Next Generation EU: riforme e investimenti per uscire dalla crisi

Intervista a Lorenzo Codogno, economista e professore alla London School of Economics

Lorenzo Codogno è un economista, professore presso la London School of Economics, Visiting Professor del College of Europe di Bruges. È stato dirigente generale del Dipartimento del Tesoro del Ministero dell’Economia italiano, e Presidente del Comitato di Politica Economica dell’Unione Europea. In passato ha ricoperto la carica di managing director per Bank of America.

«Gli investimenti non bastano da soli, ci vogliono le riforme. Le riforme non bastano da sole, ci vogliono gli investimenti». Mentre l’Europa è alle prese con la crisi energetica e l’aumento dei costi, la missione del Next Generation EU (il maxi progetto di sostegno alle economie degli stati membri) si fa ancora più importante. Una missione che secondo Lorenzo Codogno, economista, analista di fama internazionale e professore alla London School of Economics, può essere compiuta solo assicurando la sopravvivenza del binomio investimenti-riforme.

 

L’Italia e l’Europa vivono un momento storico delicato dove ai rincari energetici legati alla guerra in Ucraina si aggiunge una forte inflazione. Cosa dobbiamo aspettarci per i prossimi mesi?

«È un momento molto complicato, perché da un lato abbiamo una crisi aperta che è la crisi energetica, la crisi del costo della vita, dall’altro abbiamo fattori di resilienza che continuano ad essere comunque importanti. Da una parte quindi abbiamo le famiglie che avranno una diminuzione del reddito reale e di conseguenza dei consumi, dall’altra le imprese che avranno una riduzione dei profitti, quindi degli investimenti. Ci sono delle ragioni di ottimismo? Direi di sì perché effettivamente abbiamo avuto un fortissimo aumento del risparmio delle famiglie e delle imprese. Se guardiamo alla liquidità nei depositi bancari è su livelli molto elevati, il che significa che molte famiglie, non tutte ovviamente, lo stesso dicasi per le imprese, sono in condizione di passare un periodo transitorio di forte contrazione dei redditi e dei profitti facendo riferimento ai saldi e ai risparmi, e ai saldi liquidi che hanno».

 

Queste riserve saranno sufficienti per mantenere alti i livelli degli investimenti, tanto delle imprese quanto anche degli stati?

«Gli investimenti stanno andando bene, sia quelli pubblici che quelli privati, e questa sembra essere una reazione simile a quella che è accaduta negli anni ’70 quando c’è stato lo shock petrolifero. Le imprese stanno investendo per la transizione ecologica, per il climate change e quindi per cambiare i processi produttivi, e stanno anche investendo in tecnologia per ridurre i costi.

Qui parliamo di infrastrutture non soltanto materiali, non soltanto strade, linee ferroviarie ecc., ma anche immateriali, quindi è chiaro che ognuno di questi aspetti assume un’importanza essenziale.

In economia sappiamo che gli investimenti sono un po’ una scommessa sul futuro, di conseguenza più c’è investimento oggi, più questo crea le condizioni per la crescita in futuro. Però gli investimenti da soli non bastano, gli investimenti devono essere accompagnati da riforme perché il potenziale dell’economia nel lungo periodo è determinato da crescita tecnologica e innovazione».

 

In questo quadro quanto sono importanti i fondi del PNRR?

«I fondi sono importantissimi. Questo è un salvagente che è stato lanciato all’Italia durante la pandemia e che sta iniziando a dare i suoi frutti soltanto ora, ma è un salvagente emergenziale, importantissimo perché questo permetterebbe, se sfruttato in pieno, di aumentare non solo la crescita di breve periodo perché di fatto è uno stimolo alla domanda, ma anche la crescita di lungo periodo. Questo può avvenire soltanto se gli investimenti sono accompagnati da riforme strutturali importanti. Il Governo che verrà sono convintissimo non si farà sfuggire un’occasione storica, importante come quella della Next Generation EU, e quindi penso che il programma delle riforme sarà portato a termine».

 

Rincari energetici e inflazione influiscono in maniera negativa sui costi degli appalti pubblici. Le grandi opere hanno bisogno di essere rifinanziate?

«C’è tutta una catena che sta in sospeso, poi c’è tutto il problema dei prezzi negli appalti pubblici perché è chiaro che aumentando i costi in maniera significativa in molti appalti i prezzi non sono più in linea con quello che sarebbe il mercato. È chiaro che alcuni aggiustamenti sono necessari e quindi bisognerà trovare il modo di attuarli, ma questi sono aggiustamenti che penso non sarà un problema portare avanti e negoziare con la Commissione Europea.

Il problema di Next Generation EU a mio avviso è di mantenere l’impianto complessivo, che vuol dire un abbinamento di riforme strutturali con investimenti pubblici che possano rialzare la crescita».

 

Lo scudo anti spread messo in piedi dalla BCE sarà sufficiente per tenere lontane le speculazioni contro l’Italia?

«La BCE ha adottato lo scudo anti spread e questo adesso è pienamente operativo. Non sappiamo però i dettagli di questo strumento, e probabilmente non li sapremo mai. Del resto, la BCE adotta questa ambiguità di fondo per far sì che i mercati finanziari non siano invitati a scommettere contro questo scudo nell’immediato. Ho la sensazione che a un certo punto se ci dovessero essere tensioni sui tassi di interesse soprattutto per paesi come l’Italia, i mercati finanziari testeranno l’impegno che si è presa la BCE di proteggere la politica monetaria. Quando i mercati finanziari testeranno questo scudo vedremo se è veramente efficace o meno. Per il momento il solo annuncio dello scudo ha calmato i mercati finanziari».