Quei 530.000 siti dove produrre energia pulita

Una ricerca australiana ha mappato tutti i siti nel mondo adatti per la costruzione di impianti idroelettrici di pompaggio

Nonostante gli allarmi delle organizzazioni internazionali e gli sforzi di alcuni stati, più virtuosi di altri, la strada che conduce ad una produzione massiccia di energia “green” è ancora lunga. Eppure l’offerta di fonti sostenibili del pianeta è enorme. Non solo vento e sole, sfruttati ancora in minima parte, ma soprattutto acqua.

All’inizio di aprile il professore Andrew Blakers, insieme a una squadra di ricercatori della Australian National University, ha pubblicato una mappa della terra sulla quale sono indicati 530.000 siti che, per via della conformazione geografica, sarebbero perfetti per dar vita a stazioni idroelettriche di pompaggio. Affinché questa circostanza si realizzi è necessaria la presenza di invasi di acqua posti ad altezze differenti, in mezzo ai quali viene costruita la stazione di pompaggio. Attraverso un sistema di tunnel, l’acqua dell’invaso superiore passa all’interno della stazione facendo muovere le turbine che generano elettricità prima di finire nel bacino inferiore. Terminato il processo, l’acqua viene pompata di nuovo nel bacino superiore per ricominciare il suo viaggio.

Secondo l’analisi dell’Australian National University ad oggi questi impianti raccolgono il 97% dell’energia stoccata a livello mondiale, e questo grazie ai costi bassissimi di un sistema energetico che sfrutta caratteristiche naturali per funzionare.

Un potenziale enorme per il fabbisogno mondiale

Dagli Stati Uniti al Brasile, dal Sud Africa all’Arabia Saudita, dalla Cina all’Australia, i siti indicati sulla mappa realizzata dall’università toccano quasi tutti i continenti. Secondo lo studio, se fossero sfruttati interamente, la loro capacità di stoccaggio energetico sarebbe pari a 22 milioni di GWh, diverse centinaia di volte superiore a quanto richiesto per supportare l’intera rete mondiale di produzione di energie pulite.

I ricercatori partono dall’Australia dove uno stoccaggio di 20 GWh ogni milione di persone è sufficiente per sostenere una produzione energetica tale da alimentare il paese solo con energie pulite. 

Yenisei River

E non è un caso che l’università abbia puntato un faro su questa enorme opportunità di sviluppo sostenibile. Proprio in questi giorni infatti il paese registra l’inizio dei lavori di Snowy 2.0, il più grande impianto idroelettrico di pompaggio della storia australiana per la cui realizzazione è stato incaricato Salini Impregilo insieme al gruppo australiano Clough.
Il tema nel paese è quindi caldissimo e lo studio dell’Australian National University ha contribuito a tenere il dibattito acceso. Oltre a Snowy 2.0, l’8 aprile è stato annunciato pubblicamente che un altro impianto del genere, il Kidston Pumped Storage Hydro Project, ha ottenuto i via libera finali per la costruzione. L’impianto, che sorgerà in un altro stato australiano (il Queensland), permetterà al governo locale di raggiungere entro il 2030 il target del 50% di energia pulita sul totale prodotto.

Alimentare il mondo con le energie pulite

Nel settembre del 2017 lo stesso team di ricercatori della Australian National University identificò 22.000 siti dove realizzare impianti di pompaggio in Australia. Quella prima mappa era solo l’inizio di un lungo studio che avrebbe portato quasi due anni dopo a segnare sul mappamondo tutti i siti in grado di dare un reale contributo alla domanda globale di energia pulita.
All’interno del comunicato stampa ufficiale pubblicato sul sito dell’università, il ricercatore Matthew Stocks dichiara che «solo una piccola quota dei 530mila potenziali siti che abbiamo identificato sarebbe sufficiente per supportare un sistema globale alimentato interamente a energia rinnovabile».
«La percezione – aggiunge Stocks – è che nel mondo i siti ideali per realizzare impianti di pompaggio siano limitati, ma in realtà ne abbiamo trovati tantissimi».
L’analisi, che è stata anche pubblicata dalla prestigiosa rivista scientifica Elsevier, apre così una nuova frontiera nella produzione e gestione dell’energia pulita, e stimola gli stati a investire in una delle tecnologie meno costose e più efficaci per ridurre la dipendenza dalle fonti inquinanti.