I satelliti per proteggere i frutteti vicino ai cantieri siciliani

Webuild e l’università di Catania sviluppano un sistema innovativo per la tutela delle coltivazioni siciliane

L’Etna non è solo il vulcano più alto d’Europa, ma anche un patrimonio naturale che offre numerosi vantaggi a chi vive e lavora nelle sue vicinanze. Il vulcano, che sorge sulla costa orientale della Sicilia, raggiunge i 3.330 metri sul livello del mare e assicura alla zona circostante un terreno ricco di minerali per le coltivazioni, oltre naturalmente ad attirare un numero elevato di turisti.

Inoltre l’Etna è sottoposto a un attento monitoraggio satellitare, che produce migliaia di immagini che possono essere utilizzate per scopi differenti.

Uno di questi è l’analisi dello stato di salute degli alberi da frutto che coinvolge 3.000 ettari di terreni agricoli, gli stessi che si estendono proprio ai margini del cantiere dove è oggi in corso la costruzione della nuova linea ferroviaria ad alta capacità che, una volta completata, collegherà Catania a Palermo.

Alta capacità ferroviaria in Sicilia: lavorare tra i frutteti

Il cantiere è al lavoro. La ferrovia è in costruzione e uomini e mezzi viaggiano lungo i 38 chilometri dove sorgerà la prima tratta dell’opera, quella che collegherà le stazioni di Bicocca e Catenanuova. Trattori, camion e altri macchinari si muovono rischiando di sollevare polvere e coprire la vegetazione e gli alberi da frutto. Se troppa polvere entra nei pori delle foglie può avere un effetto negativo proprio sulla produzione di frutta.

È qui che entrano in azione i satelliti, capaci di analizzare e monitorare la condizione delle coltivazioni che si trovano ai margini del tratto ferroviario in costruzione. Uno strumento che il Gruppo Webuild, impegnato nella costruzione della prima tratta tra Bicocca e Catenanuova, sta condividendo con il Centro Studi di Economia applicata all’Ingegneria (CSEI) dell’Università di Catania, con cui ha siglato una partnership finalizzata al monitoraggio delle coltivazioni. Tra le misure prese proprio per ridurre al minimo l’impatto sugli aranceti, i carichi dei camion che portano via la terra scavata vengono coperti con un telone e gli stessi mezzi si muovono nell’area ad una velocità che non supera mai i 20 km/h. Una volta che il movimento terra è concluso, le autocisterne intervengono spruzzando acqua per mantenere umido il terreno ed evitare così al massimo il sollevamento della polvere.

Il rilevamento da remoto

Proprio la vicinanza dei frutteti all’Etna permette agli esperti del CSEI di scaricare dall’Agenzia Spaziale Europea immagini satellitari multispettrali degli alberi e del loro fogliame, ovvero immagini che raccolgono dati sullo spettro elettromagnetico all’interno di una specifica lunghezza d’onda. Ogni immagine scattata copre una superficie di 10 metri per 10 metri, e permette di realizzare quello che viene chiamato il telerilevamento, ovvero monitorare le caratteristiche fisiche di un’area misurandone la radiazione riflessa ed emessa. Analizzando ad esempio le immagini riprese da due satelliti – il Sentinel-2A e il Sentinel 2B – il CSEI è in grado di analizzare in che modo le foglie di ogni albero riflettono la luce del sole, elaborando il Normalized Difference Vegetation Index (NDVI), ovvero un indice che permette di misurare la salute degli alberi. Lo studio, condotto dalla professoressa Simona Consoli, esperta nelle analisi delle immagini satellitari, prevede il confronto tra le immagini attuali con quelle scattate nel 2018, un anno prima dell’inizio dei lavori. E lo stesso procedimento viene ripetuto durante i quattro periodi più importanti per lo sviluppo della vegetazione, quindi aprile, luglio, settembre e ottobre/novembre.

Il CSEI di Catania, supportato dalla docente Simona Consoli, professoressa di Idraulica Agraria presso l’Università, è impegnato in progetti come questo non solo in Italia, ma anche in altri paesi del bacino Mediterraneo come Spagna, Marocco, Egitto. In Spagna, ad esempio, vengono studiati gli uliveti, mentre in Italia le analisi condotte dal Centro di ricerca si sono concentrate in molti casi sul monitoraggio delle risorse idriche, un’attività essenziale per l’Italia che proprio nella scorsa estate è stata colpita da una violenta siccità.

Un treno veloce per la Sicilia

Ridurre a meno di due ore i tempi di percorrenza tra Catania e Palermo, le due più importanti città della Sicilia: è questo solo uno degli obiettivi della nuova linea ad alta capacità che Webuild sta costruendo. Il cantiere oggi interessa i 38 chilometri della prima tratta, quella che collegherà la stazione di Bicocca, vicino all’aeroporto di Catania, con quella di Catenanuova, nel cuore dell’isola. Nell’ambito di questo primo tratto è prevista la costruzione di 18 viadotti, la ristrutturazione della stazione di Bicocca e la costruzione di diversi fabbricati tecnologici, come quello di Motta Sant’Anastasia.

Il progetto prevede che, oltre alle persone, anche le merci viaggeranno sui treni veloci, migliorando così in modo significativo la competitività dell’economia regionale. L’opera è infatti inserita all’interno delle reti TEN-T, i corridoi ad alta velocità/alta capacità della rete transeuropea prevista dall’Unione europea.

La ferrovia siciliana rientra all’interno del Corridoio Scandinavo-Mediterraneo e, una volta terminata, rappresenterà un cambiamento profondo per la mobilità siciliana. Attualmente i treni viaggiano a soli 90 km/h con un’unica linea che obbliga i convogli a fermarsi quando deve passare il treno che arriva dalla direzione opposta. La costruzione del doppio binario permetterà ai treni di raggiungere i 200 km/h riducendo le distanze e accelerando i rapporti, tanto umani quanto commerciali.