NASA: rischio idrico per 5 miliardi di persone

L’approvvigionamento idrico è ormai la sfida del secolo

In Arabia Saudita, dal 2002 al 2016, sono andate perdute ogni anno 6,1 gigatonnellate di acqua dolce (equivalenti a 400.000 piscine olimpioniche); 5,5 gigatonnellate sprecate invece ogni anno nella provincia dello Xinjiang, nel Nord Est della Cina.
Due storie lontane, ma una crisi condivisa e una motivazione comune: l’utilizzo indiscriminato della risorsa idrica per le irrigazioni agricole.
È questa una delle cause principali della sempre minore disponibilità di acqua nel mondo. Una realtà comune a molti paesi che si somma ad altri eventi critici, come il sovrappopolamento, i cambiamenti climatici, l’inefficace gestione dell’oro blu in molti paesi con impianti idrici spesso carenti, lo scarso utilizzo di impianti di desalinizzazione e potabilizzazione delle acque.
Tutto questo ha un prezzo: attualmente quasi 5 miliardi di persone vivono in aree dove è persistente la minaccia dell’assenza di acqua.
Un numero rotondo e preoccupante che emerge da uno studio condotto da un team di scienziati utilizzando i satelliti messi a disposizione dalla National Aeronautics and Space Administration (NASA). I risultati dell’analisi sono stati resi noti alla comunità internazionale in un articolo pubblicato il 16 maggio scorso sulla rivista scientifica “Nature Journal” nella quale viene lanciato l’allarme e, in merito ai rischi futuri, viene ribadito: «Si tratta di una situazione che può solo peggiorare a causa dei cambiamenti climatici, della crescita demografica e delle attività umane».

La sfida ambientale del secolo

Quattordici anni di immagini satellitari e 34 regioni del pianeta passate al setaccio. Il team di studiosi, guidato da Matt Rodell, membro del Goddard Space Flight Center della NASA negli Stati Uniti, ha analizzato con accuratezza tutti i dati disponibili realizzando una vera e propria mappa delle criticità, dove alcune aree appaiono più a rischio di altre. È il caso di India, Nord della Cina e dell’area intorno al mar Caspio, che – insieme a quelle più note si inseriscono tra le regioni esposte al rischio maggiore.
Ma più in generale i risultati dello studio dimostrano che il problema è sempre più diffuso, e potrebbe trasformare il tema della gestione efficiente della risorsa idrica nella sfida ambientale del secolo.

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Theewaterskloof Dam, Cape Town

Inoltre, secondo il team di studiosi la mancanza di interventi immediati da parte degli stati rischia di alimentare i conflitti con la possibilità che le tensioni geopolitiche sfocino in guerre. «Politiche che incentivino la conservazione e la tutela delle acque dolci sarebbero la migliore risposta per evitare lo scenario più plausibile, quello di una guerra tra stati per il controllo delle fonti di acqua».
Lo studio, accompagnato da un comunicato stampa ufficiale della NASA, ha conquistato subito le prime pagine dei giornali di tutto il mondo, ma l’obiettivo degli scienziati è prima di tutto far breccia nei programmi dei governi. «I dati raccolti spingono tutti nella direzione di una maggiore cooperazione internazionale tra le nazioni e gli stakeholder, che prevedano la nascita di accordi sulla gestione delle acque, in modo da riequilibrare la domanda in base alle esigenze delle popolazioni».

Poca acqua per tutti

Secondo le Nazioni Unite, sebbene l’acqua ricopra il 71% della superficie terrestre, solo il 4% di questa è dolce, e solo lo 0,5% è utilizzabile per il consumo umano. Un dato che rischia di peggiorare per via dell’aumento delle temperature e di altri fenomeni atmosferici che hanno già mostrato i loro effetti nefasti su alcune importanti città. A Cape Town, in Sud Africa, anni di siccità hanno obbligato l’amministrazione cittadina a razionare l’acqua per evitare di rimanere senza.
Dalle analisi emerge chiaramente che le aree umide, come il Nord America e l’Eurasia, stanno diventando più umide, mentre quelle secche stanno vivendo un aumento dei fenomeni di siccità.
«Quello a cui assistiamo – commenta Jay Famiglietti del Jet Propulsion Laboratory della NASA in California – è un più radicale cambiamento idrogeologico».
A favorire questa radicalizzazione, non sono solo i cambiamenti climatici ma anche la gestione delle acque da parte dell’uomo, più efficiente e responsabile in alcune zone rispetto ad altre.
Dopo questo e altri casi eclatanti, le Nazioni Unite hanno dichiarato il 2019 come il primo anno della International Decade of Action, con l’intento di incoraggiare gli stati a rispettare uno degli obiettivi della Agenda 2030 in tema di sviluppo sostenibile: acqua e igiene per tutti.