Accordo di Parigi sul clima: cos’è e cosa prevede

Gli Accordi di Parigi del 2015 rappresentano un punto di svolta a livello internazionale per quanto riguarda il processo di transizione ecologica verso la sostenibilità ambientale nella lotta contro i cambiamenti climatici. L’Accordo di Parigi è il trattato internazionale stipulato tra gli Stati membri dell’UNFCC il 12 dicembre 2015, in occasione della Cop 21 ospitata a Le Bourget, nei pressi della capitale francese. Nei decenni si sono succedute in tutto 26 Conferenze delle Parti (COP) della Convenzione quadro delle Nazioni Unite sui cambiamenti climatici (UNFCCC). L’ultima, nell’autunno del 2021, si è tenuta a Glasgow, nel Regno Unito; la prossima, la Cop 27, si terrà invece a Sharm el-Sheikh, in Egitto, mentre le successive si terranno negli Emirati Arabi e in Ucraina, a Odessa. Ma cosa sono gli Accordi di Parigi sul clima, cosa prevedono, e come si è sviluppato il processo innescato da questa intesa negli anni seguenti?

Cos’è l’Accordo di Parigi sul clima

La comunità scientifica internazionale è concorde nell’individuare nell’inquinamento di origine antropica la causa principale dei cambiamenti climatici in corso. Si parla quindi del riscaldamento globale, dello scioglimento dei ghiacci, dell’aumento della frequenza degli eventi meteorologici estremi, di ondate di calore, di siccità e di gravi minacce alla salute umana e in generale alla biodiversità. Agire contro le conseguenze catastrofiche del climate change è un obbligo, ed è questo l’obiettivo della Convenzione quadro delle Nazioni Unite sui cambiamenti climatici.

Gli Accordi di Parigi sul clima rappresentano, in questo scenario, il primo trattato a livello universale giuridicamente vincolante per la lotta ai cambiamenti climatici: tutte le precedenti Cop, a partire dalla prima Cop di Berlino del 1995, possono quindi essere visti come altrettanti passaggi preliminari per arrivare a questa intesa internazionale. Nel dettaglio, il processo negoziale era iniziato con la Cop 17 di Durban, e ha portato alla negoziazione dei 197 Stati membri dell’UNFCCC.

È possibile definire gli Accordi di Parigi come una legge quadro internazionale, che per essere effettivamente implementata dai paesi firmatari abbisogna di precise leggi attuative. Per entrare in vigore, l’Accordo di Parigi doveva essere ratificato da almeno il 55 Paesi, che rappresentassero il 55% delle emissioni planetarie di gas serra. Questo traguardo è stato raggiunto il 4 novembre 2016, un anno dopo la Cop di Parigi. Attualmente, dei 197 paesi della Convenzione, 191 hanno deciso di far parte degli Accordi, con 195 firmatari complessivi; tutti i paesi che fanno parte dell’UE hanno ratificato gli Accordi sul clima di Parigi.

Cosa prevedono gli Accordi di Parigi sul clima?

Le azioni da mettere in campo per implementare gli Accordi di Parigi sono tantissime e molto diverse tra loro. L’obiettivo dell’intesa internazionale è però unico: muoversi a livello globale per contenere l’aumento delle temperature medie globali, mantenendo l’incremento delle temperature medie al di sotto dei 2 gradi centigradi rispetto ai livelli misurati in epoca preindustriale. Come meglio precisato successivamente, l’obiettivo primario a cui puntare è quello di mantenere l’aumento entro gli 1,5 gradi centigradi. Per ottenere un risultato di questo tipo, la strada da percorrere è quella del calo drastico delle emissioni di gas a effetto serra. L’Unione Europea, per dare il proprio contributo per raggiungere questi fondamentali obiettivi, si è impegnata a ridurre le emissioni inquinanti di almeno il 55% entro il 2030, andando quindi ad alzare l’asticella dell’impegno richiesto rispetto a quanto decretato nel 2014, quando la riduzione proposta puntava al 40%. Quello sarà peraltro solo il primo traguardo da raggiungere: l’UE si impegna infatti a raggiungere la neutralità climatica entro il 2050.

Per fare in modo che le emissioni globali inizino a ridursi in modo concreto, costante e veloce, gli interventi da mettere in campo sono i più differenti: si parla della dismissione delle fonti energetiche da combustibili fossili, di edilizia sostenibile, di economia circolare e via dicendo.

Il limite di 1,5 gradi centigradi per l’aumento delle temperature

Come si è visto, l’obiettivo principale degli Accordi di Parigi è quello di contenere l’aumento delle temperature medie globali: le emissioni di gas serra hanno infatti come effetto il surriscaldamento del pianeta, il quale a sua volta mette in moto molteplici processi distruttivi. La comunità scientifica ha calcolato che, per ridurre le conseguenze dei cambiamenti climatici, la soglia da non oltrepassare sia quella degli 1,5 gradi di incremento rispetto all’epoca preindustriale. Superare questo limite, che non è solo psicologico, significherebbe veder sparire completamente il ghiaccio estivo nell’artico, processo che porterebbe a un ulteriore aumento delle temperature per via del maggiore assorbimento di calore da parte dell’acqua. Si sconterebbe inoltre un aumento del livello medio dei mari, nonché un probabile mutamento della Corrente del Golfo, con danni enormi per l’agricoltura, per gli habitat di tantissime specie, e via dicendo. Restare al di sotto degli 1,5 gradi centigradi significa quindi salvare il pianeta per come lo si conosce ora.

 

Gli sviluppi degli Accordi di Parigi

Si è visto che gli Accordi di Parigi sono entrati in vigore alla fine del 2016. Tra gli sviluppi più importanti negli anni successivi vi è per esempio la creazione del Pacchetto di Katowice, adottato durante la Cop 24 del 2018: al suo interno si trovano procedure e norme che permettono di rendere operativi gli Accordi della Cop 21 in Francia.

Nell’ultima Cop, tenutasi come anticipato nel Regno Unito, è stato sottolineato come i progressi compiuti non siano sufficienti per garantire il raggiungimento degli obiettivi previsti dagli Accordi di Parigi. Al termine della Cop 26 si è quindi deciso di intensificare gli investimenti per il clima, ed è stato adottato l’impegno globale di ridurre le emissioni di metano di almeno il 30% entro la fine del decennio.

A inizio 2022 il Consiglio UE ha ribadito la necessità di agire in modo sistematico nella lotta al cambiamento climatico, invitando tutti i paesi sviluppati a fare del proprio meglio per rispettare l’obiettivo collettivo di mobilitare 100 miliardi di dollari all’anno per finanziare a livello globale i necessari investimenti sostenibili.