Infrastrutture idriche, la Cenerentola del PNRR

Erasmo D’Angelis: «Per troppi anni le infrastrutture idriche sono rimaste fuori dai finanziamenti pubblici»

Erasmo D’Angelis

Ex-Segretario generale dell’Autorità di bacino dell’Italia centrale, da quasi 30 anni si occupa di dissesto idrogeologico. Esperto di acqua e infrastrutture idriche, è stato Sottosegretario di Stato al Ministero delle Infrastrutture e dei Trasporti e Capo della Struttura di Missione sul dissesto idrogeologico. Nel 2022 ha pubblicato il libro “Acque d’Italia: la straordinaria biografia della principale risorsa. Quanta ne abbiamo, come la usiamo, quanta ne sprechiamo, come salvarla nel tempo dei cambiamenti climatici”.

 

Quanto è importante oggi l’acqua per l’economia italiana?

«È evidente che l’acqua è natura, simbolo, emozione, vita, fin dai tempi dei sumeri, degli etruschi, ma soprattutto dei romani. L’acqua è anche ingegno, è un lavoro, è opera costante, è un’industria vera. Ma il problema in Italia esiste in merito a tutto il ciclo industriale dell’acqua, ed è un problema che non può essere rinviato o scaricato sulle spalle delle prossime generazioni viste le condizioni climatiche che stiamo vivendo e il bisogno di adattarsi a queste condizioni».

 

Quanto è indietro l’Italia dal punto di vista degli investimenti?

«Stiamo parlando di un bene pubblico che dalla legge Galli in poi, da circa 30 anni, 1994, è rimasto fuori dai finanziamenti pubblici. Lei non trova nelle leggi di bilancio dello stato, delle regioni, dei comuni, la parola acqua, investimenti, infrastrutture idriche.

Da qui derivano tanti dei problemi perché se l’acqua è scomparsa dai finanziamenti pubblici, di conseguenza scompare anche tutto il tema dell’infrastruttura. Sembra che l’acqua debba arrivare comunque e sempre con una bacchetta magica nelle nostre case o dove serve quando invece intorno all’acqua c’è un mondo di lavoro, di produzione, di attivazione di interventi, di tecnologie».

 

Ma l’acqua è davvero sparita dai finanziamenti pubblici?

«La scomparsa dell’acqua dai finanziamenti pubblici si vede benissimo nel PNRR. Sono fondi clamorosi, 198 miliardi di euro di investimenti, dove l’acqua fa la cenerentola con l’1-2% dell’investimento complessivo.

Naturalmente è quasi azzerata la produzione idroelettrica, l’energia rinnovabile che abbiamo inventato anche noi italiani. Tra la fine dell’Ottocento e gli inizi del secolo scorso l’Italia era il paese delle rinnovabili, dell’energia dell’acqua, delle dighe, e molte dighe sono state costruite con questa finalità».

 

Tanta acqua, poche infrastrutture. Si può parlare di paradosso italiano?

«Il vero paradosso è che questo è il Paese dell’acqua. Non esiste al mondo un paese come l’Italia che ha tutte le forme dell’acqua esistenti sul pianeta. Abbiamo ghiacciai, quelli che ancora resistono, nevai, cascate, fiumi, torrenti, ruscelli, falde di ogni tipo; abbiamo laghi, laghetti, stagni, persino le paludi che oggi sono tutelate perché sono ecosistemi straordinari, e poi naturalmente il mare.

Abbiamo un paradosso che davvero sta emergendo in questi periodi: noi abbiamo il record europeo, forse mondiale, siamo tra i primi quattro, cinque paesi al mondo per disponibilità di acque, eppure subiamo crisi idriche con una facilità incredibile. Perché? Perché siamo poveri di infrastrutture e di tecnologie per tutti gli usi.

Abbiamo una media di circa 305 miliardi di metri cubi di pioggia all’anno, che è superiore nettamente a quella dell’Inghilterra, della Germania, della Francia che consideriamo nel nostro immaginario come paesi dove piove di più. In realtà il Paese dove piove di più è l’Italia, e la capitale delle piogge è Milano».

 

Il riutilizzo delle acque reflue è una tecnologia sviluppata in Italia?

«L’Italia vanta alcuni dei depuratori più avanzati d’Europa, ma nonostante questo gettiamo a mare oltre 9 miliardi di metri cubi di acqua che fuoriesce dai depuratori dopo l’utilizzo nelle nostre abitazioni o negli uffici.

Negli altri paesi europei con l’acqua di depurazione si coltiva, si irriga, in Italia no. E infatti nel giugno prossimo l’Europa ci sanzionerà anche su questo aspetto. Noi oggi stiamo pagando per quattro sanzioni europee ogni giorno 165mila euro, parliamo di quasi 60 milioni l’anno di sanzioni che riguardano la mancata depurazione in alcune regioni italiane. In sostanza, in alcune regioni del Sud, tre italiani su dieci ancora oggi non sono allacciati a un depuratore o addirittura a una rete fognaria».

 

Quanto perde la rete idrica che assicura acqua alle case degli italiani?

«In Italia abbiamo circa 600mila km di reti idriche e circa 1 milione di km di reti fognarie che perdono circa il 40% dell’acqua che trasportano. Al Sud si immettono oltre due litri per far arrivare ai rubinetti poco meno di un litro. Tutto questo mentre le perdite europee sono intorno all’8-10%.

L’acqua è strettamente dipendente dalle infrastrutture e dagli investimenti che fai: meno investimenti fai e più le reti diventano obsolete, non ci sono riparazioni, non ci sono sostituzioni. Questo è un settore che oggi avrebbe il bisogno di almeno 50mila km di nuove reti di distribuzione sostituendo le reti ormai obsolete. Bisogna riaprire il tema, ed è un settore dove servono risorse e finanziamenti e questi finanziamenti devono essere previsti convincendo l’Europa anche nei piani europei per l’Italia».

 

Quali altre tecnologie possono favorire una più corretta gestione della risorsa idrica?

«Un altro settore che dobbiamo necessariamente aprire è quello della dissalazione. La dissalazione è una soluzione che in Italia può essere utilmente adottata dove non c’è altra risorsa disponibile.

Noi abbiamo alcune aree del Sud, le isole, dove non c’è risorsa sotterranea, dove la piovosità è abbastanza scarsa e dove c’è una perenne emergenza. Una dissalazione intelligente sia sulla terraferma che su navi galleggianti che possono essere trasferite anche da un’area all’altra, da una zona all’altra in caso di siccità, deve essere una delle soluzioni che noi dobbiamo mettere in campo.

Va recuperato quello spirito che negli anni 60 del secolo scorso ci ha permesso di fare il primo grande salto di qualità sulle infrastrutture con gli schemi idrici, soprattutto al Sud ma anche al Centro Nord, che ci hanno permesso di modernizzare questo settore.

Noi da almeno tre decenni siamo completamente fermi, bisogna ripartire e la dissalazione è una soluzione».