Quel ponte dei sogni per avvicinare la Scozia all’Irlanda

Allo studio la costruzione di un ponte dei record per unire la Scozia con l’Irlanda

La leggenda narra che un tempo Scozia e Irlanda fossero unite da un ponte costituito da colonne di basalto nate dalla lava fuoriuscita dalle terre vulcaniche del profondo Nord.

Un camminamento lungo chilometri che avrebbe collegato la Giant’s Causeway (l’autostrada dei giganti, come viene chiamato il sito dell’Irlanda del Nord dichiarato dall’Unesco Patrimonio dell’Umanità) con il Finnegan’s Cave in Scozia.

Leggende che oggi tornano d’attualità dopo il dibattito aperto nel Regno Unito sulla costruzione di un ponte o di un tunnel che colleghi Scozia con Irlanda del Nord, 12 miglia attraverso le acque profonde del mare d’Irlanda, tra correnti violente e venti che soffiano dall’Oceano Atlantico.

Il governo, come ha confermato lo stesso Premier Boris Johnson, sta conducendo una serie di studi di fattibilità per verificare la possibilità di collegare gli estremi più vicini di Scozia e Irlanda del Nord con un’infrastruttura che, se realizzata, sarebbe unica al mondo per grandiosità e complessità.

L’idea era stata lanciata per la prima volta proprio da Boris Johnson nel 2018 e supportata anche dall’architetto scozzese Alan Dunlop, che aveva reso pubblico il suo progetto di costruire un ponte adatto al traffico tanto su rotaia quanto su strada tra Portpatrick in Scozia e Larne in Irlanda del Nord. La distanza non è insuperabile ma sono le caratteristiche geologiche della terra, le condizioni ambientali così come la profondità del mare a rendere il progetto uno dei più complessi e visionari al mondo.

Clifton Gorge, Bristol

Il mare profondo, un luogo impervio per i ponti

Il tratto di mare che divide Scozia da Irlanda del Nord e che è stato individuato come il punto migliore dove realizzare un collegamento infrastrutturale tra i due paesi, è sicuramente un luogo inospitale. Non solo per le caratteristiche climatiche e geologiche della zona, ma anche perché proprio la rotta più battuta per coprire la distanza tra le due isole è divenuta, al termine della Seconda Guerra Mondiale, una sorta di grande magazzino dove abbandonare milioni di tonnellate di munizioni inesplose. Il dato è stato confermato dal Ministero della Difesa del Regno Unito, che ha ricostruito come tra la fine della Seconda Guerra Mondiale e la metà degli anni ’70, quel tratto di mare sia stato utilizzato come discarica non solo per le munizioni tradizionali, ma anche per armi chimiche e rifiuti radioattivi.

Così, ripulire quel tratto di mare è diventato una delle sfide più grandi dell’intero progetto di costruzione di un ponte che colleghi le due sponde. Un progetto sul quale sono al lavoro esperti di esplosivi e scienziati marini. Intervistata dalla CNN, Margaret Stewart, scienziata del British Geological Survey, ha spiegato: «Ci sono correnti molto forti su quel tratto di mare, ed è necessario essere sicuri al 100% che munizioni e materiali esplosivi non si trovino nelle aree dove viene costruito il ponte».

La soluzione del ponte flottante

Uno dei progetti presentati e al vaglio delle autorità inglesi è quello dell’architetto Alan Dunlop. Il suo “Celtic Crossing” (questo il nome scelto per il progetto) è un ponte flottante che dovrebbe raggiungere la lunghezza di 45 chilometri ancorato al fondale marino tramite cavi e tenuto a galla attraverso dei pontili galleggianti. L’ispirazione arriva dalle chiatte petrolifere galleggianti presenti nel Golfo del Messico, anch’esse ancorate al fondo del mare con cavi lunghi anche mille metri.

Allo stesso modo, un esempio che secondo l’architetto è fondamentale per la composizione del nuovo progetto, è quello della Norwegian Coastal Highway, il progetto da 40 miliardi di dollari per la costruzione di un’autostrada costiera che attraverserà per oltre mille chilometri il Nord della Norvegia, tra fiordi e alte montagne.

Secondo le prime analisi, per realizzare il progetto del “Celtic Crossing” sarebbe necessario un investimento di circa 28 miliardi di dollari.

Allo stesso modo però altri paesi come la Cina hanno dimostrato che – anche su lunghezze così considerevoli – possono essere realizzati ponti con metodologie tradizionali. È il caso dell’Hong Kong-Zhuhai-Macau Bridge, il ponte lungo 48,3 chilometri (il più lungo al mondo sull’acqua) che collega Hong Kong con Macao. In questo caso l’intera struttura è costituita in parte da ponti strallati, in parte da un tunnel sottomarino per un percorso complessivo interrotto da quattro isole artificiali.

Gli esempi nel mondo ci sono, ma niente è replicabile per le caratteristiche dei luoghi e per l’assoluta unicità di quel tratto di mare che divide la Scozia dall’Irlanda. Se i problemi tecnici saranno superati, e se insieme ad essi anche le posizioni politiche di “unionisti” e “separatisti” troveranno una sintesi, allora il ponte dei record potrà trasformarsi da progetto a realtà.