La ripresa mondiale trainata dalle costruzioni

Il Rapporto del Cresme: il valore aggiunto delle costruzioni cresce più del Pil mondiale

Il settore delle costruzioni cresce più del Pil mondiale. Volendo individuare il motore reale della ripresa post-Covid, dovremmo farlo nelle grandi opere.

La sensazione, emersa leggendo i grandiosi piani di investimento lanciati dalle economie sviluppate, viene oggi confermata dai numeri. Quelli del Cresme, il Centro studi italiano che da 50 anni analizza l’andamento del mercato delle costruzioni a livello mondiale, raccolti all’interno del XXX Rapporto Congiunturale.

E così, mentre il Pil del mondo crescerà nel 2021 tra il 5,6 e il 6%, il valore aggiunto prodotto dalle costruzioni nei paesi avanzati viaggerà a ritmi ancora più elevati, crescendo in Australia del 7,6%, in Asia del 7,4%, negli Stati Uniti del 6,3%. Più basso è il dato europeo, dove la crescita si ferma ad un +4,1% ma solo per via della performance non esaltante della Germania, mentre Paesi come Francia, Italia e Regno Unito assisteranno anch’essi a una crescita del settore superiore al 6%.

La caduta del 2020, quando il mondo piegato dal Covid-19 ha dovuto fermare le gru e bloccare i cantieri, viene così lasciata alle spalle da una ritrovata vitalità di un settore trasformato nel braccio operativo delle nuove politiche espansive dei governi, decisi in questa congiuntura a non guardare al debito, investendo per ricreare ricchezza e lavoro.

Gli investimenti nel mercato delle costruzioni e i piani nazionali per rilanciare l’economia

Riscrivere gli stili di vita nelle grandi città, sostenere una mobilità sostenibile che tuteli l’ambiente, favorire un uso intelligente delle materie prime come l’acqua grazie a infrastrutture efficienti, sono i grandi temi che oggi animano il rilancio delle costruzioni.

«Siamo di fronte a una ripresa superiore alle attese – commenta Lorenzo Bellicini, il direttore tecnico del Cresme che ha presentato il XXX Rapporto Congiunturale.  – In Europa così come negli Stati Uniti assistiamo infatti a un intervento pubblico senza precedenti e al cambiamento dei paradigmi politici».

Secondo i calcoli del Cresme, negli Usa le misure a impatto diretto valgono il 25,5% del Pil, nel Regno Unito 16,2%, in Italia l’8,5%, in Francia il 7,6%. E una parte consistente di questi fondi viene indirizzata proprio alle infrastrutture. Dei 5,1 trilioni di dollari annunciati dal Presidente americano Joe Biden su vari piani di sviluppo, almeno 600 miliardi finiranno per finanziare strade, ponti, linee ferroviarie.

Anche nel Regno Unito, il Premier Boris Johnson punta a investire nel settore 100 miliardi di euro solo nel 2021 e nel 2022, per arrivare a stanziare 600 miliardi nei prossimi cinque anni. In Italia, grazie al combinato disposto del Next Generation EU, del fondo React EU, del Fondo Complementare europeo e dello scostamento del bilancio approvato dal governo, il ministero delle Infrastrutture e della Mobilità Sostenibile avrà a disposizione 61 miliardi di euro da investire, 35 dei quali già destinati a interventi per modernizzare la rete ferroviaria puntando principalmente sull’alta velocità.

L’Italia e la ripresa trainata dalle costruzioni

Nonostante un passato segnato dall’immobilismo e dall’assenza di investimenti pubblici, oggi l’Italia sembra intenzionata a recuperare il terreno perduto e guarda alle grandi opere come un importante volano per agganciare una crescita sostenibile e duratura.

Il percorso di rilancio, visibile proprio dalla propensione agli investimenti, è iniziato già dagli ultimi anni e subisce oggi una notevole accelerazione grazie al sostegno garantito dai fondi europei.

Secondo il Cresme, nel 2023 il Paese riceverà investimenti nel settore per la cifra record di 135 miliardi di euro, un risultato raggiunto grazie ai tassi di crescita di questi mesi. Già tra il primo trimestre del 2021 e lo stesso periodo del 2020 gli investimenti nelle grandi opere sono aumentati del 14,7%, mentre l’anno dovrebbe chiudersi secondo le previsioni con una crescita del 15,5%.

Solo gli investimenti nelle opere pubbliche dovrebbero registrare nell’anno in corso un boom del 20%.

Sostenibilità e digitalizzazione: i driver dello sviluppo

Il futuro per il mercato delle costruzioni si preannuncia positivo, ma il rilancio del settore potrà concretizzarsi soltanto se gli investimenti andranno su sostenibilità e digitalizzazione dei processi nella costruzione delle opere infrastrutturali. Questo chiede all’Italia l’Unione europea e questo è il trend intrapreso anche dalle grandi economie sviluppate, Stati Uniti e Australia in testa.

Grandi opere sostenibili tanto nei materiali e nelle tecniche utilizzate, quanto per l’impatto che hanno sulla vita delle persone, saranno quindi i veri motori di questa ripartenza, che attende solo l’annuncio della sconfitta della pandemia.

«Se in autunno avremo la conferma che la pandemia è vinta – prosegue Lorenzo Bellicini del Cresme – ci saranno elementi di ancora maggiore euforia. Le costruzioni sono protagoniste di questa fase, oggetto di una forte domanda che si costruisce su due driver: sostenibilità e digitalizzazione, gli unici capaci di offrire una nuova strada per l’innovazione e lo sviluppo».

Il gap per rilanciare le opere italiane

Tanti investimenti arriveranno a breve, tanti altri ne serviranno nel medio e lungo periodo. I Fondi del Next Generation EU, così come gli altri fondi europei destinati alle infrastrutture, sono in grado di coprire solo una parte del fabbisogno italiano, che sconta – soprattutto nelle regioni del Sud – ancora un ritardo infrastrutturale significativo.

Oggi il Gruppo Webuild è impegnato nella costruzione di nuove linee per l’alta velocità ferroviaria su tutto il territorio nazionale, dal Terzo Valico dei Giovi che collegherà Genova a Milano, alla linea che collegherà Napoli con Bari fino all’alta capacità in Sicilia. Cantieri aperti che solo al Sud daranno lavoro a 15mila persone (tra diretti, indiretti e indotto), ma che non bastano per colmare il gap infrastrutturale del paese.

Secondo il Cresme per le infrastrutture strategiche e prioritarie individuate dal governo la disponibilità di fondi per i prossimi anni raggiunge i 204 miliardi di euro, 100 miliardi in meno del fabbisogno reale del paese. Guardando nello specifico delle voci più significative, sulla rete ferroviaria mancano all’appello altri 66 miliardi, 14 miliardi per le strade e le autostrade, 9 miliardi per i sistemi di trasporto urbano.

Colmare questo gap è la vera sfida per trasformare una ripresa temporanea in un percorso di sviluppo duraturo, improntato alla sostenibilità e all’innovazione.