La ferrovia che ha unito l’Iran

L’esperienza italiana nella costruzione della ferrovia transiraniana

La ferrovia Transiraniana non è solo l’esempio dello sviluppo di una nazione, ma anche di abilità ingegneristica.
Il progetto visionario, che ha richiesto oltre dieci anni per essere completato, taglia l’Iran dal Nord al Sud attraverso alcuni dei territori più vari e spesso pericolosi.
Gli operai che l’hanno costruita hanno dovuto affrontare paludi malariche, montagne ripide, immensi altipiani, valli profonde, deserti roventi e vaste pianure - condizioni che testato l'ingegno, l'intraprendenza – per non parlare della resistenza – dei migliori.

Coprendo una distanza di 1.400 chilometri, la Transiraniana è la prima ferrovia ad unire il Paese, un’eredità di Reza Shah.
Sebbene l’Iran, conosciuto come Persia ai tempi di questo regno, già era dotato di poche centinaia di chilometri di linee ferroviarie in varie aree del Paese, queste erano comunque insufficienti a dare un contributo alla modernizzazione di questo vasto territorio. Così lo Scià aveva cominciato a studiare i primi piani redatti nel 1925, già poco dopo la salita al potere. Iniziata due anni dopo, la costruzione della Transiraniana è durata 11 anni. I suoi enormi costi sono stati in parte finanziati con alcune tasse, come quelle sul te o sullo zucchero imposte dallo Scià.

La ferrovia corre a Nord dalla città di Bandar-e Shah sul Mar Caspio fino al Sud, nella città di Bandar-e Shahpur sul Golfo Persico. Lo snodo centrale della linea è rappresentato dalla capitale, Teheran. Nel corso degli anni sono state poi costruite altre linee, che si estendono dall’arteria principale per raggiungere altre aree del Paese.
L’enorme lavoro fatto per unire le due coste dell’Iran ha coinvolto un numero imprecisato di player stranieri, inclusa la Impresit, una delle società da cui è nata Salini Impregilo. Dal momento che nessun operatore sarebbe stato in grado di completare l’opera da solo, il lavoro è stato diviso in sezioni, denominate “lotti”. Al costruttore italiano sono spettati i cinque più ambiziosi.

Transiraniana

«I lotti affidati a Impresit erano tra i più complessi da eseguire», dichiara Andrea Filippo Saba, un ricercatore dell’Università di Firenze, in uno studio accademico del 1995. Quattro di questi lotti erano al Nord dove la Impresit era stata incaricata di costruire una rampa d’accesso alla galleria di Gaduc nella catena montuosa dell’Alborz. Questa si arrampica per 1.200 metri di altezza in meno di 50 chilometri. Con un gradiente medio del 26%, la tratta sale in questo pezzo da mille a 2.200 metri al di sopra del livello del mare. E arrivata a un certo punto, comincia a zigzagare per tre volte sul lato della montagna. Un’altra sfida è stata la costruzione di un ponte sospeso su una stretta valle che permettesse al treno di uscire dal tunnel da un lato della montagna ed entrare in un altro tunnel su un altro lato adiacente alle rocce. Per la costruzione dell’arco del ponte, settanta metri sopra il fiume che scorre a valle, i tecnici hanno dovuto realizzare due piattaforme di ferro supportate da doghe o maglie di calcestruzzo fortificato. Sull’altro lato, lungo la costa della montagna, hanno dovuto istituire impianti di risalita di fortuna, per essere in grado di importare la sabbia necessaria per fare il cemento.  Inoltre gli inverni erano spietati, a volte con precipitazioni capaci di scaricare fino a due metri di neve.

Il quinto lotto gestito dalla Impresit era invece al Sud, dove il treno prendeva la strada attraverso la provincia montagnosa del Khuzestan. La lontananza del luogo rendeva difficile mantenere tutti i collegamenti con le linee di rifornimento. In estate, le temperature raggiungevano livelli così elevati che i lavori venivano portati avanti di notte. A parte una dozzina di ingegneri, 20 amministrativi e 80 tecnici specializzati, circa 12mila lavoratori locali hanno lavorato al progetto ininterrottamente per 26 mesi.
Alla fine, Impresit ha realizzato circa 50 chilometri di ferrovia, compresi 73 tunnel e 2mila metri di ponti e viadotti.