Un ponte da 123 miliardi per l’America

Viaggio tra i 614mila ponti americani, tra investimenti necessari e opere iconiche

C’è sempre qualcosa di magico in un ponte. È un’opera dell’ingegno, è frutto della fantasia e dell’inventiva. Nasce dalla matita di un visionario e si realizza con la passione dei costruttori. È una struttura capace di superare un ostacolo naturale o artificiale, di collegare due paesi che si guardano dalle rive di un fiume, di ampliare e allo stesso tempo rendere più accessibili gli orizzonti di milioni di persone. Viaggiando lungo gli Stati Uniti si percepisce questa magia in tutta la sua energia.

Con i suoi 614.387 ponti, l’America vive e tramanda il sogno dei suoi pionieri attraverso queste fantastiche infrastrutture. Ogni stato, ogni contea ha la sua icona e la espone con orgoglio. Tra viadotti, ponti strallati, a sbalzo, sospesi a campata unica, ad arco, con tiranti in acciaio, con magnifiche strutture sovrastanti, si respira quasi un’aria di competizione nell’attraversarli. Il più alto, il più lungo, il più largo, E, ancora: il più visitato, fotografato, preso in prestito da Hollywood per la scena più romantica, quella più drammatica, l’azione più spericolata. Come a dire che c’è sempre un ponte dietro una storia di successo.

La pandemia non ha offuscato la bellezza di queste infrastrutture, l’ha resa più evidente. Le fotografie del ponte di Brooklyn a New York o del Golden Gate a San Francisco, durante le giornate di massima criticità del COVID-19, senza file di auto, né carovane di turisti lungo i viali pedonali ha esaltato l’importanza di queste opere. Per evitare la diffusione del virus, a novembre di quest’anno, non si svolgerà la Maratona di New York che l’anno scorso ha visto oltre 50.000 persone attraversare cinque ponti della metropoli: il Verrazzano-Narrows Bridge, il Pulaski, il Queensboro, il Willis Avenue e il Madison Avenue.

Ogni ponte ha la sua storia

 Ogni ponte ha la sua storia. Il Verrazzano, da dove parte la Maratona, si trova a sud-ovest di Manhattan e collega Brooklyn con il distretto di Staten Island. Quando è stato inaugurato nel 1964 era il ponte sospeso più lungo del mondo ed è ancora il più lungo degli Stati Uniti, con la sua campata unica di 1.298 metri. Oggi, è stato superato da una dozzina di strutture tra Giappone, Cina e Turchia, ben rappresentata da ben tre ponti sul Bosforo, due dei quali costruiti dal Gruppo Webuild.

A New York City con oltre 2.000 infrastrutture di attraversamento, tra ponti, viadotti e tunnel, fa concorrenza l’altro estremo del Paese, la California, dove accanto al Golden Gate di San Francisco, una delle infrastrutture più famose del mondo, ci sono il Bixby Creek Bridge e il Rocky Creek Bridge sulla celebre strada panoramica Big Sur che costeggia il Pacifico.

Viaggiando verso l’area di Los Angeles si attraversano centinaia di ponti, alcuni dei quali centenari, come il Colorado Street Bridge, costruito nel 1912. Altri, di costruzione più recente, sono diventati obsoleti a causa della crescita esponenziale del traffico, come alcuni nell’area portuale di Long Beach, tra cui il vecchio Gerald Desmond Bridge, che sta per essere sostituito con uno nuovo costruito dal Gruppo Webuild e dalla sua controllata americana Lane Construction. I lavori sono quasi ultimati e il nuovo Desmond, di vitale importanza per l’economia del Paese, è già riconosciuto come un esempio di innovazione e sostenibilità.

Innovazione per i ponti americani del futuro    

A nuove soluzioni tecnologiche guardano in particolare il Department of Transportation e la Federal Highway Administration per dare risposta all’invecchiamento delle infrastrutture esistenti. Ben quattro su dieci ponti hanno almeno 50 anni di età, e nove su cento, secondo le pagelle dell’American Society of Civil Engineers (ASCE), sono in condizioni strutturalmente carenti e ormai prossimi alla fine della loro vita progettuale.

La stessa ASCE, in una stima del 2017, considerava necessari investimenti per 123 miliardi di dollari per rimettere in sesto il panorama dei ponti americani. Una parte dei quali dovrebbe arrivare con i programmi varati o in discussione presso il Congresso, come il Moving Forward Act che prevede 1.500 miliardi di fondi per le infrastrutture ed è stato approvato il 30 giugno scorso dalla Camera, a maggioranza Democratica.

Un altro provvedimento, elaborato dal Senato, a maggioranza Repubblicana contempla fondi per mille miliardi di dollari. Contenuti e obiettivi dei due piani non sono coincidenti e, al momento, i finanziamenti potrebbero restare sulla carta in attesa delle elezioni Presidenziali di novembre.

Investire sui ponti USA: la risposta degli Stati

 Nei singoli Stati vanno avanti numerosi e rilevanti programmi di miglioramento. Viaggiando da Nord a Sud, da Est a Ovest si assiste, infatti, a un fermento di costruzioni, anche con l’adozione di speciali misure di sicurezza per tenere aperti i cantieri durante il periodo dell’emergenza pandemica.

Lane Construction e Webuild hanno vari progetti in corso di realizzazione. Nell’area di New York si è nella fase di demolizione, per poi iniziare con la sostituzione dell’Unionport Bridge, un collegamento importante nel Bronx. Si tratta di un ponte levatoio basculante che smista un traffico giornaliero di 50-60.000 autoveicoli.

La sostituzione di un ponte richiede a volte la messa in opera di una nuova infrastruttura mentre quella esistente è ancora in uso, come nel caso del Gerald Desmond. Si tratta di manovre complesse e di una gestione efficiente delle persone, dei macchinari e delle strutture da collocare per evitare che i lavori di costruzione interferiscano con il traffico giornaliero. Tra le varie strutture completate da Lane Construction negli Stati Uniti vi sono il Max Brewer Bridge, un collegamento cruciale per la zona di Cape Canaveral in Florida, e il Jordan Bridge di Norfolk in Virginia.

I ponti americani, icone consegnate alla storia

Da uno Stato all’altro s’incontrano icone incastonate nelle cartoline, come lo Smithfield Street Bridge di Pittsburgh, in Pennsylvania, il primo ponte a traliccio negli Stati Uniti a utilizzare le capriate d’acciaio. Si tratta di un’infrastruttura ultracentenaria (1883) rinnovata e ampliata nel corso degli anni. O come il “Big Mac” o Mackinac Bridge, il ponte sospeso di 8 km che collega le due penisole dell’enorme lago Michigan, quasi ai confini col Canada.  O il maestoso New River Gorge, sulle montagne appalachiane nella Virginia Occidentale, per molto tempo il ponte ad arco a campata più lunga del mondo e ancora oggi il terzo più alto in America.

La progettazione e la costruzione dei ponti conserva, inoltre, un ricco album di strutture “coperte”. Una categoria oggi abbandonata o, per lo più, entrata a far parte dei siti da preservare, senza più traffico di veicoli. Il Cataract Covered Bridge in Indiana, costruito nel 1876 è andato in pensione nel 2005, il Cornish-Windsor tra New Hampshire e Vermont, il Sachs in Pennsylvania e il Silk nel Vermont sono i campioni più noti di questa famiglia.

L’America concentra, soprattutto in Florida, la più vasta collezione al mondo di ponti e viadotti che si prolungano direttamente e completamente in mare per collegare le migliaia di strisce di sabbia diventate negli anni attraenti aree residenziali e mete turistiche, dalle coste del golfo del Messico a quelle dell’oceano Atlantico. In tutto, la Florida gestisce 12.355 ponti.

Si tratta di strutture che devono resistere all’impatto di tempeste tropicali o uragani. Il più antico di questi è il celebre Max Brewer Bridge che prende il nome dalla sua lunghezza e collega Miami alle Keys, formando una penisola artificiale che si prolunga verso il Mare Caraibico. Nato come ponte ferroviario, porta il 1912 come data di origine. Settant’anni dopo è stato completamente rimpiazzato e trasformato in una grande via di scorrimento per gli autoveicoli. Per lunghi tratti il nuovo ponte è accompagnato, a distanza parallela di un centinaio di metri, dalla vecchia struttura, oggi utilizzata, laddove possibile, da pedoni e ciclisti.

Il Seven Mile è il capostipite di una lunga serie di ponti altrettanto importanti e belli. La grande baia di Tampa, sulla costa del Golfo, ospita una vera e propria raggiera di attraversamenti artificiali sull’acqua ed espone uno dei ponti più eleganti costruiti negli Stati Uniti negli ultimi decenni, il Sunshine Skyway Bridge. In acciaio e cemento armato, lungo quasi sette chilometri, sale progressivamente per consentire il passaggio delle navi sotto la campata centrale.

Il reticolato di ponti e viadotti che si proiettano nella baia attribuisce al Sunshine Skyway un ruolo cruciale: l’altezza del ponte, infatti, determina l’accesso via mare alla terza città della Florida. Ma, con la realizzazione del nuovo canale di Panama, ultimata nel 2016 da un consorzio di costruttori europei guidato dal Gruppo Webuild, il traffico marittimo è cambiato e l’altezza centrale del Sunshine Skyway non consente il transito delle grandi navi mercantili e da crociera del tipo New Panamax.

La baia di Tampa non presenta i requisiti minimi di 50 piedi di pescaggio per le New Panamax e l’idea di renderla navigabile è stata a suo tempo accantonata. Dunque, quel ponte strallato costruito nel 1987, pur rappresentando una barriera all’ingresso delle grandi navi, non dovrebbe essere messo in discussione. Almeno per il momento.

La situazione è apparsa subito differente, invece, a Long Beach che, con 50 chilometri di lungomare, 10 moli, 66 gru New Panamax, era uno dei pochi porti statunitensi ad avere preparato fin dall’inizio ormeggi adeguatamente profondi per le navi giganti. Inoltre, il vecchio ponte Gerald Desmond non sosteneva più il livello di traffico di autoveicoli verso il porto, che insieme al gemello maggiore di Los Angeles gestisce il 37% dell’intero commercio via mare degli Stati Uniti.

Grandi ponti americani: infrastrutture strategiche per il paese

Negli ultimi dieci anni è cresciuta sensibilmente la consapevolezza, da parte delle amministrazioni americane, che i ponti sono infrastrutture indispensabili e che richiedono manutenzioni significative e sostituzioni tempestive.

La mobilità delle persone e la sicurezza dei viaggiatori ha acquisito un peso determinante sui finanziamenti da deliberare, soprattutto pensando al rapporto dell’American Society of Civil Engineers, secondo cui nel 2016 attraverso i 56.000 ponti classificati come strutturalmente carenti sono transitati 188 milioni di veicoli, ogni giorno.

Rinnovare i ponti significa quindi tutelare un patrimonio storico e funzionale degli Stati Uniti oltre che proteggere la vita di milioni di persone.