In soccorso delle infrastrutture Usa

Dopo quattro anni l’Associazione degli ingegneri americani pubblica un nuovo Report sullo stato delle infrastrutture

L'allarme è già stato lanciato, ma l’Asce (American Society of Civil Engineers, l’associazione che rappresenta gli ingegneri civili americani) vuole ancora sottolineare che lo stato delle infrastrutture versa davvero in pessime condizioni, con alcune opere che addirittura rischiano il collasso. Non per fare allarmismo ma per prendere le giuste misure nel momento opportuno.

La crisi dei ponti che cadono o di altre infrastrutture pericolanti è stato uno dei temi centrali dei due candidati nella campagna elettorale per la Casa Bianca, al punto che Donald Trump ha annunciato dopo la sua vittoria che il ripristino della qualità delle infrastrutture sarebbe stata una delle priorità della sua Amministrazione. Nonostante i dettagli del suo piano non siano ancora moltissimi, Trump prevede di investire 1 trilione di dollari per manutenere, se non ricostruire, quelle infrastrutture storiche che nel secolo scorso hanno permesso agli Stati Uniti di diventare una potenza economica mondiale.

A conferma che gli stanziamenti devono arrivare nel più breve tempo possibile, appena poche settimane dopo la vittoria di Donald Trump la diga di Oroville in California ha subito un incidente che ha costretto le autorità ad evacuare per alcune ore 180mila persone. Sul tema gli esperti sono intervenuti ribadendo che decine di migliaia di dighe, così come strade o ponti hanno bisogno di interventi immediati.

Sulla base di questi presupposti, il 9 marzo scorso l’Asce ha pubblicato il suo Report sullo stato delle infrastrutture Usa e, arrivando alle stesse conclusioni raggiunte nel Report precedente di quattro anni fa, l’Associazione ha indicato che le condizioni della dotazione infrastrutturale americana non superano il voto medio di D+ (su una scala che va da A a F). Tradotto, la votazione significa che le opere versano in condizioni molto precarie, ben al di sotto degli standard, con molti casi in cui si è vicini al termine di vita delle infrastrutture stesse.

Infografica Ita Asce

L’Asce ha ribadito che gli Stati Uniti hanno speso in passato troppo poco per sostenere le proprie infrastrutture, aggiungendo che oggi gli investimenti per colmare un ritardo considerato decennale ammontano a 2 trilioni di dollari. Tradotto in termini di spesa, questo significa che entro il 2025 gli investimenti nel settore tanto pubblici quanto privati dovrebbero passare dal 2,5 al 3,5% del Pil americano. «Per migliorare lo stato delle infrastrutture – si legge nel Report – e mantenere la competitività globale del Paese, il Congresso e i singoli Stati devono investire ogni anno 206 miliardi di dollari in più rispetto a quanto già previsto».

Secondo l’Asce, fallire nell’obiettivo di colmare questo gap avrebbe conseguenze economiche molto pesanti. L’Associazione ha calcolato infatti che, da oggi al 2025, la perdita in termini di Pil raggiungerebbe i 3,9 trilioni di dollari, 7 trilioni in termini di business mancato e 2,5 milioni di posti di lavoro persi per strada.
«Ogni giorno – mette in guardia il Report – accumuliamo ritardi negli investimenti sulle infrastrutture nazionali, accumuliamo costi extra, mettiamo a repentaglio la nostra salute e a rischio la nostra sicurezza, un’opzione che il nostro Paese, la nostra economia e le nostre comunità non possono sopportare ancora a lungo».
In sostanza, l’Asce calcola che il mancato intervento nel settore costerebbe a ciascuna famiglia americana 3.400 dollari all’anno.

Tuttavia, non tutti i settori sembrano versare nelle stesse condizioni. Rispetto al totale delle 16 categorie analizzate, ce ne sono sette (rifiuti pericolosi, vie navigabili interne, argini, porti, ferrovie, scuole e acque reflue) che hanno ricevuto un voto leggermente superiore rispetto al Report precedente; sei categorie (aviazione, ponti, dighe, acqua potabile, energia e strade) sono rimaste invariate, mentre le ultime tre (trasporti, rifiuti solidi e parchi) sono peggiorate.

Dopo i trasporti, le dighe hanno ottenuto uno dei voti peggiori, pari ad una D. Il giudizio deriva dal fatto che le 90.580 dighe presenti nel Paese hanno in media 56 anni di età, e il numero di quelle che presentano rischi potenziali elevati è pari a 15.498, il 17% del totale.
«Il numero è aumentato dalle 10.213 calcolate nel 2005 e sembra destinato a continuare a crescere». Per questo l’Asce stima che il comparto dighe abbia bisogno di 45 miliardi di dollari per essere rimesso in sesto. «Il crollo di una diga ad elevato potenziale di rischio porta con se il pericolo della perdita di vite umane».
Ma la categoria indicata come la peggiore è quella dei trasporti (D-), in crisi per la carenza di investimenti ai quali si accompagna la necessità di manutenzioni costanti. Nonostante il Paese abbia vissuto un periodo di boom nel settore, il trasporto pubblico non è ancora adeguato alla domanda, e ha bisogno di 90 miliardi di dollari per arrivare a livelli accettabili.

Nonostante le cifre preoccupanti, il Presidente dell’Asce, Norma Jean Mattei, non perde il suo ottimismo anche in vista di quanto annunciato dal Presidente Donald Trump.
«La buona notizia – commenta nel comunicato stampa che ha accompagnato la pubblicazione del Report – è che da oggi possiamo contare tanto sull’Amministrazione Trump quanto su molti membri del Congresso che hanno sottoscritto una campagna basata proprio sullo sviluppo infrastrutturale. E questo è divenuto ormai una priorità».