Un pozzo che per la sua struttura – a sezione circolare – ricorda lo storico Pozzo di San Patrizio, costruito a Orvieto, nel XVI secolo. Mosaici e altorilievi. Un “cratere di luce” che quasi a sfiorare il cielo porta luminosità fin dentro la profondità della terra. Sono solo alcune delle meraviglie architettoniche della metropolitana di Napoli, Linea 1, e che si trovano nelle stazioni Capodichino, Materdei, Toledo. Portano la firma di grandi architetti, e nascono dalle abilità realizzative del Gruppo Webuild.
La Linea 1 del metrò partenopeo è un’infrastruttura strategica per il capoluogo campano, utilizzata in media ogni giorno da 135mila persone per raggiungere zone opposte della città. La stazione Capodichino, realizzata da Webuild, leader di un consorzio costituito insieme a Moccia Irme, storica azienda del territorio campano, per conto di Metropolitana di Napoli S.p.A. e del Comune di Napoli, si trova a pochi metri dall’omonimo aeroporto napoletano. É l’ultima in costruzione dell’intero tracciato e permetterà di collegare nel giro di pochi minuti lo scalo con il centro della città: un collegamento diretto metropolitano l’aeroporto, il porto e la rete ferroviaria, inclusa l’alta velocità.
Capodichino, il pozzo di San Patrizio che sbuca nel futuro
Hanno pensato al Pozzo di San Patrizio i progettisti dello studio inglese RSHP disegnando il progetto della stazione di Capodichino. E oggi, che i lavori si stanno per concludere, quel pozzo rivive in tutte le caratteristiche dell’opera: la sezione circolare, i suoi 50 metri di profondità, le scale elicoidali posizionate sulle pareti laterali.
Oggi in cantiere i tecnici di Webuild sono al lavoro sul posizionamento della copertura simile ad hangar, di colore blu e arancione che assomiglia a quella del Meccano, con una pianta di 57 per 50 metri, che è un’altra peculiarità di questa stazione, il cui ingresso è al piano stradale e non nel sotterraneo. Un’opera grandiosa, e un incredibile biglietto di benvenuto che la città di Napoli offre a tutti visitatori appena atterrati.
Oltre alla bellezza estetica e alle caratteristiche ingegneristiche, i lavori di costruzione di questa stazione hanno sempre messo al centro anche la sostenibilità. Nella fase di scavo è stato elaborato un apposito piano di utilizzo delle terre con il quale è stato possibile destinare circa 200mila metri cubi di terreno in ex cave di tufo nel cuore della città con lo scopo di chiuderle e riqualificare paesaggisticamente il territorio, consentendone quindi il pieno riutilizzo. Del resto, fin dalla sua progettazione la metropolitana di Napoli è stata l’occasione non solo per mettere al servizio dei cittadini una nuova infrastruttura, ma anche lo strumento per riqualificare la città, rendendola più bella, più vivibile, più artistica.
Napoli, dentro le stazioni dell’arte
Archeologia e arte, cultura e bellezza. Scavare nel sottosuolo di Napoli significa viaggiare nel passato, dentro la storia di una città dai mille volti e dalle tante dominazioni. Lungo via Roma si accendono le luci al neon delle vetrine e i palazzi storici si illuminano di modernità, ma sotto la superficie sopravvivono i resti del passato come fossero cristallizzati dal tempo. L’età imperiale del III secolo d.C.; quella bizantina del VII secolo; e ancora l’età aragonese del XV secolo. Il percorso nel sottosuolo di questa città è un viaggio nella storia che la metropolitana restituisce alla perfezione.
Tutte le stazioni interessate da questi lavori sono state oggetto di dettagliate indagini archeologiche. Nella stazione Museo sono stati condotti scavi archeologici per 4mila metri cubi; nella stazione Università per 14.300 metri cubi; a Toledo per 9.600; e nella stessa stazione Capodichino, più lontana dal centro, gli scavi archeologici hanno interessato 1.500 metri cubi.
Così, mentre da un lato le operazioni tecniche hanno permesso il ritrovamento e la tutela di moltissimi reperti archeologici, dall’altro sono state costruite vere e proprie opere artistiche sotterranee e ribattezzate “Le Stazioni dell’Arte”, 12 in tutto, di cui cinque realizzate attraverso società partecipate dal Gruppo Webuild (Università, Toledo, Dante, Museo, Mater Dei). Ciascuna di queste stazioni ha la propria unicità, e per descriverle non bastano i riconoscimenti ottenuti. Ad esempio Toledo, nata su progetto dell’architetto catalano Oscar Tusquets Blanca, che è stata definita dalla Cnn la più bella del mondo, ha tra le sue meraviglie uno spettacolare “cratere” (che ricorda un vortice marino visto a testa in giù) da cui la luce esterna riesce a raggiungere le grandi scale mobili che si trovano a 38 metri più in basso. Nella stazione Materdei, progettata da Alessandro Mendini, si ammira un mosaico di Sandro Chia, un altorilievo di Luigi Ontani e opere di Sol LeWitt oltre alla guglia di vetro che sovrasta il mosaico di Chia, progettata sempre da Mendini.
E poi ancora, la stazione Università, firmata dall’architetto e designer Karim Rashid, ha una esplosione di colori per unire tradizione e modernità. Nella stazione Museo, costruita su progetto di Gae Aulenti, l’atrio ospita un calco in vetroresina – realizzato dall’Accademia di Belle Arti di Napoli – dell’Ercole Farnese, mentre nel vano di ingresso secondario si trova un calco in bronzo della monumentale Testa di cavallo detta “Carafa”. Infine, stazione Dante, in cui sono esposte opere di importanti artisti anche napoletani e internazionali come Joseph Kosuth che qui ha installato ‘Queste cose visibili’, un lungo neon con un brano del Convivio scritto da Dante.