La Cina alla conquista delle rinnovabili

La Cina è oggi il più grande produttore al mondo di energia elettrica da fonti rinnovabili

Essere il Paese più inquinante al mondo e allo stesso tempo il maggior produttore di energie “pulite”. È questo il paradosso della Cina, la fabbrica del pianeta che ha deciso – ormai da anni – di cogliere la sfida energetica, riducendo gradualmente l’utilizzo del carbone, per privilegiare l’idroelettrico, l’eolico, il solare e il nucleare.
Per questo, nel dicembre scorso, si sono incontrati il Vice Premier della Repubblica Popolare Cinese, Zhang Gaoli, e il Direttore Esecutivo dell’International Energy Agency, Fatih Birol, in visita a Pechino proprio per discutere sulla transizione energetica del Paese. Un percorso avviato da diversi anni e rilanciato all’inizio del 2017 con un nuovo piano che prevede, entro il 2020, investimenti in energie rinnovabili per 367 miliardi di dollari, necessari per raggiungere l’obiettivo finale, fissato al 2030, quando il 20% dell’energia prodotta in Cina dovrebbe venire proprio da fonti rinnovabili.

La turbina cinese delle energie rinnovabili

Sebbene l’inquinamento continui a causare ogni anno 1,1 milioni di morti, la corsa della Cina sulle rinnovabili è impressionante. Il McKinsey Global Institute calcola che il Paese è ormai il più grande produttore mondiale di energia solare e solo nel 2016 ha raddoppiato la quantità di energia prodotta da questa fonte. Nel 2015 ha installato più capacità eolica di Stati Uniti, Germania e India messi insieme; ed è lo Stato dove vengono vendute più macchine elettriche che in ogni altra parte del mondo.

cina-energia-rinnovabile_02

Numeri e curiosità che raccontano di come il governo di Pechino stia spingendo verso una politica economica, ma anche culturale, di trasformazione energetica, che ha effetti importanti anche sul mondo del lavoro. Secondo la International Renewable Energy Agency in Cina 2,5 milioni di persone lavorano nel settore dell’energia solare (3,5 milioni in tutte le energie rinnovabili), rispetto alle 260.000 impiegate negli Stati Uniti. Contestualmente il governo prevede che nel breve periodo il numero di lavoratori nelle miniere di carbone verrà tagliato di 1,3 milioni di unità. Una forte spinta occupazionale sarà garantita dai 367 miliardi di dollari di investimenti lanciati nel 2017 che – certifica la National Energy Administration cinese – porteranno alla creazione di 10 milioni di posti di lavoro.

Del resto, il piano di trasformazione energetica non è solo un gesto illuminato per ridurre l’inquinamento atmosferico, ma risponde alla volontà delle autorità cinesi di conquistare anche la leadership industriale in quello che considerano uno dei grandi business del futuro. Già oggi il Paese è il più grande produttore ed esportatore di tecnologie legate alle energie rinnovabili, producendo da solo circa due terzi dei pannelli solari e la metà delle turbine eoliche presenti sul mercato mondiale. Uno degli esempi visibili di questa eccellenza è l’impianto solare galleggiante di Anhui, il più grande al mondo, formato da 100 miglia quadrate di pannelli solari che galleggiano su un lago e producono energia per 15.000 case.
Tutto è enorme in Cina e così l’affrancamento dal carbone di un Paese che paga un prezzo altissimo in termini di vite umane in nome dello sviluppo economico, è presto diventato un caso mondiale tanto da convincere gli Usa a minacciare alla World Trade Organization la possibilità di imporre nuovi dazi ai pannelli solari provenienti dalla Cina.

cina-energia-rinnovabile_03

La forza dell’idroelettrico in Cina

Uno dei grandi fattori che spingono la trasformazione energetica cinese è sicuramente legato allo sviluppo dell’idroelettrico. Attualmente la Cina è il primo produttore al mondo di idroelettrico e solo nel 2016 ha aumentato la sua capacità installata da 11,74 a 330 GW, oltre un quarto del totale globale.
Il dato è certificato dalla International Hydropower Association che ha sottolineato, per il futuro, l’impatto energetico che avranno tre grandi impianti commissionati nel 2016: quello di Xianju (1.500 MW), di Hongping (1.200 MW) e di Qingyuan (960 MW). In realtà, secondo quanto confermato dalle “Guidelines on promoting the development of small hydropower industry” scritte dal Ministry of Water Resource della Cina, lo sviluppo del settore da qui al 2030 passerà anche per la realizzazione di piccoli impianti idroelettrici, che avranno un impatto minore sull’ambiente e rispetteranno tutte le più avanzate best pratice mondiali previste nella costruzione delle dighe.
Un’altra sfida che la Cina è pronta ad affrontare per raggiungere l’obiettivo finale di dar vita ad un’economia a trazione energetica “pulita”.