Usa: le grandi città chiedono aiuto al governo

I fondi federali necessari per non fare bloccare i grandi progetti infrastrutturali

L’ingrediente principale della ricetta di rilancio economico degli Usa dalla crisi del Covid-19 sembrano essere gli investimenti infrastrutturali nelle grandi città, perché proprio le città rappresentano oggi il luogo fisico dove il contraccolpo dell’epidemia sul lavoro e sul benessere si farà sentire in modo più drammatico.

A lanciare l’allarme è stata nei giorni scorsi la National League of Cities (NLC), l’organizzazione che rappresenta e analizza l’andamento economico delle principali metropoli statunitensi. Secondo uno studio della NLC condotto su 1.100 municipalità nei prossimi tre anni le amministrazioni cittadine dovranno fare i conti con un calo delle entrate pari a 360 miliardi di dollari. Come conseguenza, il 74% di esse sembra obbligato a inaugurare politiche di tagli, anche nel settore delle infrastrutture. In particolare, se la situazione dovesse rimanere invariata nei prossimi mesi, il 65% delle grandi città dovrà operare dei tagli sulle spese in conto capitale e nella fattispecie sugli investimenti nelle grandi opere.

Un rischio che – secondo la National League of Cities – potrebbe essere scongiurato se il Governo federale ma anche i governi dei singoli stati arrivassero in modo ancora più massiccio politiche di sostegno alla crescita e intervenissero direttamente sulle amministrazioni locali per coprire i buchi finanziari dovuti alla crisi del virus.

«Senza un intervento urgente del Congresso – ha dichiarato Clarence Anthony, Ceo della National League of Cities, commentando lo studio – i ritardi o addirittura le cancellazioni di progetti infrastrutturali già previsti innescherebbero nell’economia nazionale un effetto a catena come non si vede da decenni».

Moving Forward Act: il piano del Congresso

Il governo federale, così come il Congresso, sembrano aver raccolto l’appello lanciato dalle grandi città e sono tuttora impegnati per elaborare piani di sviluppo che, una volta superata l’emergenza contingente, possano dare una spinta all’economia nel medio e lungo periodo.

Alla fine di giugno il Congresso ha reso pubblico il nuovo piano (The Moving Forward Act) da 1,5 trilioni di dollari per le infrastrutture. Il piano rientra all’interno del mega progetto INVEST in America (Investing in a New Vision for the Environment and Surface Transportation Act).

Il piano, che occupa lo spazio lasciato vacante dal FAST (Fixing America’s Surface Transportation Act), terminato il 30 settembre scorso, deve essere adesso rifinanziato dal Congresso ma il suo futuro dipende ovviamente dal dibattito politico tra Repubblicani e Democratici al Senato dopo il voto favorevole del Congresso del 1° luglio scorso.

Nel frattempo sono già emersi i primi dettagli su come saranno ripartire le voci principali di finanziamento. Trecento miliardi di dollari dovrebbero essere investiti per rimettere in sesto i grandi ponti che strutturalmente hanno i problemi maggiori; 100 miliardi per l’edilizia abitativa; 40 miliardi per le infrastrutture idriche in particolare nella gestione delle acque reflue; 25 miliardi per gli impianti di potabilizzazione; 70 miliardi per l’energia rinnovabile e la rete elettrica; 30 miliardi per ospedali e settore sanitario; 3 miliardi per le coste dei grandi laghi e per proteggere alcune zone costiere marine.

The Moving Forward Act: investire nelle infrastrutture Usa

Il tema infrastrutturale è ormai da anni al centro del dibattito politico statunitense. Tanto l’Amministrazione Obama quando l’Amministrazione Trump hanno più volte ribadito il valore strategico degli investimenti nel settore, e l’attuale Presidente si è spinto oltre auspicando una nuova stagione di grandi investimenti nelle opere pubbliche come motore per l’economia degli Usa.

The Moving Forward Act, oggi al centro del dibattito politico, punta proprio a questo e con la sua dotazione di 1,5 trilioni di dollari promette di rimettere in modo il sistema produttivo del paese.

Il cuore del piano sono prima di tutto le infrastrutture tradizionali, quelle che l’ASCE (American Society of Civil Engineers) ha in più occasioni definito decadenti e pericolose.

Strade, ponti, rete di trasporto ferroviaria e metropolitana, aeroporti, porti sono quindi i settori che beneficeranno degli stanziamenti più cospicui. Oltre ai 300 miliardi da stanziare per la manutenzione dei ponti, 100 miliardi di dollari saranno investiti sulla mobilità sostenibile, attraverso l’acquisto di autobus a emissioni zero, ma anche all’ampliamento della rete ferroviaria e metropolitana cittadina. I fondi per il colosso Amtrak, che gestisce il trasporto pubblico su ferro, saranno triplicati fino a 29 miliardi di dollari, una cifra che permetterà l’ampliamento della rete e la modernizzazione dei treni. Il paese guarda ai grandi progetti come il primo treno ad alta velocità che coprirà la distanza tra Houston e Dallas/Fort Worth in soli 90 minuti. Un treno ultramoderno, con corse ogni 30 minuti nelle ore di picco, che contribuirà a riscrivere in chiave sostenibile la mobilità del Texas.

Molto sarà fatto anche in tema di gestione idrica, considerato l’impatto che le calamità atmosferiche come la siccità o le inondazioni continuano ad avere su molte regioni degli Usa. Nella gestione delle acque reflue, dove sono già in corso progetti di grande impatto come il Clean River Projects (al quale partecipa anche il Gruppo Webuild) che prevede la pulizia e la gestione delle acque reflue dei grandi fiumi di Washington D.C., saranno stanziati 40 miliardi di dollari: e 25 miliardi finiranno per sostenere la costruzione di nuovi impianti di trattamento idrico, così da assicurare il fabbisogno di acqua potabile nelle grandi città.

Fin qui la strada tracciata dai progetti di riforma e sviluppo, una strada che sembra obbligata di fronte al rischio di una crisi prolungata nel tempo che scopra proprio nelle grandi metropoli Usa il suo anello più debole.