Da Panama a Suez, quei grandi Canali che proteggono i commerci globali

Guerre e siccità riducono le attività di due delle più grandi e strategiche infrastrutture globali

Il commercio mondiale legato ai destini dei grandi Canali. Suez, dove transita circa il 12% di tutti i traffici globali, e Panama, attraverso il quale naviga il 5% delle merci che viaggiano intorno alla terra. Sono infrastrutture incredibili, realizzate dall’uomo vincendo sfide complesse, come accaduto con il Nuovo Canale di Panama costruito dal Gruppo Webuild e così aperto al traffico delle grandi navi, strategiche proprio per assicurare lo scambio delle merci da un continente all’altro.

Tuttavia, proprio in queste settimane, i traffici attraverso le grandi autostrade d’acqua – simbolo di modernità e di sviluppo – sono messi a dura prova per via di fattori esterni: da conflitti in corso che riducono l’efficienza del Canale di Suez  riportando le lancette della storia indietro nel tempo a quando questa grande infrastruttura non esisteva ancora, alla siccità nell’istmo centroamericano che impone una limitazione del traffico nel vecchio Canale di Panama scaricando sul nuovo canale la domanda crescente di trasporto marittimo.

Suez, la rotta sotto scacco dei ribelli Houthi

Il Canale di Suez è una delle grandi infrastrutture mondiali. Il 12% del traffico merci globale che transita per le sue acque equivale a un valore commerciale di 1 trilione di dollari. Attraversare Suez è determinante per raggiungere il Mediterraneo dalla costa orientale dell’Africa, dalla Penisola Arabica e dall’Asia senza dover circumnavigare il continente africano. Tuttavia, gli effetti collaterali della guerra tra Hamas e Israele hanno portato all’intensificarsi degli attacchi alle navi mercantili che attraversano lo stretto di Bab el-Mandeb e il Mar Rosso da parte dei ribelli Houthi dello Yemen.

Allo stesso tempo, sul fronte opposto e quindi sulla costa della Somalia, aumenta il numero degli attacchi di pirati alle navi in transito. Rischi reali tanto che grandi compagnie di trasporto come la Maersk hanno annunciato che stanno ragionando sull’opportunità di cambiare rotta obbligando le loro navi a navigare intorno al Capo di Buona Speranza, costringendole così a compiere 3.200 miglia in più ovvero 9 giorni in più di viaggio. L’impatto sarebbe significativo perché attraverso Suez non passano solo beni commerciali di seconda necessità. Nel Canale transitano infatti prodotti alimentari come il grano, oltre a una quantità considerevole di petrolio i cui scambi attraverso l’istmo sono raddoppiati dopo l’invasione russa dell’Ucraina.

Panama, la siccità che rallenta le attività del Canale

I transiti sul Canale di Panama non sono messi a rischio dalle guerre, ma dagli effetti inattesi del clima impazzito. E infatti, nonostante dovremmo essere al termine della stagione delle piogge, tutta la regione è colpita duramente dalla siccità.

Il 7 gennaio scorso il lago Gatún che alimenta il Canale ha raggiunto uno dei livelli di profondità più bassi della storia, ovvero 1,8 metri al di sotto della norma. Questo ha avuto effetti evidenti sul passaggio delle navi attraverso il vecchio sistema, datato 1914 e sprovvisto dei bacini di riciclaggio dell’acqua adottati dal nuovo canale: da novembre alla fine di gennaio, infatti, il numero dei transiti è diminuito in modo considerevole, e la stessa Autorità che controlla è stata costretta a emettere una serie di restrizioni ai passaggi aprendo il traffico delle navi più piccole nel nuovo canale, dedicato alle grandi navi New Panamax.

La riduzione del numero dei passaggi ha inevitabilmente riscritto le regole dei transiti, in genere affidati alle aste (le compagnie che più pagano hanno vantaggi sulle altre). A novembre l’asta per un attraversamento ha raggiunto la cifra record di 4 milioni di dollari, mentre oggi il prezzo medio si aggira intorno agli 1,1 milioni. Anche questo ha convinto molte compagnie a cambiare rotta, magari transitando attraverso il Capo di Buona Speranza e quindi aumentando di due settimane il tempo di viaggio tra gli Stati Uniti e il Golfo del Messico e l’Asia.

La crisi climatica ha confermato la portata innovativa assicurata dal Nuovo Canale di Panama realizzato dal Gruppo Webuild. L’opera, pensata e realizzata puntando anche sulla sostenibilità (le soluzioni tecniche adottate permettono ad esempio di risparmiare il 60% dell’acqua utilizzata per il traffico delle navi e di mantenere il massimo pescaggio delle navi anche in condizioni critiche del lago come quelle attuali), ha triplicato la capacità di carico delle navi che attraversano l’istmo rispetto a quella del vecchio Canale realizzato nel 1914.

E così, già nei primi anni di attività, il Nuovo Canale ha battuto tutti i record di transito con una media annuale di oltre 2.700 imbarcazioni.

Ecco perché attraverso le sue enormi chiuse, lunghe 427 metri e larghe 55 metri, passano non solo i destini dei commerci mondiali ma anche quelli di Panama e della sua economia profondamente ancorata ai successi del suo Canale.