Israele punta sulle infrastrutture

Il Paese lancia un progetto di sviluppo infrastrutturale da 32,4 miliardi di dollari

Infrastrutture più moderne per attirare investitori stranieri. È questo l’obiettivo che ha convinto il governo israeliano a lanciare un piano di investimenti da 32,4 miliardi di dollari nel settore infrastrutturale. Il via libera finale è arrivato nei primi giorni di settembre 2017 quando il Gabinetto del governo, in accordo con il Governatore della Banca d’Israele Karnit Flug, ha approvato lo stanziamento complessivo fornendo una prima indicazione dei progetti da realizzare.
«Il livello delle infrastrutture in Israele – ha spiegato il Governatore ai ministri secondo quanto riportato dalla Reuters – è insufficiente, in particolar modo nel settore dei trasporti e soprattutto nelle grandi città, ma anche in ambito energetico e nelle telecomunicazioni».
«Il livello degli investimenti annuali – ha aggiunto – è basso in paragone alla media internazionale, e questo rende impossibile per noi colmare la distanza che ci divide da altre economie avanzate, abbassando i livelli di produttività e i potenziali di crescita dell’economia».
Un appello raccolto dal Primo Ministro israeliano Benjamin Netanyahu che ha sostenuto con forza il piano e che oggi spiega così il significato dell’iniziativa: «Continuiamo ad investire nella costruzione di infrastrutture in tutto il Paese. E continueremo a impegnarci per rendere le periferie più vicine al centro del Paese per il bene di tutti i cittadini. Costruiremo più strade e ferrovie. E il programma permetterà al Governo di assicurare servizi migliori nei trasporti, nell’energia, nella sanità e in molti altri settori».

Il piano di Israele per le infrastrutture

Il progetto presentato dal governo prevede investimenti per 116 miliardi di shekel, pari a 32,4 miliardi di dollari, che saranno spesi tra il 2017 e il 2021 su 147 progetti, la maggior parte dei quali individuati nei settori dei trasporti e dell’energia.
La quota maggiore degli interventi, 63 su 147, servirà ad ammodernare la rete di trasporto del Paese. Nello specifico – spiegano a “WeBuildValue” dall’ufficio stampa del Gabinetto del Primo Ministro – il 51% dei costi sostenuti nel settore dei trasporti sarà destinato alla realizzazione di una rete tranviaria di Tel Aviv, Gerusalemme e Haifa e il 15% per la rete ferroviaria tradizionale. A questi si aggiungeranno interventi per la costruzione di nuove strade e corsie dedicate ai bus all’interno dei centri urbani.
«Pianificare il progetto – commenta Eli Groner, direttore generale del Gabinetto del Primo Ministro – è un primo importante passaggio per aumentare gli investimenti esteri nelle infrastrutture, aumentandone l’impatto e favorendo lo sviluppo dell’economia israeliana. Il programma di interventi è stato infatti formulato tenendo conto delle indicazioni emerse in alcuni incontri con investitori internazionali, che considerano lo Stato di Israele un target interessante per finanziare le infrastrutture».

L’idea di un grande piano di sviluppo infrastrutturale è nata nel 2016 quando il governo di Tel Aviv ha avviato una prima ricognizione sugli interventi necessari istituendo un gruppo di lavoro formato da tecnici. Alla base, la consapevolezza ormai diffusa nel Paese sull’arretratezza della dotazione infrastrutturale rispetto a molte altre economie sviluppate.

Skyline di Tel Aviv

Recuperare il ritardo negli investimenti

Sul tema Zvi Eckstein, capo dell’Aaron Institute for Economic Policy, un prestigioso think-tank israeliano, ha dichiarato alla “CNBC”: «Ci siamo concentrati su quello che il governo può fare per migliorare la produttività e suggeriamo che è arrivato il momento per investire nei trasporti in generale, nei trasporti pubblici, nelle strade, nei treni, nei bus, ecc.».
Secondo i calcoli di Eckstein, per colmare il gap infrastrutturale con gli Stati Uniti e l’Europa, Israele dovrebbe investire nei prossimi 15 anni nel settore non più l’1,8% ma il 4% del PIL.
Il tema adesso è quello della copertura degli stanziamenti. Secondo il governo, una buona parte di quelli annunciati sono già coperti da fondi pubblici, anche se il ruolo dei privati potrebbe essere determinante. «È importante – ha spiegato il Governatore Karnit Flug – che sia fatta una stima dettagliata dei costi e che le risorse a budget siano ben definite, in modo da evitare che i progetti si blocchino o che vengano fatti dei tagli nei progetti come accaduto in passato».
Un segnale per gli investitori privati, alcuni dei quali – come il fondo statunitense BlackRock – hanno già confermato di seguire con grande attenzione gli sviluppi futuri del piano, ribadendo che quello israeliano può diventare un nuovo mercato di grande interesse per la realizzazione di grandi opere infrastrutturali.

Il monito della Banca d’Israele

Del resto, sono diversi anni che la Banca d’Israele pone al governo del paese la questione degli investimenti infrastrutturali. Già nel 2014, insieme al tradizionale rapporto annuale, l’istituto ha pubblicato un’analisi che dimostrava come i servizi di trasporto nelle aree urbane israeliane fossero meno organizzati rispetto a quelli della maggior parte degli altri paesi sviluppati. 
«Un miglioramento nelle infrastrutture in questo settore – si legge nello studio – contribuirà alla crescita e al miglioramento della qualità della vita, avvicinando i lavoratori alle aziende e offrendo un servizio a quelle persone che vogliono entrare nel mercato del lavoro ma non posseggono veicoli privati».
Nel rapporto la Banca d’Israele aggiunge inoltre che la dotazione stradale in relazione all’ampiezza geografica del Paese e alla sua popolazione è inferiore rispetto a molti altri stati; e che tra il 2000 e il 2014 l’utilizzo dei veicoli privati è cresciuto del 4%, molto più rapidamente di quanto fatto dal trasporto pubblico. A dimostrazione di questo, il rapporto cita gli investimenti pubblici nelle infrastrutture di trasporto urbano, che nel 2014 era pari all’1% del PIL israeliano, contro il 2,5% del PIL della Svizzera, il paese che tra quelli sviluppati investe di più nel settore.
Colmare questa arretratezza è oggi una grande opportunità perché darebbe ulteriore forza al periodo economicamente positivo che Israele sta vivendo. L’ultimo report dell’OCSE del giugno scorso certifica per il 2016 una crescita del PIL pari al 4%, e prevede per l’anno in corso e per il 2018 un andamento ancora positivo, rispettivamente del 3,2 e del 3,3%. A questo dato si accompagna quello dell’export, previsto in crescita del 5,6% per il 2017, e del mercato del lavoro, dove la disoccupazione ha raggiunto il tasso del 4,3%, ben al di sotto rispetto al 6,2% della media dei Paesi OCSE. Dati più che positivi che subirebbero un’ulteriore spinta in avanti grazie allo sviluppo delle infrastrutture.