Tarbela: un’eredità del rispetto reciproco

La diga in Pakistan è una delle più grandi in terra e roccia e un’eredità del trattato firmato con l’India

La diga di Tarbela in Pakistan non è solo una delle dighe in terra e roccia più grandi al mondo, ma anche l’eredità di un trattato siglato con l’India che il Paese ha rispettato per oltre mezzo secolo nonostante i conflitti attraversati dallo stato vicino.
Realizzata sul fiume Indus a 130 chilometri a Nord Ovest di Islamabad, la diga ha tre funzioni: produrre elettricità, evitare le inondazioni e contribuire all’irrigazione dei campi. Una struttura massiccia che raggiunge una lunghezza in cresta di quasi tre chilometri e – secondo la Banca Mondiale – è responsabile del 16% dell’energia prodotta in Pakistan. La capacità installata è pari a 3,478 megawatt (MW), mentre il bacino dal quale le turbine prendono l’acqua necessaria al loro funzionamento si sviluppa su una lunghezza di 81 chilometri con una capacità di 14,3 miliardi di metri cubi.

Completata nel 1976, Tarbela è parte dell’Indus Basin Project, che comprendeva anche la costruzione della diga Mangla sul fiume Jhelum. Né Mangla né Tarbela sarebbero mai state realizzate se non ci fosse stato l’Indus Water Treaty, attraverso il quale la Banca Mondiale ha fatto da mediatore tra India e Pakistan nel 1960.
Il trattato ha siglato la fine di una disputa sull’acqua tra i due paesi assegnando i cosiddetti fiumi orientali – Ravi, Beas e Sutlej – all’India e quelli occidentali – Indus, Jhelum e Chenab – al Pakistan. Molti di questi fiumi sono stati causa di tensioni perché attraversavano entrambi i paesi, rendendone complicato il diritto di utilizzo. Con il controllo assicurato su Indus, Jhelum e Chenab, il Pakistan ha iniziato molto presto a preparare i progetti per sfruttarne  loro potenziale al fine di sostenere lo sviluppo dell’economia.

Tarbela, Pakistan

«Il trattato – spiega il sito internet del Pakistan Water & Power Development Authority’s (WAPDA) – ha permesso l’avvio dell’Indus Basin Project (IBP) per compensare la perdita dell’acqua dei fiumi orientali. Le opere previste all’interno del trattato includono due dighe multiuso, una delle quali – Tarbela – sorge sul fiume Indus».
La costruzione dell’opera, iniziata nel 1968, è stata un’impresa enorme. Impregilo, predecessore di Salini Impregilo che ha guidato il consorzio assegnatario del progetto, non aveva mai realizzato niente del genere. Il progetto, che include un sistema di dighe, una centrale elettrica e un network di tunnel collegati, era cinque volte più grande dei progetti simili mai realizzati fino ad allora da Impregilo. Anche il numero totale di lavoratori che si sarebbero impegnati nel corso del progetto è stato altrettanto significativo: circa 45.000, provenienti da 26 paesi.

I dieci anni successivi al completamento di Tarbela hanno visto successive espansioni dell’impianto per tenere il passo con la crescente domanda di energia. La più recente, chiamata formalmente Tarbela Fourth Extension Hydropower Project, mira a produrre dal 2018 1.410 MW di energia aggiuntiva. Questo consiste nella costruzione di una nuova centrale, la modifica di un tunnel e l’installazione di tre turbine da 470 MW ciascuna sulla diga esistente.

Secondo la Banca Mondiale, che finanzia parte dell’opera, «il progetto idroelettrico ridurrà le esigenze del Pakistan di acquistare petrolio necessario per alimentare gli impianti termici, producendo così energia più pulita derivante da fonti più sensibili alla tutela dell’ambiente». Inoltre il progetto è ideato per ridurre il numero delle interruzioni di corrente che si verificano nel paese, un problema che affligge la vita delle persone, e rallenta l’economia.