Genova: dal concerto all’inaugurazione, l’ultima settimana in cantiere

Dal 27 luglio al 3 agosto: l’ultima settimana del cantiere prima dell’inaugurazione del Ponte

I cellulari sollevati come fossero macchine fotografiche e lo sguardo teso alla ricerca del proprio nome. La storia della notte in cui il cantiere ha detto addio al nuovo ponte di Genova, celebrata con un concerto dell’Orchestra dell’Accademia di Santa Cecilia, diretta dal Maestro Antonio Pappano, è tutta in questa processione laica di operai, tecnici, ingegneri lungo la targa di bronzo dove sono stati impressi i nomi delle oltre mille persone che hanno lavorato alla costruzione dell’opera.

Una targa – proprio come il concerto – in onore dei lavoratori, che anche in quest’ultima settimana di cantiere hanno lavorato giorno e notte per mantenere la promessa e consegnare e inaugurare il nuovo ponte di Genova il 3 agosto. Sette giorni dedicati alle ultime lavorazioni, la stesa dell’asfalto, la segnaletica, i pannelli frangivento in cristallo, l’apertura dei raccordi autostradali. Sette giorni iniziati lunedì scorso, il giorno del Concerto, l’occasione scelta dal Gruppo Webuild per salutare il ponte prima di consegnarlo alla città di Genova. All’insegna dello slogan #iocero.

Il concerto che ha celebrato gli uomini del ponte

 La festa dei lavoratori che hanno costruito il nuovo Ponte di Genova è iniziata alle 20,30 del 27 luglio, quando il Maestro Antonio Pappano ha dato il via al concerto dell’Orchestra dell’Accademia di Santa Cecilia, suonando l’Adagio di Samuel Barber. Una melodia struggente che è salita lungo le pile alte 40 metri del ponte e ha anticipato la Quinta Sinfonia di Beethoven.

A seguire il concerto le autorità ma anche centinaia di lavoratori che per mesi sono stati impegnati alla costruzione dell’opera. A loro ha rivolto il suo saluto l’amministratore delegato di Webuild, Pietro Salini.

«Questo ponte – ha detto Salini – rappresenta il gigantesco orgoglio di essere parte di questo sogno, insieme a gente meravigliosa che lo ha fatto con il cuore. È stato fatto da tutti noi, con il cuore di Webuild. Noi siamo quelli che costruiscono, qui ci sono le persone che con le mani sanno fare questo. Stasera diciamo grazie a chi ha messo un gigantesco cuore in quest’opera. E che ci fa dire: ce l’abbiamo fatta».

E commentando la targa bronzea di 6 metri svelata durante l’evento che riporta i nomi di chi ha realizzato l’opera, ha aggiunto: «E’ una soddisfazione essere qui davanti ai volti di quegli oltre 1.000 nomi incisi in questa grande targa che hanno dato fiducia e speranza a tutto il Paese in un anno così complesso. Questo ponte rappresenta un primo passo verso la ripartenza dell’Italia intera cui voi avete dimostrato che si può ripartire presto e bene».

Che la costruzione del nuovo Ponte di Genova sarebbe stata un’esperienza del tutto inedita è stato chiaro a tutti fin dall’inizio. Ed è stato subito chiaro anche al Maestro Antonio Pappano, che è arrivato in cantiere nel pomeriggio per le prove ed è rimasto senza parole di fronte al viadotto di 1.067 metri che sovrasta la valle del Polcevera.

«Questo è un vero debutto – ha dichiarato il Maestro poco prima di esibirsi. – Questa sera eseguiamo musiche di Beethoven, che era il più grande ‘architetto musicale’ che ci sia mai stato nella storia. Con la sua creatività, le sue doti come sperimentatore, come figura grintosa nello sforzo per arrivare a finire un progetto, è la metafora perfetta per questa serata».

Nel cantiere del ponte, gremito di operai ancora in tuta da lavoro, hanno risuonato le note dell’“Eroica”, la notissima Quinta Sinfonia di Beethoven. L’incipit fu anche usato dalle trasmissioni in italiano della famosa Radio Londra durante la Seconda Guerra Mondiale, per dare, nell’ora più buia, un messaggio di speranza all’Europa intera (nel codice Morse tre punti e una linea formano l’iniziale V di Victory). L’Eroica è una sinfonia dalla forza titanica in cui Beethoven ha espresso gli elementi del dramma dell’uomo e l’eroismo della musica sinfonica stessa: il fato che bussa alla porta e l’uomo che affronta il destino con coraggio.

La metafora di questo ponte.

La costruzione di un’opera, sinfonia di arti e mestieri

 Nel cantiere del Nuovo Ponte di Genova il frastuono delle macchine tace. Il silenzio ha preso il posto del rumore degli oltre mille che per un anno si sono avvicendati senza sosta alla realizzazione dell’opera. Ora è il tempo della musica.

C’è una tradizione europea, che lega la musica ai luoghi del lavoro. Nella Vienna a cavallo tra Ottocento e Novecento molti concerti furono dedicati ai lavoratori: opere classiche per un pubblico nuovo e diverso dalla tradizionale utenza borghese. E nell’Italia degli anni Sessanta e Settanta, l’impegno di musicisti come Luigi Nono, Claudio Abbado e Maurizio Pollini, “illuminò la fabbrica” con sensibilità ed esperienze differenti.

In un concerto, l’ultima nota è l’attimo che anticipa il silenzio. In un cantiere l’istante in cui le mani si fermano. Ezio Bosso, il compianto maestro e compositore che ha lasciato il mondo dopo una lunga battaglia contro la malattia, diceva che “l’ultima nota non esiste, perché ogni strumento che cessa di suonare lascia spazio ad un altro”.

Così, conclusi i lavori del nuovo Ponte di Genova, il modello Genova lascia spazio ad altre opere che si potranno fare in tutto il paese in modo più veloce ed efficiente, e lascia spazio ad immaginare la rinascita di un Paese intero con il concerto dell’Accademia Nazionale di Santa Cecilia.

In un’orchestra ogni membro è obbligato ad ascoltare sé stesso e ad ascoltare gli altri. Lo stesso avviene in cantiere. I mille uomini e donne che in poco più di un anno hanno costruito il nuovo Ponte di Genova si sono fatti orchestra, in una sinfonia di arti e mestieri. In uno spazio ristretto come quello del cantiere, e in un tempo concitato, ogni movimento, ogni azione, ogni proposito era parametrato sui movimenti, le azioni, i propositi degli altri.

Una percezione che emerge in modo vivo osservando gli ultimi giorni delle lavorazioni sull’impalcato, in un brulicare di uomini che non ha nulla di scomposto, ma risponde a un disegno preciso.

L’orchestra suona una musica sola. Consegnare un’opera significa dirle addio, metterla nelle mani di qualcun altro, delle persone che la utilizzeranno. Eppure, come nella visione di Bosso, questo cantiere lascia un modello replicabile in tutto il paese. Quest’opera ha convinto molti che “l’ultima nota non esista”, perché il nuovo Ponte di Genova che nasce da una tragedia drammatica e indimenticabile, è e resterà patrimonio di tutti. Proprio come la musica.

Da Atene a Genova, un concerto per celebrare una grande opera

Un filo rosso collega Atene e Genova, e due grandi opere entrambe realizzate dal Gruppo Webuild e progettate dall’architetto Renzo Piano.

Sei anni fa, il 26 giugno del 2014, proprio nella capitale greca il Gruppo Webuild (allora Salini Impregilo) organizzò un concerto di musica classica all’interno del cantiere del Centro Culturale Stavros Niarchos, l’opera progettata da Renzo Piano per diventare un grande polo di attrazione per le arti e la cultura europea.

Quel concerto, dal titolo “La danza delle gru” (il movimento delle gru accompagnava la musica dell’orchestra), nasceva per celebrare il cantiere e l’idea che un’opera infrastrutturale potesse avere molto a che fare con l’arte e con il bello.

Insieme a Webuild, a unire le due opere l’architetto Renzo Piano, che ha progettato il ponte sul Polcevera affinché fosse perfettamente integrato con l’ambiente e raccontasse al meglio questa città.

“E’ un ponte genovese – ha spiegato Piano – perché è un ponte che fa bene il suo mestiere. È un ponte urbano. Ed è figlio di una tragedia. Io ci ho messo l’idea, sono le persone che lo hanno costruito. Questo non è un ponte, è una nave, un bianco vascello. È sobrio, semplice, forte».

A sei anni di distanza dalla “Danza delle Gru” di Atene, Renzo Piano ha assistito al concerto dell’Orchestra dell’Accademia Nazionale di Santa Cecilia, concluso con l’Inno di Mameli quando il ponte si è accesso del Tricolore, proprio come si ripete tutte le notti a partire dalle difficili settimane del lockdown in Italia.

3 agosto: l’inaugurazione del nuovo ponte di Genova

 Un’ultima settimana di lavori serrati, con decine di operai impiegati giorno e notte per terminare le opere accessorie del ponte. L’ennesima corsa di un cantiere che non si è mai fermato. Tutto per arrivare al 3 agosto quando il Ponte “Genova San Giorgio” sarà inaugurato. Alla cerimonia, annunciata dal sindaco e commissario per la ricostruzione, Marco Bucci, partecipa anche il Presidente della Repubblica, Sergio Mattarella, a conferma del valore simbolico di quest’opera che, da un lato ricorda le 43 vittime del crollo del Morandi, e dall’altro celebra il successo di un’impresa tutta italiana.

«Ho tre pensieri – ha dichiarato Bucci in occasione del concerto ai piedi del Ponte –, il primo è per le 43 vittime e le loro famiglie. Poi penso alla città di Genova e ai suoi 600mila cittadini, che hanno sofferto la caduta del Ponte. Poi penso a voi – ha detto rivolgendosi agli operai di Webuild e Fincantieri seduti in platea – che a questo ponte avete lavorato. Siete bravi, siete i tecnici di società che sono prime al mondo e avete lavorato con il cervello e con il cuore. C’è stata la passione. Voi siete l’Italia del fare. Lo direte a tutti: “Io ho fatto il ponte”.