La febbre dei porti americani

Lavoro e investimenti miliardari nello sviluppo dei porti Usa

Chi viaggia lungo la costa americana del Golfo del Messico, da Corpus Christi nel Texas alle Everglades in Florida s’imbatte nella scia lasciata da enormi ruspe e da altissime gru. È la corsa dei porti alla conquista delle nuovi grandi navi. La competizione, che prosegue salendo verso la Georgia, le due Carolina e si spinge fino a Baltimora nel Maryland, è stata innescata dall’allargamento del canale di Panama.

La costruzione della nuova via d’acqua tra l’Atlantico e il Pacifico, realizzata dal consorzio europeo guidato da Salini Impregilo, sta per compiere i suoi primi due anni di attività, macinando un record dopo l’altro. Alla fine del marzo scorso, per esempio, il nuovo canale ha tagliato il traguardo delle 3.000 New Panamax, navi da oltre 12.000 tonnellate e lunghe circa 400 metri transitate tra le nuove chiuse dell’istmo centroamericano. Un risultato che va oltre le più rosee previsioni e che ha messo ancora più a fuoco la necessità di nuove infrastrutture nei porti americani, con investimenti miliardari sia a terra che in mare.

Il carico a bordo di queste tremila super navi descrive anche la direzione dei fondi da destinare per i nuovi porti. Il 53% di queste navi proviene dal settore porta containers, il 28% da petroliere, l’11% dal trasporto di gas naturale liquefatto (LNG). Il resto è diviso fra le altre categorie marittime fino a una quota, oggi limitata al 3% ma in rapida crescita, per le navi giganti da crociera.   

La risposta dei porti alle grandi navi

Su queste proporzioni i porti americani si stanno ritagliando le proprie credenziali, sia nei confronti dei rispettivi stati per l’assegnazione di fondi, sia verso i clienti per fidelizzarli attraverso le performance di accoglienza, efficienza operativa, interconnessione con i sistemi di trasporto aerei e terrestri.

All’inizio di maggio, per esempio, la nave Sakura è passata dalle nuove chiuse del Canale di Panama, aprendo una nuova rotta commerciale con il Giappone. Destinazione della nave, che viaggiava per conto della Kansai Electric Power, era il terminal Dominion Cove Point, da poco inaugurato nel Maryland, a sud di Baltimora.

Quello del Maryland è il secondo porto LNG entrato in connessione con Panama dopo Sabine Pass, che si estende lungo la striscia d’acqua che separa la Louisiana dal Texas. Nella prima parte dell’anno, il Canale di Panama ha aumentato la propria capacità di gestione nel traffico delle navi LNG. Le stime sono per una crescita annua del 50%. Sabine Pass è di proprietà della Cheniere Energy che sta sviluppando poco più a est, a Corpus Christi, un progetto di produzione e distribuzione in grado di cambiare la mappa dell’approvvigionamento di gas del Sud degli Stati Uniti che, già oggi, hanno nel Texas il primato della produzione con quasi un terzo del totale.

Un elemento di non poco conto, tanto che a fine 2017 Standard & Poor ha classificato gli Stati Uniti come paese esportatore netto di gas naturale, non più solo importatore. Secondo il dipartimento dell’informazione sull’energia gli Stati Uniti producono il 25% del totale mondiale, un mercato che dagli attuali 100 miliardi di dollari dovrebbe raggiungere i 300 miliardi entro il 2030.

A Sabine Pass e Dominion Cove Point si aggiungeranno nei prossimi mesi Cameron (Lousiana), Elba Island (Georgia), Freeport (Texas). La costruzione di nuove infrastrutture per il gas naturale dovrebbe portare la produzione americana al terzo posto, dietro Australia e Qatar, con un crescente utilizzo da parte dei paesi asiatici, grazie anche alle possibilità di navigazione veloce attraverso il nuovo canale di Panama.

I piani di sviluppo degli scali americani

Le Autorità Portuali americane non sono rimaste a guardare. Tra est e ovest, a un anno dall’apertura del nuovo canale avvenuta il 26 giugno 2016, ben nove porti avevano già stanziato investimenti per aumentare la profondità del bacino portuale e per acquistare gru da sollevamento container richieste dalle nuove navi.
La prima delle quattro gru New Panamax consegnate al porto di Savannah, in Georgia, è operativa dalla fine di marzo, ha portato a 27 il numero totale di gru per il carico e scarico dei container: «È un numero più alto di ogni altro singolo terminal nella nazione. La Georgia intende rimanere un passo avanti rispetto alla domanda del mercato», ha dichiarato il direttore esecutivo dell’autorità statale Griff Lynch.

Il Garden City Terminal, definito dall’Autorità Portuale della Georgia, come il più grande terminal container “singolo” dell'emisfero occidentale, riceverà altre sei gru New Panamax entro il 2020, portando la flotta a 36. Ciò consentirà al porto di spostare quasi 1.300 container all'ora su un unico dock.

Miami Beach, Florida

La corsa al primo posto in qualche speciale graduatoria è tanto più importante negli Stati Uniti quanto più sono alti i numeri in gioco. Con 370.000 posti di lavoro creati e 84 miliardi di entrate non è difficile capire il beneficio di ogni gru per l’economia locale.

Da Port Canaveral in Florida a Wilmington nel Nord Carolina, ogni porto stacca quante più medaglie può e le espone con orgoglio. La Florida è la capitale mondiale delle crociere con i primi tre posti in graduatoria per  durata del viaggio, tanto da essere scelta come quartier generale dalle principali compagnie del settore.  I porti di Miami, delle Everglades (Fort Lauderdale) e di Cape Canaveral primeggiano sugli altri, seguiti da altri porti della Florida nei primi dieci al mondo, quelli di Tampa Bay, Palm Beach e Jacksonville.

Il porto di Miami è il primo porto degli Stati Uniti meridionali ad avere la capacità di ospitare le New Panamax. Grazie a un progetto infrastrutturale da oltre un miliardo di dollari il bacino portuale ha raggiunto il numero magico di 52 piedi di profondità imposto dal pescaggio delle navi giganti che transitano dal canale di Panama. Nel ridisegnare il porto in mare, la contea di Miami-Dade ha anche costruito a terra un tunnel di accesso veloce alle autostrade intorno alla città, nuovi collegamenti ferroviari per il trasporto dei container e vie di collegamento con l’aeroporto.

Le infrastrutture portuali fanno da traino ad altre di collegamento anche a Fort Lauderdale, il cui porto di Everglades difende il primo posto per volume di entrate dalle navi commerciali (162 milioni di dollari nel 2017), per volume dei container (oltre un milione di TEUs) e per imbarco delle esportazioni, con oltre 12 miliardi l’anno al suo attivo.

A Jacksonville la lista di progetti ancora da assegnare è lunga, come a Tampa, il più grande porto degli interi Stati Uniti per area commerciale a disposizione di nuove infrastrutture; come a Jacksonville, il cui JaxPort è il maggiore scalo dei cargo militari e il più importante snodo per le navi per il trasporto di auto.

I patti tra i big per il controllo dei mari

La posta in gioco delle nuove rotte attraverso Panama detta anche la formazione di mega consorzi per aggregare compagnie marittime, in piena febbre da fusione e consolidamento. Questi patti fra big rappresentano una via pesante per incrociare gli interessi delle autorità portuali americane ad avere sempre più clienti. Le più importanti sono L’Alleanza (con partner del calibro di Hapag-Lloyd,  NYK, K Line, Yang Ming), la Ocean Alliance (CMA CGM, China Cosco) e la 2M Alliance (Maersk, MSC). Queste tre alleanze hanno già coperto tre quarti del mercato globale dei container.

Tutto questo dà sostegno alla Associazione delle Autorità Portuali Americane quando davanti al Congresso e alla presidenza Trump presenta un programma di ammodernamento e sviluppo che richiede investimenti in infrastrutture per 66 miliardi di dollari nei prossimi dieci anni. Sia fronte mare dove si stimano 33,8 miliardi per migliorare e mantenere le profondità necessarie alle prospettive del traffico marittimo, sia sul versante terra con altri 32,2 miliardi per rifare strade, ponti, tunnel e infrastrutture portuali. Secondo la AAPA, l’attività dei porti marittimi sostiene il 26 per cento dell’intera economia statunitense. Un dato che, agli attuali ritmi di crescita, appare già sotto stimato.