“Maradona ha incarnato il simbolo di riscatto di una squadra alla quale, negli anni più bui, ha dimostrato che è possibile rialzarsi, vincere e trionfare, offrendo al tempo stesso un messaggio di speranza e di bellezza all’intera città perché, attraverso le vittorie calcistiche del fuoriclasse argentino a vincere non è stata soltanto la squadra del Napoli, ma l’intera città, che si identifica pienamente in lui”. Sono queste le parole con cui, il 4 dicembre del 2020, pochi giorni dopo la morte di Diego Armando Maradona, la Giunta Comunale di Napoli ha approvato la proposta del sindaco Luigi de Magistris di intitolare lo Stadio San Paolo al campione argentino. Non sono certo mancate delle critiche a questa scelta, tra chi riteneva fondamentale mantenere il nome del santo protettore di Pozzuoli, per l’appunto San Paolo, e tra chi proponeva di usare entrambi i nomi, denominando dunque lo stadio San Paolo – Maradona. Questo, del resto, è solo l’ultimo capitolo di uno stadio dalla storia lunga e interessante, fin dalla sua progettazione.
Prima dello Stadio San Paolo
Prima del secondo conflitto mondiale il più importante stadio di Napoli era il famoso stadio Partenopeo, anche noto come stadio Ascarelli. Costruito nel 1930 con tribune in legno e ricostruito in buona parte nel 1934 con tribune in cemento armato, in vista dei mondiali, lo stadio Partenopeo fu raso al suolo dai bombardamenti nel 1942. Negli anni immediatamente successivi al conflitto la squadra del Napoli si spostò presso il piccolo stadio del Vomero, nell’attesa della costruzione di un nuovo stadio.
La progettazione e la costruzione dello Stadio San Paolo
Per la posizione del nuovo stadio si scelse il quartiere Fuorigrotta, all’epoca protagonista di una veloce urbanizzazione. Il progetto venne affidato all’architetto Carlo Cocchia, già professore presso la Facoltà di Architettura di Napoli e da lì a poco presso il Politecnico di Milano. Cocchia firmò, oltre allo Stadio San Paolo, anche la Centrale Elettrica del Volturno, il fabbricato viaggiatori della Stazione Centrale di Napoli, il complesso termale di Castellammare, il Policlinico universitario e tante altre opere pubbliche di rilievo.
Il primo disegno ipotizzò uno stadio costruito su un solo anello ellittico, mentre nei disegni successivi si aggiunse un secondo anello, separato, posto al di sotto del livello stradale. Nello specifico, Cocchia progettò queste grandi ellissi in cemento armato, con gli spalti rivestiti in travertino, richiamando un’estetica vicina da questo punto di vista al razionalismo fascista. Per descrivere lo Stadio San Paolo, in realtà, si usa spesso l’aggettivo brutalista, rifacendosi al movimento architettonico sviluppatosi in Europa proprio negli anni Cinquanta: altro stadio famoso che risponde a questi canoni è il Meazza di San Siro, a Milano, le cui caratteristiche uniche sono rimaste ben evidenti anche dopo la riqualificazione ad opera di Salini Impregilo, alla fine degli anni Ottanta.
Lo Stadio San Paolo in origine si presentava già a livello progettuale come uno stadio en plein air, senza nessuna copertura, come tanti colleghi in sudamerica. A rendere immediatamente riconoscibile l’opera erano poi i caratteristici costoloni esterni in cemento armato – in tutto 56 – a cui si aggiungevano le grandi rampe d’accesso.
I lavori per la costruzione del San Paolo di Napoli iniziarono il 27 aprile del 1952, con la posa della prima pietra salutata da una cerimonia alla presenza del presidente del Consiglio Alcide De Gasperi. La costruzione, a opera del Genio Civile, durò 7 anni, con l’inaugurazione che ebbe luogo il 6 dicembre del 1959, con una sfida di campionato tra Napoli e Juventus (vinta dai padroni di casa per 2 a 1).
Lo stadio, in origine chiamato Stadio del Sole – a rimarcare la rinascita della città dopo il periodo bellico – ospitava una pista di atletica con sei corsie. Nel giro di 4 anni la struttura venne intitolata al santo protettore di Pozzuoli; già negli anni Ottanta fu in realtà avanzata l’idea di un nuovo nome, per dedicare lo stadio ad Attila Sallustro, grande attaccante partenopeo negli anni Trenta e poi responsabile dell’impianto. L’opposizione del vescovo di Pozzuoli, però, fu netta.
I posti dello Stadio San Paolo
Al momento della sua costruzione lo Stadio San Paolo contava in tutto posti per 90.000 spettatori in piedi. Lo Stadio Olimpico, a Roma, inaugurato 6 anni prima, contava per esempio 100.000 persone in piedi (per arrivare a 65.000 spettatori seduti nel 1960 e agli 82.000 spettatori seduti con i lavori targati Salini Impregilo tra il 1987 e il 1990). Attualmente, dopo i vari lavori di ristrutturazione, i posti dello Stadio Maradona sono 54.726. Si tratta di capienze importanti, ma sicuramente di molto inferiori a quelle degli stadi più grandi del mondo, dal Rungrado May Day Stadium in Corea del Nord, con 150mila posti, al Bryant-Denny Stadium, in Alabama, con 101.821 posti.
Ammodernamenti e ristrutturazione
I primi importanti lavori di riqualificazione dello stadio San Paolo furono messi in campo in occasione dei campionati europei del 1980. Venne ripensato l’impianto di illuminazione, venne aggiunto il tabellone luminoso e, soprattutto, venne realizzato un fabbricato di due piani lì dove si presenta la tribuna oggi denominata Posillipo. Negli anni successivi, con una domanda sempre più alta di ingressi – dovuti per l’appunto al reclutamento di Maradona – avanzarono le prime domande per l’autorizzazione per una sopraelevazione dello stadio, in modo da poter ospitare un maggior numero di spettatori.
La costruzione del terzo anello venne però realizzata solo in occasione dei Mondiali di Calcio del 1990. La sopraelevazione, in termini di utilizzo, ebbe però vita breve, con il terzo anello che venne chiuso al pubblico in poco tempo per mai sistemati problemi di stabilità. A cambiare del tutto l’immagine dello stadio è stata però l’aggiunta della copertura lucida in policarbonato, certamente utile per proteggere gli spettatori, ma tale da togliere il carattere originale e unico all’opera. Sempre in occasione dei Mondiali del ’90 furono realizzati anche dei parcheggi sotterranei, altro punto critico per la storia moderna del San Paolo, mai effettivamente utilizzati a causa di molteplici problemi logistici.
Lavori successivi sono stati effettuati in ogni caso anche negli anni Duemila, con un restyling del 2010 e un ulteriore intervento su tutti i settori nel 2019, in occasione dell’assegnazione alla città partenopea della XXX Universiade. Con la scelta dei nuovi seggiolini, più ampi, e con l’installazione di grandi maxischermi, la capienza totale dello stadio è stata rivista leggermente al ribasso.