Costruzioni antisismiche: la vulnerabilità delle infrastrutture italiane

Sicurezza sismica: l’attenzione ora è sulle infrastrutture

La storia d’Italia è segnata da terribili terremoti. Il terremoto di Messina nel 1908 provocò circa 100mila morti, ma già nel 17° secolo il Terremoto della Val di Noto aveva provocato 60mila morti, e un secolo dopo si verificò un sisma sullo Stretto che provocò 50mila vittime. Difficile contare, poi, i terremoti che nella storia hanno colpito aree come l'Abruzzo, l'Irpinia e il Friuli.
Se guardare al passato lontano è più facile, nessuno può oggi dimenticare i terremoti più recenti, quello del Friuli con 989 morti, dell'Irpinia con 2.914 vittime, dell'Aquila con 309 morti, o di Amatrice con 299 caduti.

L'Italia è uno dei Paesi a maggiore rischio sismico nell'intera area Mediterranea, trovandosi lì dove convergono la zolla euroasiatica e quella africana. La mappa sismica del Paese presenta una profonda linea viola, dai contorni rossastri, che lo attraversa al centro. Soprattutto lì - ma non solo - le strutture realizzate senza rispettare i criteri antisismici, sono a rischio crollo. Questo perché, per esempio, le pareti degli edifici che non sono stati realizzati tenendo conto della sicurezza sismica, non essendo collegate in modo adeguato ai solai cadono, lasciando precipitare verso il basso i sottotetti. La prima scossa smuove le fondamenta e fa tremare i piani bassi e oscillare i piani alti; la seconda spezza gli edifici, come se fossero costruiti con del ghiaccio pronto a frantumarsi. Questo non accade invece con le costruzioni antisismiche che, rendendo più flessibile la struttura, le consentono di ondeggiare senza spezzarsi.

Costruzioni antisismiche in Italia: la situazione case

Secondo la quasi totalità degli studi italiani, solo il 25% delle case italiane è realizzato seguendo le tecniche di costruzione antisismica. Come ha affermato in diverse occasioni Armando Zambrano, Presidente del Consiglio Nazionale degli Ingegneri, l'Italia è costituita perlopiù da “un patrimonio storico vecchio, con edifici ancora realizzati in pietra o materiali non sempre resistenti”. Esistono ovviamente delle leggi che obbligano chi realizza nuovi edifici a rispettare minuziosamente le tecniche e le regole delle costruzioni antisismiche. La mancanza di una diffusa cultura antisismica, però, porta l'Italia a trascurare il problema dei vecchi edifici, per i quali gli ammodernamenti restano un atto volontario dei proprietari, da finanziare in gran parte di tasca propria. L'insufficiente attenzione nei confronti del rischio sismico, del resto, è dimostrata anche dalla fetta marginale di abitazioni assicurate contro i danni da terremoto: in Italia, solo l’1% degli edifici possiede questa polizza.

Esattamente due anni fa, su mandato del governo, il rettore del Politecnico di Milano Giovanni Azzone ha effettuato una stima del costo della messa in sicurezza sismica dell'Italia. Il risultato presenta un'ampia forbice che va dai 36,8 miliardi di euro agli 850 miliardi di euro. I fattori da prendere in considerazione sono tanti e sono ancora di più le variabili. Azzone ha per esempio calcolato che applicare il Sismabonus ai soli 648 comuni maggiormente in pericolo a livello nazionale - e solamente agli edifici in muratura portante - avrebbe significato una spesa di 25 miliardi di euro. Allargando il numero dei comuni interessati e includendo anche gli edifici in cemento armato realizzati fino al 1981, la cifra stimata arriva, per l'appunto, a 850 miliardi di euro.

Va peraltro detto che, in relazione al nuovo, le costruzioni sismiche non prevedono un costo eccessivamente maggiore rispetto a quello basilare: si calcola in genere un 10% in più. Queste spese servono per rendere le case maggiormente elastiche, con l'utilizzo, per esempio, di un acciaio più plastico. E ancora, servono per rafforzare ulteriormente la struttura con delle gabbie in cemento armato, nonché per posizionare dissipatori e smorzatori, e quindi gli elementi fondamentali per la sicurezza sismica.

La sicurezza sismica delle infrastrutture italiane

A partire dal crollo del Ponte Morandi, l'attenzione per la sicurezza delle costruzioni italiane si è spostata in buona parte verso le grandi infrastrutture. Come affermato di recente da Mauro Fabris, vicepresidente della Strada dei Parchi, “il 60% delle infrastrutture in Italia non è a norma antisismica”. Fabris parte dall'analisi delle due autostrade sotto la gestione dell’ente che dirige, ovvero A24 e A25, per le quali è stata disposta, nell'ottobre 2018, una limitazione ai mezzi pesanti su ben 87 viadotti.
Ma come si può affrontare il rischio sismico su un'infrastruttura autostradale? Si possono usare i fondi pubblici in modo radicale, per abbandonare del tutto i viadotti a rischio e cambiare in buona parte tracciato. Nel caso delle autostrade A24 e A25 è stata proposta per esempio la sostituzione dei viadotti con delle gallerie, ipotesi che però è stata bocciata dal Ministero. Quindi si è scelto di procedere con degli interventi contenitivi, per rimettere in sesto i giunti dei viadotti.

Di certo i problemi legati alla sicurezza sismica dei viadotti italiani non si limitano alle A24 e A25, e nemmeno alla sola rete autostradale. Si pensi per esempio al ponte stradale più alto d'Italia: il Viadotto Sente, tra Abruzzo e Molise, chiuso ormai dall'autunno scorso per la rotazione di un pilastro che ha messo seriamente a rischio, a livello statico ancora prima che sismico, la tenuta del viadotto.

Quando si parla di infrastrutture e di rischio sismico, non ci si riferisce solamente a ponti e a viadotti. Anche le gallerie sono infatti tra le infrastrutture strategiche da analizzare ai fini della sicurezza sismica. La criticità di queste opere di ingegneria, però, è minore rispetto a quella tipica dei viadotti, e in ogni caso dipende in primo luogo dalla conformazione rocciosa che caratterizza il territorio in cui sono state ricavate.