Dal Canale di Panama al Canale di Suez, le sfide del traffico marittimo globale su rotte alternative

Il nuovo Canale di Panama, realizzato dal Gruppo Webuild, festeggia dieci anni con numeri da record e una crescita continua del traffico marittimo. Il Canale di Suez, invece, affronta importanti problemi di sicurezza per il trasporto navale. Per questo, è necessario pensare a nuovi investimenti infrastrutturali e rotte delle navi alternative.

Il 26 giugno 2016, il transito della Cosco Shipping attraverso le chiuse del nuovo canale di Panama ha segnato l’inizio di una rivoluzione per il commercio marittimo globale.

Considerata una delle opere d’ingegneria più importanti nella storia moderna della navigazione, la nuova via d’acqua realizzata da un consorzio di costruttori europei guidato dal Gruppo Webuild è entrata, infatti, nel suo decimo anno di attività, avendo superato ogni record e portato sviluppo occupazionale e beneficio economico oltre le più rosee previsioni al Paese centroamericano.

Canale di Panama: un decennio di crescita strategica con il commercio marittimo

Dal giorno dell’inaugurazione, secondo i dati dell’Autorità del Canale, sono transitate più di 27mila navi cargo del tipo Neo Panamax.

In questi dieci anni di attività la crescita è stata continua grazie anche alle innovazioni progettuali che hanno consentito al nuovo canale di ridurre del 60% l’apporto d’acqua dolce necessario al transito delle navi tra le chiuse dell’istmo di Panama, l’istmo che separa e unisce gli oceani Atlantico e Pacifico.

Questo è un risultato che diventa ancora più significativo a fronte dei cambiamenti climatici e della conseguente riduzione dei livelli idrici del Paese, visto che tra ottobre 2024 e maggio 2025 il canale di Panama ha registrato un aumento del 30% nella media giornaliera del traffico navale e del 22% nel tonnellaggio. Numeri che confermano, secondo l’Autorità, “l’erogazione di un servizio sicuro, efficiente e affidabile”.

Il Canale di Suez e la sfida per la sicurezza del trasporto navale

Dal Golfo di Panama, il messaggio è rimbalzato in Egitto, dove la sfida del trasporto su nave si concentra principalmente su questioni relative alla sicurezza.

Nei giorni in cui le nuove chiuse di Panama celebravano i risultati dei primi nove anni, lungo il Canale di Suez si riprendevano le attività di commercio marittimo sospese per gli attacchi Houthi alle navi all’ingresso del Mar Rosso.

Lo scorso 18 giugno, infatti, il presidente dell’Autorità del Canale di Suez, Ossama Rabbie, ha annunciato il ripristino del traffico navale con il passaggio della nave portacontainer Osiris della compagnia francese di navigazione CMA-CGM. Il passaggio della nave mercantile, proveniente da Singapore e diretta ad Alessandria, è stato reso possibile da una tregua del conflitto in Medio Oriente e dalle politiche commerciali dell’Autorità del Canale, con sconti alle navi con stazza superiore alle 130mila tonnellate.

La tregua, però, è stata rotta dopo solo un paio di settimane. Le immagini dell’attacco alla nave liberiana Magic Seas da parte degli Houthi ha alzato nuovamente l’allerta tra le navi cargo in attesa del turno d’ingresso al canale, attraverso il quale passa il 12% del commercio marittimo mondiale.

Nuovi investimenti per la sicurezza delle navi cargo nel Canale di Suez

A causa dei conflitti, l’Egitto ha perso 7 miliardi di dollari di entrate derivanti dall’istmo di Suez nel 2024, secondo una dichiarazione alla Reuters del presidente Abdel Fattah al-Sisi, che si è detto però pronto a investire in un ulteriore allargamento di quest’infrastruttura strategica.

Nel 2015 l’intera area è stata sottoposta a una mega ristrutturazione con lo scavo di nuovi fondali, l’allargamento delle corsie per il passaggio delle navi cargo di nuova generazione, sempre più grandi e con capacità di carico di oltre 24mila container e, soprattutto, l’introduzione nella parte superiore, vicina allo sbocco sul Mediterraneo, di un canale parallelo.

Nel dicembre scorso, inoltre, è stata approvata la costruzione di ulteriori 10 km della parte bidirezionale del Canale di Suez, portata da 72 a 82 km. Con quest’ultimo allungamento, la capacità del Canale di Suez, la cui lunghezza totale è ora di 193 km, è stata aumentata di almeno 6-8 navi in più al giorno.

L’obiettivo è chiaro: mantenere l’istmo di Suez centrale nei flussi globali del commercio marittimo. Ma la sicurezza rimane la variabile più instabile.

Rotte delle navi alternative: nuove infrastrutture tra ghiacci e geopolitica

I frequenti assalti terroristici e l’aumento dei costi operativi e assicurativi hanno riacceso la ricerca di rotte delle navi alternative, spingendo la sfida del commercio marittimo a immaginare nuove infrastrutture e soluzioni, più o meno realistiche. Il Canale di Suez ha finora permesso alle navi in transito dall’Asia all’Europa di evitare la lunga circumnavigazione del continente africano con il passaggio più a sud davanti al Capo di Buona Speranza.

Oggi, come via alternativa al Canale di Suez, alcune compagnie stanno considerando la rotta del mare del Nord, la cosiddetta Northern Sea Route (NSR) che corre lungo la costa della Siberia attraverso lo Stretto di Bering. Benché sia più corta di vari giorni rispetto alla scorciatoia di Suez per una nave proveniente da un porto asiatico del nord e diretto agli scali settentrionali europei, tipo Rotterdam, la rotta è caratterizzata da forti incertezze climatiche, con l’attraversamento di ampie zone ghiacciate.

Un’altra rotta marittima alternativa, che dagli anni ’60 spesso compare sul tavolo più per disegni geopolitici che per reale fattibilità del progetto, potrebbe essere il cosiddetto canale Ben Gurion, dal nome del primo premier di Israele. Il percorso sulla mappa risulta un po’ più lungo di Suez, con passaggio dalla costa di Sharm El Sheik verso il golfo di Aqaba, per poi aprirsi in territorio israeliano e approdare ad Ashkelon, non lontano da Gaza. Al momento, però, si tratta di un’ipotesi su cui, come si può immaginare, pesa il nodo irrisolto dell’accesso sicuro al Mar Rosso e al conflitto israelo-palestinese in corso.