Futuro delle infrastrutture: il lavoro

Il futuro delle infrastrutture risiede sempre più in un mix di competenze, know how e tecnologia

Il futuro delle infrastrutture, delle grandi opere d’ingegneria capaci di migliorare le condizioni di vita, delle costruzioni che avanzano veloci grazie all’utilizzo delle nuove tecnologie, sarà ancora incentrato sull’uomo. Sul suo lavoro, sulla sua tenacia, sulla sua competenza. Le persone e la qualità del loro lavoro sono state fondamentali in passato e ancora oggi sono la risposta ai mega-trend economici e alla necessità di trovare nuove dimensione per la sostenibilità sociale e ambientale.

La chiave per interpretare i nuovi modelli di sviluppo dei prossimi decenni è venuta dal dibattito svoltosi a Milano durante le giornate dedicate a Cyclopica - The Human Side of Infrastructure, la mostra fotografica e multisensoriale organizzata dal gruppo Salini Impregilo per celebrare l’epopea delle proprie persone in oltre un secolo di cantieri nel mondo. «Quelle persone che un secolo fa costruivano dal nulla grandi infrastrutture avevano un senso del futuro, che oggi a volte manca», ha commentato il CEO, Pietro Salini. «All’epoca si piantavano alberi, si costruivano strade e dighe pensando ai propri figli, per dare loro una certezza di futuro. Oggi alcuni tendono a sottovalutare l’impatto delle scelte di oggi sulle generazioni future».
La globalizzazione ha cambiato la prospettiva delle persone, spostandone gli orizzonti, sia in termini di aspettativa di vita, sia sotto il profilo della mobilità.

Secondo Stefano Boeri, architetto e presidente della Triennale di Milano, che ospita Cyclopica fino al 3 giugno, «la grande crisi dell’ultimo decennio non ha fermato lo sviluppo delle megalopoli. Oggi le grandi città coprono appena il 3% della superficie emersa del pianeta, ma producono il 75% dell’anidride carbonica. E’ evidente che questi enormi centri di aggregazione sono la prima causa del cambiamento climatico, ma saranno anche le prime vittime». Un invito, quello di Boeri, a lavorare sempre di più sull’innovazione al servizio di un ambiente più sano e su una società che riduca le ineguaglianze tra popolazioni.
Un invito a soddisfare il bisogno di infrastrutture, per dare soluzione all’urbanizzazione massiva. «E’ un mercato con enormi prospettive. Da almeno un trilione di dollari all’anno per le infrastrutture nel mondo», sostiene Riccardo Monti, Senior Partner & Managing Director di Boston Consulting Group (BCG).  «Alla base di un’evoluzione dirompente vi sono tre leve, secondo Monti. Le nuove tecniche di costruzione (3D printing, prefabrication & modularity), i nuovi strumenti digitali (la cosiddetta BIM, Building Information Modelling, il cloud e i big data), le nuove tecnologie a supporto per il monitoraggio in tempo reale e per la costruzione automatizzata». «L’impatto sull’occupazione sarà positivo. A fronte di mestieri che scompariranno anche all’interno di un cantiere, altre competenze fioriranno, con un bilancio attivo», rimarca Monti.
Innescare il famoso circolo virtuoso resta il grande obiettivo di fondo. «Crescita e sostenibilità sono un binomio inscindibile» per Andrea Goldstein, docente di economie emergenti presso l’Università Cattolica di Milano. «Una crescita che non porti ulteriore povertà, ma anzi la riduca, che aumenti la qualità dell’educazione e crei posti di lavoro dignitosi, passa sempre più attraverso le infrastrutture, riconosciute dall’Onu come uno dei 17 grandi obiettivi di sviluppo sostenibile fino al 2030».
Si assiste, secondo Marta Dassù, Senior Director of European Affairs di The Aspen Institute, a «un clima culturale favorevole per gli investimenti nel settore delle costruzioni». Negli Stati Uniti, per esempio, l’impegno finanziario dei singoli stati e dei privati sta bilanciando il livello degli interventi federali ancora in attesa della piena realizzazione del programma Trump da un trilione di dollari, per la costruzione di nuove infrastrutture e il miglioramento di quelle esistenti.

Le nuove frontiere tecnologiche nei cantieri faranno la differenza rispetto alle condizioni di lavoro del secolo scorso. Ma al centro ci sarà sempre l’uomo, sia nella gestione del quotidiano, sia nella realizzazione di progetti visionari. «L’elemento che contraddistingue la qualità di un’infrastruttura è la competenza delle persone che la pensano e la realizzano», sottolinea Salini. «Il segreto di un’impresa come la nostra è il serbatoio di esperienze, è l’aver fatto qualcosa e averla fatta bene. La competenza non è un fattore statico, la competizione globale si vince con il lavoro delle persone. E’ il  lavoro dell’uomo che trasforma una macchina in una bella macchina, che produce infrastrutture complesse, che servono a migliorare la vita delle persone».

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