Gli Stati Uniti alla prova dell’acqua

Emergenza idrica negli Usa: il Senato approva l’America’s Water Infrastructure Act

L’acqua è un bene prezioso. Le infrastrutture per salvaguardarla, mantenerla pulita e potabile, trasportarla e trasformarla in energia sono irrinunciabili. Per far fronte alle necessità di ammodernare o sostituire i sistemi idrici esistenti negli Stati Uniti, la Commissione per l’Ambiente e i Lavori Pubblici del Senato (The Senate Committee on Environment and Public Works – EPW) ha appena approvato il disegno di legge America’s Water Insfrastructure Act of 2020 (AWIA), che dovrebbe essere votato e deliberato dal Congresso entro la fine dell’anno.

Si tratta della nuova edizione di un programma a cadenza più o meno biennale, che prevede circa 17 miliardi di dollari in autorizzazioni federali per investire in progetti idrici lungo tutto il Paese, tanto che gli stati più pronti a recepire, come per esempio il Texas, hanno già reso note le loro priorità. In questo piano, tra l’altro, sono stati introdotti per la prima volta alcuni meccanismi per ridurre i tempi burocratici di attuazione.

Il programma legislativo prevede anche la nuova autorizzazione del Water Infrastructure Finance and Innovation Act (WIFIA), pari a 50 milioni di finanziamenti ogni anno fino al 2024, più prestiti per 5 milioni, con l’obiettivo di migliorare le infrastrutture idriche e delle acque reflue. Inoltre, contempla nuovi fondi per 2,5 miliardi da erogare a sostegno del piano Drinking Water Infrastructure Act of 2020 e la riautorizzazione di fondi del Safe Drinking Water Act, per consentire a talune comunità di far fronte alla mancanza d’acqua potabile.

Rete idrica: una questione nazionale per gli Stati Uniti d’America

I numeri relativi all’acqua e alle necessità di infrastrutture negli Stati Uniti sono da emergenza secondo l’Associazione Americana degli Ingegneri Civili (ASCE), che nella sua ultima pagella dedicata all’acqua ha assegnato il rating D (in una scala da A a F) alle condizioni dei sistemi idrici, segnalati come “mediocri e per lo più al di sotto dello standard, con molti elementi che si avvicinano alla fine della loro vita di servizio. Una grande parte delle strutture presenta un deterioramento significativo. Condizioni e capacità destano serie preoccupazioni con un forte rischio di fallimento”.

Secondo i dati e i commenti ASCE, gli Stati Uniti usano 42 miliardi di litri di acqua al giorno per sostenere la vita quotidiana nelle case, fabbriche e uffici di tutto il paese. Circa l’80% dell’acqua potabile negli Stati Uniti proviene da acque superficiali come fiumi, laghi, bacini idrici e oceani, mentre il restante 20% da falde acquifere. In totale, ci sono circa 155.000 sistemi pubblici attivi di acqua potabile in tutto il paese.

La maggior parte degli americani – poco meno di 300 milioni di persone sui 330 milioni totali – riceve la propria acqua potabile da uno dei 51.356 sistemi idrici comunitari della nazione. L’acqua potabile viene erogata attraverso un milione di miglia di tubi in tutto il Paese. Molte di queste tubature sono state posate nella prima metà del XX secolo con una durata di impianto di 75-100 anni.

La corsa ai fondi federali

Accedere ai fondi federali non sarà, comunque, semplice per tutti gli Stati, a causa dell’impatto considerevole del Coronavirus. Secondo l’agenzia di rating Fitch, che ha in corso la valutazione di circa 400 emissioni pubbliche a lungo termine da parte di compagnie idriche municipali, «i servizi di pubblica utilità nelle aree più colpite dalla pandemia e dalla ricaduta economica, o in quelle aree in cui negli ultimi anni sono stati implementati aumenti dei costi, potrebbero non essere in grado di adeguare facilmente i tassi» per sostenere l’erogazione dei prestiti.

Sul tavolo dell’amministrazione americana ci sono varie previsioni di spesa necessarie per rimettere in sesto il panorama delle infrastrutture americane. L’ASCE stima in 105 miliardi il gap fra necessità e fondi erogati fino al 2016. La Environmental Protection Agency (EPA) indica la necessità di investimenti nei servizi idrici pari a 472 miliardi in 20 anni, mentre la Clean Watersheds Needs Survey (CWNS) ritiene che per le infrastrutture per la gestione delle acque reflue occorrano 271 miliardi nello stesso periodo. Infine, secondo l’American Water Works Association, l’aggiornamento dei sistemi idrici esistenti e il soddisfacimento delle esigenze di infrastrutture per l’acqua potabile di una popolazione in crescita richiederà almeno mille miliardi.

L’impegno di Webuild per le infrastrutture idriche

Negli ultimi anni il gruppo Webuild e la sua controllata statunitense Lane Construction hanno intensificato l’attività nel paese realizzando alcune fra le più rilevanti opere d’ingegneria per la gestione delle acque. Come il tunnel idraulico al centro lago Mead concepito per dissetare Las Vegas e riportare a un livello accettabile il corso del fiume Colorado, che da solo fornisce parte dell’acqua potabile a circa il 10% della popolazione nazionale ed era diminuito progressivamente a causa dei cambiamenti climatici e dell’aumento della domanda da parte di città e comunità agricole.

E come altre città americane, spesso costruite secondo lo stesso modello, anche Washington D.C. ha risentito di un sistema fognario datato e a rischio di intasamento a seguito delle frequenti piogge che, unendosi alle acque non trattate, hanno determinato un mix tossico per la capitale. Nell’ambito del Clean Rivers Project, che si concluderà nel 2025, Webuild ha costruito un avveniristico tunnel idraulico sotto il fiume Anacostia, affluente del Potomac, che in quel tratto permette di convogliare in maniera separata le acque reflue da quelle piovane, disinquinando la città.

Così, le realizzazioni e i lavori in corso di Webuild e Lane raggiungono i vari angoli del Paese, dal Dugway Storage Tunnel in Ohio per ridurre gli scarichi di liquami nell’ambiente e lo stoccaggio di acque trattate, al Kuwahee Water Treatment Plant per regolare i flussi delle fognature sanitarie nel fiume Tennessee, allo Ship Canal Water Quality Project per gestire le acque reflue e piovane di Seattle, al Three Rivers Protection & Overflow Reduction Tunnel per risanare i fiumi e la città di Fort Wayne nell’Indiana, al West Side CSO Tunnel Project per migliorare l’acqua utilizzata dalla popolazione di Portland in Oregon, fino al progetto C43 Caloosahatchee nel sud della Florida per risanare i flussi d’acqua naturali causati dallo sviluppo residenziale e agricolo dell’area attorno a quell’ecosistema unico al mondo, noto con il nome Everglades.

Il costo per la comunità delle infrastrutture obsolete

La carenza o il degrado di infrastrutture per la gestione dell’acqua negli Stati Uniti ha assunto toni anche drammatici come nel 2017 quando una crepa nello scarico di emergenza ha esposto al rischio di collasso la diga di Oroville in California, o nel 2014 con la crisi nata dall’avvelenamento da piombo derivante dall’invecchiamento dei tubi dell’impianto idrico della città di Flint nel Michican. Secondo l’ASCE, ogni giorno oltre 20 miliardi di litri di acqua potabile trattata vengono persi a causa di perdite di tubi, con circa 240.000 interruzioni di acqua all’anno.

Stando alle stime dell’Associazione degli ingegneri, “i tubi vecchi che perdono sprecano dal 14 al 18% dell’acqua trattata ogni giorno; la quantità di acqua potabile pulita persa ogni giorno potrebbe rispondere al fabbisogno di 15 milioni di famiglie”.

 Quanto ai 14.748 impianti di trattamento delle acque reflue, l’EPA (l’Agenzia di protezione ambientale) calcola ogni anno tra i 23mila e i 75mila straripamenti di fognature. Gli impianti esistenti forniscono acqua a 240 milioni di americani, ossia tre quarti della popolazione, ed entro il 2032, sempre secondo l’agenzia di protezione ambientale, almeno 56 milioni di persone in più si collegheranno a impianti di trattamento pubblici centralizzati.

Non si discosta dalla D neanche il voto dato dall’Asce sulle dighe statunitensi, in tutto 90.580, con un’età media di 56 anni. Almeno un sesto, oltre 15.500, sono classificate ad alto rischio, con una stima di investimenti necessari per 45 miliardi di dollari. Una cifra che, secondo l’Associazione dei funzionari statali per la sicurezza delle dighe (The Association of State Dam Safety Officials), sale a 64 miliardi se si considera il costo combinato per riabilitare le dighe non federali e federali della nazione. La proprietà di oltre la metà di queste infrastrutture è in capo ad enti privati, mentre il governo federale ne possiede il 4%, 3.381 in tutto; e altre 709 sono gestite dal Corpo degli ingegneri dell’esercito (The U.S. Army Corps of Engineers).

Per recuperare il terreno perduto, molti negli Usa guardano con ottimismo all’America’s Water Insfrastructure Act of 2020. Il programma ha infatti superato intatto un primo esame, con un voto bipartisan, anche se sul tavolo del legislatore si affolla adesso la lista di progetti, che comprende bacini idrici, stoccaggio d’acqua, impianti di trattamento delle acque reflue, dighe, porti, sistemi di prevenzione delle inondazioni, vie di irrigazione, navigabilità in fiumi e laghi. Trasformare questi progetti in opere è l’unica strada per evitare che la questione idrica si trasformi presto in un’emergenza nazionale.