dell’Asia” (“the sick man of Asia”) in un paese vitale e moderno. Nella strategia politica del presidente e del suo governo lo sforzo economico sulle infrastrutture non è più solo un fine (costruire opere moderne per il paese), ma anche un mezzo (immettere risorse nell’economia nazionale per favorire lavoro e crescita).
Tante risorse, al punto che nel 2018 il presidente Duterte ha annunciato per i prossimi dieci anni investimenti pari a 180 miliardi di dollari americani. Un piano di lungo termine che mostrerà i suoi effetti anche nell’immediato, trasformando il 2019 nell’anno dei record.
Secondo le previsioni del Department of Budget and Management, nei prossimi undici mesi gli investimenti nelle infrastrutture dovrebbero raggiungere il 6,9% del Pil, trasformando le Filippine in uno dei paesi che investe di più in rapporto alla ricchezza prodotta.

I progetti che cambieranno il paese

Viaggiare nelle Filippine significa guardare ad occhio nudo il volto della trasformazione infrastrutturale, con cantieri aperti ovunque, dalla capitale Manila alle principali città del paese.
Tra i tantissimi progetti che saranno lanciati nei prossimi anni, il governo ne ha individuati 75 dall’elevato valore strategico. A guidare la lista delle opere primarie da realizzare ci sono 6 aeroporti, 9 linee ferroviarie, 3 linee veloci di trasporto cittadino su gomma, 32 tra strade e ponti da costruire. Oltre a questi, parte dei fondi sarà destinata allo sviluppo energetico con la realizzazione di quattro nuovi impianti di produzione energetica, che dovrebbero ridurre il costo dell’approvvigionamento, e parte alla costruzione di 10 impianti di gestione idrica, che sorgeranno all’interno degli agglomerati urbani.

Investimenti record nelle infrastrutture

I dati del boom sono stati resi pubblici nelle prime settimane di gennaio dal Department of Budget and Management (DBM). Analizzando il consuntivo del 2018, il dipartimento del governo ha annunciato che gli investimenti nelle infrastrutture hanno toccato lo scorso anno il 6,2% del Pil, un valore leggermente inferiore rispetto al 6,3% registrato nell’anno record 2017. L’accelerazione è stata impressa dall’attuale governo: dal 1986 al 2016 – ha spiegato in un comunicato stampa il Budget Secretary, Benjamin Diokno – i fondi per le infrastrutture viaggiavano su una media del 2% del Pil, tre volte inferiore rispetto ai numeri del 2017 e del 2018.
Tutto questo ha già avuto effetti importanti sull’economia del paese. La Banca Mondiale ha registrato nel 2018 una crescita del Pil pari al 6,7%, confermando la stessa previsione per l’anno in corso, un dato che rende l’economia delle Filippine quella a più rapida crescita del Sud Est Asiatico.
A sostenere la modernizzazione del paese, ancora una volta la Cina. Nel novembre scorso il presidente cinese Xi Jinping ha visitato le Filippine annunciando un prestito di 3,5 miliardi di dollari per la costruzione di una linea ferroviaria lunga 600 chilometri che collegherà Manila a Matnog. Il progetto, che dovrebbe favorire i trasporti regionali, è solo una delle tante iniziative in cui la Cina è pronta a fare la sua parte.

San Juanico Bridge, Samar

Infrastrutture: un ritardo da colmare per sconfiggere la povertà

Nonostante i grandi passi in avanti compiuti negli ultimi anni, il paese è ancora oggi spaccato in due. Da un lato una nuova classe piccolo borghese che sta beneficiando delle politiche inaugurate dal governo; dall’altro gran parte della classe operaia che vive ancora in condizioni di povertà (il Pil medio pro capite non raggiunge i 3.000 dollari l’anno – World Economic Forum). Da qui l’urgenza di investire nelle infrastrutture, considerate uno strumento utile per creare lavoro e portare ricchezza. Del resto, il settore sconta ancora oggi un sensibile ritardo rispetto a molti altri paesi della regione. Il 2018 Global Competitiveness Index del World Economic Forum posiziona le Filippine al 92° posto al mondo per qualità della dotazione infrastrutturale, mentre uno studio della Japan International Cooperation Agency (un’autorevole centro studi giapponese) ha calcolato che il congestionamento del traffico di Manila costa ogni giorno alla città 45 milioni di dollari, destinati a triplicarsi entro il 2030.

Manila, la città simbolo in cerca di modernità

Muoversi dentro Manila è da sempre un incubo. Andare a lavoro significa trascorrere in media tre ore al giorno in macchina o sui mezzi pubblici, ed è per questo che nei piani indicati dal governo proprio la capitale dovrebbe essere il punto di partenza per la modernizzazione infrastrutturale del paese. Fiore all’occhiello del rinnovamento urbano di Manila è la Metro Manila Subway Line 9, conosciuta anche come la Mega Manila Subway, per via delle sue dimensioni. La linea metropolitana correrà infatti per 25 chilometri tra Quenzon City al Nord e Taguig City al Sud, collegando peraltro il Ninoy Aquino International Airport di Manila. Il progetto, che dovrebbe costare 4,5 miliardi di dollari, è stato approvato in via definitiva nel settembre scorso e i lavori, il cui inizio è previsto per quest’anno, dovrebbero terminare nel 2025, con le prime tre stazioni pronte nel 2022.
Oltre all’impatto sul sistema dei trasporti cittadino, l’opera ha anche un valore simbolico, perché si tratta della prima linea metropolitana del Paese. A questa ne seguirà una seconda, annunciata alla fine del 2018, che sarà costruita nella città di Makati e finanziata attraverso una partnership pubblico privato alla quale prenderanno parte l’operatore privato Infradev Holdings Inc. e l’amministrazione locale di Makati City. È un progetto da 3,7 miliardi di dollari e rappresenta un altro importante mattone della politica del “build, build, build”.