La nuova Via della Seta in Cina: l’Italia sta lavorando al nuovo tratto

Ottomila chilometri di strade per unire l’Europa alla Cina
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Oggi più che mai la Via della Seta sta tornando d’attualità, e ancora una volta gli italiani sono protagonisti, come ai tempi di Marco Polo quando per andare fino in “Catai” (il nome con cui era allora conosciuta la Cina) bisognava partire dal porto di Tana, nel Mar d’Azov, estremità settentrionale del Mar Nero, alle foci del Don. E poi attraverso l’Asia centrale si raggiungeva la meta. Prima si toccava la città marittima di Hangzhou, vicino a Shanghai, e da lì si arrivava fino a Pechino. Tempo previsto: meno di 300 giorni. 

Stavolta a tornare protagonista sulle antiche strade della Via della Seta è il Gruppo Salini Impregilo che sta ultimando un tratto di circa 300 chilometri, in Kazakhstan, tra le città di Almaty e Khorgos, quest’ultima al confine con la Cina. Nel complesso, si tratta di ampliare e ammodernare 630 chilometri di strade, per un importo totale di 530 milioni di euro e i lavori stanno per concludersi. Oggi, come ai tempi di Marco Polo, le rotte per andare dal Mediterraneo al Gattaio, ovvero in Cina, possono essere diverse. Si può preferire la via marittima, attraverso il canale di Suez, la più economica ma anche la più lunga perché richiede quasi una cinquantina di giorni; oppure si può optare per la strada ferrata, la Transiberiana, dove le merci impiegano due settimane per arrivare a Pechino, ma i costi sono abbastanza sostenuti.

Il nuovo collegamento via terra permetterà di raggiungere Pechino in una decina di giorni e a costi competitivi. Inoltre c’è da aspettarsi che questa opera porterà a ricadute positive sui Paesi attraversati dalla nuova arteria stradale, visto che il pezzo di strada a quattro corsie già realizzato in Kazakhstan ha comportato un aumento del traffico merci del 60% rispetto all’anno precedente.

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La Nuova Via della Seta in Cina: un progetto dalle diverse opportunità

La nuova Via della Seta coinvolge un’area dove vive il 70% della popolazione mondiale, produce il 55% del Pil globale, e possiede il 75% delle riserve energetiche conosciute. Comprensibile che ci sia più di qualcuno che guarda con interesse all’evoluzione della faccenda. Il governo cinese ci crede molto e ne ha fatto il perno di un progetto (“One Belt, One Road”, “Una cintura, una strada”), lanciato nel 2013 con l’obiettivo di rilanciare le antiche e gloriose rotte commerciali. La neonata Banca Asiatica d’Investimento per le Infrastrutture (AIIB), fortemente voluta da Pechino, metterà sul piatto un capitale iniziale di 100 miliardi di dollari. I primi prestiti dovrebbero partire già nella prima metà del 2016. All’operazione AIIB partecipano 57 Paesi, fra cui l’Italia che ha sottoscritto una quota del 2,6 per cento della banca multilaterale. I più freddi di tutti, per il momento, appaiono i russi che, anche a causa degli sviluppi politici delle loro relazioni con i paesi Ue, hanno rallentato la parte dei lavori che li riguarda, ovvero i 2.233 chilometri (su 8.445) necessari per arrivare al porto di San Pietroburgo. La fine lavori per quanto riguarda questo tratto è prevista nel 2020.

Chi invece sta cercando di terminare le opere quanto prima è il Kazakhstan. Anche qui ci sono stati dei rallentamenti, dovuti all’abbassarsi del prezzo del petrolio e quindi alla conseguente diminuzione delle entrate del grande stato centro asiatico. Ma il governo di Astana ha deciso di procedere in ogni caso e quindi dall’anno

prossimo il Paese sarà quantomeno collegato al Golfo Persico e potrà accrescere in modo significativo le esportazioni di grano verso l’Iran. La parte kazaka della nuova Via della Seta è lunga 2.787 chilometri e prevede un investimento complessivo di 75 miliardi di dollari Usa. Sarà un’arteria a quattro corsie che permetterà una velocità di percorrenza di 120 chilometri all’ora. Gran parte della rete viaria del Kazakhstan risale ai tempi dell’Unione Sovietica e non è stata rinnovata, lasciando questo vastissimo territorio in una grave crisi infrastrutturale. Tra l’altro il cattivo stato delle strade ha causato un continuo aumento degli incidenti. Ora si sta rimediando e nel biennio 2016-2018 è previsto un finanziamento di 14 miliardi di dollari Usa dedicati alle infrastrutture. Di tutto questo reticolo stradale, la Via della Seta costituisce la parte più importante e il presidente kazako, Nursultan Nazarbayev, ha dichiarato di puntare a un incremento del passaggio di merci lungo questa arteria fino a 30 milioni di tonnellate all’anno.

Esiste anche una parte ferroviaria della nuova Via della Seta: nel 2015 il porto di Rotterdam, in Olanda, ha visto arrivare i primi container giunti in treno direttamente dalla Cina. I 10.800 chilometri di ferrovia che uniscono Chongqing, in Cina, a Duisburg, in Germania, permettono, per esempio, alla Hewlett Packard di connettere i suoi clienti europei con le fabbriche cinesi. Al ritorno i carri ferroviari trasportano auto di lusso europee destinate al mercato del gigante asiatico. Le cose non sono semplicissime perché i Paesi coinvolti sono in tutto una quarantina e i convogli ferroviari devono cambiare due volte i carrelli per via dei diversi scartamenti dei binari di Russia, Bielorussia, Mongolia e Kazakhstan, rispetto a quelli cinesi e del resto d’Europa. Anche per questi motivi la via automobilistica risulterebbe più veloce, oltre a essere più breve di 2.400 chilometri, che pochi non sono. Rispetto ai 300 giorni necessari per andare dall’Europa alla Cina ai tempi di Marco Polo, di strada se n’è fatta parecchia.