Africa: manca un trilione di dollari per le infrastrutture

Investimenti necessari per rispettare i livelli di sviluppo indicati dalle Nazioni Unite

Gli investimenti in infrastrutture previsti da un gruppo di 10 paesi africani, alcuni tra i più importanti del continente, non sono sufficienti per rispettare gli obiettivi fissati dalle Nazioni Unite. Se questi stati (tra i quali sono presenti anche Egitto, Etiopia, Marocco e Senegal) vorranno arrivare al 2040 garantendo alla popolazione un accesso all’acqua e adeguati standard igienici, dovranno trovare sul mercato un altro trilione di dollari, oltre agli 1,4 trilioni già pianificati, da investire nelle infrastrutture.

Il calcolo, elaborato dal Global Infrastructure Hub, è stato inserito in uno studio realizzato insieme ad Oxford Economics e pubblicato nei primi giorni di luglio. In questi mesi il Global Infrastructure Hub, un’istituzione internazionale partecipata dai membri del G20 e con sede a Sydney, in Australia, ha lavorato nell’ambito di un’iniziativa chiamata Compact with Africa (CWA) al fine di incoraggiare gli investitori privati a finanziare progetti nel continente.

Sotto il cappello di questa iniziativa è stata creata una banca dati, nella quale rientra anche l’ultimo aggiornamento realizzato con Oxford Economics, dove sono raccolte le analisi su questi 10 paesi, tra i quali sono presenti anche Benin, Costa d’Avorio, Guinea, Ruanda e Tunisia.

Il rapporto sugli investimenti necessari per colmare il gap infrastrutturale, dal titolo “Global Infrastructure Outlook: Infrastructure Investment Need in the Compact with Africa Countries”, arriva due mesi dopo la pubblicazione di un’altra analisi firmata da KPMG, nella quale si pone l’accento sulla necessità che i paesi africani si dotino di una buona governance e di politiche moderne in modo da attirare gli investitori stranieri.

Chris Heatcote, chief executive officer del Global Infrastructure Hub, ha dichiarato alla Reuters che gli investitori sembrano sempre più interessati all’Africa proprio per l’evidente bisogno di nuove infrastrutture. «L’Africa è un continente affascinante per gli investitori – ha dichiarato. – Loro non si chiedono solo: “Investirò mai in Africa?”, ma anzi dicono: “Sto per investire in Africa. Voglio investire in Africa. In quale paese africano mi converrebbe investire?”».

Africa: manca un trilione di dollari per le infrastrutture

A tracciare la strada degli investimenti necessari e dei settori che mostrano un maggiore bisogno, sono ancora una volta i Sustainable Development Goals delle Nazioni Unite che, oltre a ribadire la necessità di intervenire sul settore idrico e su quello sanitario, includono anche l’approvvigionamento energetico, le ferrovie e tutte le infrastrutture utili per rendere le città sostenibili.

Heatcote spiega, ad esempio, che solo il 60% dei cittadini residenti nei paesi analizzati nell’ambito dell’iniziativa Compact With Africa ha accesso all’elettricità e solo il 44% all’acqua. «Abbiamo calcolato – dice il Ceo – che entro il 2030 saranno necessari 621 milioni di dollari solo per permettere ai cittadini dei 10 paesi indicati nello studio di accedere all’acqua e all’energia. Tre quarti di questi finanziamenti serviranno per l’energia e un quarto per la gestione delle risorse idriche».

A fare la parte del leone saranno sicuramente l’Egitto e l’Etiopia, ognuno dei quali dovrà raccogliere una quota pari al 30% rispetto al totale degli investimenti previsti per i 10 paesi dello studio. L’Etiopia, da parte sua, sta già puntando molto nella costruzione di importanti impianti idroelettrici con l’obiettivo di diventare un hub energetico per tutta la regione.

Il paese che si dimostra invece più indietro di tutti è la Guinea. «Questo stato – ha dichiarato Heatcote – dovrebbe mettere sul piatto l’80% in più rispetto a quanto previsto finora».

In generale – indica lo studio – molti investitori si chiedono quali siano i paesi africani più disposti a continuare a investire nelle infrastrutture. Questo perché, considerato che i primi benefici degli interventi avviati dai 10 paesi indicati nel report cominciano a vedersi, anche altri stati sembrano intenzionati a seguire la stessa strada, convinti che proprio una governance sana e un sistema di controlli efficiente possano dare un ulteriore contributo per attrarre gli investitori privati.