Le nuove infrastrutture in California partono dal Sud

Los Angeles e San Diego investono su opere sostenibili

L’era del cosiddetto Burgernomics, dove si guardava al prezzo del Big Mac di McDonald’s per stabilire la parità del potere di acquisto fra i diversi stati americani, è stata sostituita – sebbene non ufficialmente – dalla Gasnomics, che misura il prezzo di un gallone di benzina. Soprattutto lungo la West Coast l’oscillazione assume picchi insoliti. Dall’anno scorso a oggi in California le stazioni di servizio hanno aumentato mediamente del 50% i prezzi per la qualità più economica, la Regular, che oscilla sui 7 dollari, il doppio di quanto pagano, per esempio, gli automobilisti in Georgia, che mantiene i prezzi più bassi di tutti.

Per fare il pieno di un’auto nell’area di Los Angeles occorrono 100-120 dollari, mentre per un camion si superano i mille dollari. La pandemia, le interruzioni nella catena distributiva e la lontananza dalle raffinerie, la guerra in Ucraina, le lobby del petrolio e le tasse più alte, tutto ha influito. La California ha il maggior numero di auto di qualsiasi stato e alcuni dei tempi di pendolarismo più lunghi della nazione, con la mobilità messa a dura prova ogni giorno.

Il Dipartimento dei Trasporti della California (Caltrans) intende colmare al più presto il divario certificato nel 2019 dall’ASCE (American Society of Civil Engineers) che ha assegnato una media pari a C- per le sue infrastrutture, un livello che richiede attenzione perché vi sono segni di deterioramento e rischi di tenuta. Una situazione che peggiora nel dettaglio, perché, se i ponti e il trasporto pubblico sono in classe C-, le strade hanno invece una pagella inferiore, la D, come il trattamento delle acque piovane (D+) e il settore dell’energia (D-).

Nuove infrastrutture in soccorso di Los Angeles e San Diego

Primi obiettivi nella lista del governo statale sono i due principali mega-centri urbani, Los Angeles e San Diego, entrambi nell’area SoCal, Southern California, dov’è dislocato il numero più alto del Paese di basi militari o dove l’attività portuale e aeroportuale è al primo posto. L’esigenza di infrastrutture adeguate ed efficienti è, dunque, di primaria importanza e urgenza.

Cantieri e opere idrauliche sono ovunque e negli ultimi due anni, malgrado il Covid, lo skyline della SoCal si è arricchito con ponti e autostrade, come l’attuale icona di Long Beach, il nuovo ponte Gerald Desmond, costruito da Lane (Gruppo Webuild) nel 2020 e rinominato in aprile come il Long Beach International Gateway Bridge. Con le sue due torri alte 515 piedi (157 metri) «è un punto di riferimento luminoso per la nostra città, accogliendo visitatori da tutto il mondo», ha detto il sindaco di Long Beach, Robert Garcia, all’approvazione del nuovo nome e al passaggio di proprietà dal porto a CalTrans, visto che il ponte è parte integrante della autostradale dell’area Los Angeles-Long Beach-San Diego.

Il sistema delle highway è in via di ampliamento in varie regioni meridionali, come nell’Inland Empire, dove Lane sta costruendo due corsie veloci per ogni senso di marcia della I-10 nel corridoio Los Angeles/San Bernardino County, che include la sostituzione di otto ponti e l’allargamento di altri otto.

Oltre a Lane, vi sono altri grandi costruttori impegnati nel miglioramento di ponti, vie d’acqua, raccordi autostradali. Gli investimenti in infrastrutture si dirigono in particolare modo sulla sicurezza, non solo del traffico: è il caso del San Diego Coronado Bay Bridge Suicide Deterrent Project. Il ponte, costruito nel 1969, lungo 2.1 miglia (3,4 km) e alto 200 piedi (60 metri) al punto massimo, ha registrato dalla sua apertura oltre 400 morti per suicidio, un numero che lo posiziona al secondo nello stato dopo il Golden Gate di San Francisco. Il progetto, con reti e installazioni per impedire il salto nel vuoto, punta a rendere sicura questa infrastruttura super fotografata nella baia di San Diego.

Impianti idrici per proteggere la California dai cambiamenti climatici

Non solo strade e ponti, per la città di San Diego. Il sindaco Todd Gloria ha annunciato nel settembre scorso la firma di un prestito con l’Agenzia per la protezione ambientale per riparare il vecchio sistema di drenaggio delle tempeste. Si tratta di fondi per 733 milioni di dollari in cinque anni per oltre 80 progetti destinati alle acque piovane.

«Il nostro sistema di drenaggio delle tempeste è in gran parte sotterraneo e nascosto, ma le implicazioni del fallimento di questo invecchiamento delle infrastrutture sono enormi: dalle gravi inondazioni nei nostri quartieri all’inquinamento delle nostre baie e dell’oceano», ha affermato Gloria in una nota. «Sebbene la sostituzione dei tombini e l’aggiornamento delle stazioni di pompaggio non catturi l’attenzione del pubblico come riparare le buche, questi importanti investimenti in infrastrutture critiche sono incredibilmente importanti per i nostri quartieri e la qualità della vita».

La spesa per colmare il ritardo in progetti d’infrastrutture cruciali, secondo il San Diego Union-Tribune dovrebbe essere di 4,12 miliardi di dollari nei prossimi cinque anni, contro una spesa della città nel 2022 di 542 milioni, salita rispetto ai 363 milioni del 2012, ma sempre lontana dagli obiettivi dell’amministrazione. Tra i cui piani vi è il cosiddetto Pure Water, lanciato l’anno scorso e pensato per garantire a San Diego lapprovvigionamento idrico.

L’opera prevede la costruzione di un impianto di trattamento delle acque reflue da 356 milioni di dollari nell’area ovest di Miramar; la realizzazione di una rete di tubature da 123 milioni all’interno della quale saranno trasportate le acque reflue in un viaggio che partirà da Clairmont per arrivare fino all’impianto; e una stazione di pompaggio a Morena Boulevard da 110 milioni. L’obiettivo è quello di permettere a San Diego di produrre la sua acqua, senza doverla importare come avviene oggi. E infatti attualmente l’85% dell’acqua potabile consumata a San Diego viene acquistata, una percentuale che scenderà al 50% quando la città sarà dotata del suo impianto di trattamento.

La via della dissalazione per l’approvvigionamento idrico dello stato

Nei piani del governatore della California, Gavin Newsom, il più ambizioso è il cosiddetto “Clean Highways, Clean Water: Clean California”, che include vari impianti di dissalazione per far fronte alla siccità e a impianti idrici obsoleti. L’ultimo in ordine di tempo è un progetto da 140 milioni di dollari per convertire fino a 5 milioni di galloni di acqua di mare ogni giorno in acqua potabile. Si tratta del Doheny Ocean Desalination Project nella Orange County, poco a sud di Long Beach, che potrebbe funzionare entro i prossimi cinque anni e fornire acqua a 40mila persone nel South Coast Water District.

In agosto Newsom ha presentato un piano per far fronte alla perdita prevista del 10% dell’approvvigionamento idrico dello stato entro il 2040 e al possibile terzo anno di siccità consecutivo dovuto a una significativa mancanza di neve nella stagione invernale. I funzionari dell’acqua hanno dovuto ridurre le assegnazioni dei progetti idrici statali dal 15% al ​​5% per i consumatori di acqua urbani e gli agricoltori.

In tutta la California ci sono 12 impianti di dissalazione, incluso il progetto di Carlsbad nella contea di San Diego, che è il più grande impianto di tutto l’emisfero occidentale e produce tre milioni di galloni di acqua potabile ogni giorno. L’impianto sarebbe stato superato da quello da 1,4 miliardi di dollari progettato a 30 miglia da Huntington Beach, a sud di Los Angeles e Long Beach. Tuttavia, i legislatori statali l’hanno bocciato, anche in seguito alle proteste di ambientalisti. L’impianto avrebbe risucchiato enormi quantità d’acqua dal fondo, uccidendo la vita marina e causando un pericoloso innalzamento del livello del mare.