La ferroviaria transiraniana patrimonio dell’umanità

Quasi un secolo dopo la sua inaugurazione, l’opera rientra nei siti dell’UNESCO

A quasi 100 anni dalla sua costruzione, la Ferrovia Transiraniana, il progetto visionario di ferrovia che attraversa montagne e vallate per unire le due coste della Repubblica Islamica dell’Iran, lo scorso luglio è stata inserita dall’UNESCO nella lista dei siti Patrimonio dell’Umanità.

La Transiraniana è stata un esempio di abilità ingegneristica ma anche di sviluppo della nazione fin dal 1938, quando i suoi treni hanno cominciato a trasportare passeggeri nel cuore dell’Iran. Il fatto che la ferrovia sia in funzione ancora oggi aggiunge fascino all’opera trasformandola in un museo vivente, un’infrastruttura che va oltre la sua funzionalità e diventa simbolo di sviluppo e testimone della storia.

«La ferrovia, così come tutte le strutture associate, dai ponti ai viadotti fino ai tunnel e le stazioni – si legge in un documento redatto dalla Iranian Culture Heritage, Handicrafts and Tourism Organization del governo iraniano e consegnato all’UNESCO –  è stata realizzata con materiali di così elevata qualità da rimanere intatti per nove decadi, ovvero dalla sua costruzione a oggi».

Ferrovia Transiraniana: un sogno incredibile

Coprendo una distanza di 1.400 chilometri, la Transiraniana corre dal porto di Bandar-e Torkaman a Nord Est sul mar Caspio fino al porto di Bandar-e Imam Khomeini sul Golfo del Sud, passando attraverso la capitale Teheran.

Nel suo lungo viaggio, l’opera attraversa anche due altri siti UNESCO: il sistema idraulico di Shushtar, che risale al V secolo avanti Cristo, e le rovine della città santa del Regno di Elam, costruita nel 1250 avanti Cristo.

L’opera è un’eredità di Reza Shah ed è stata la prima linea ferroviaria a collegare il paese. L’Iran, conosciuto come Persia ai tempi dello Shah, aveva pochissimi chilometri di linee ferroviarie al tempo, insufficienti per favorire i trasporti e lo sviluppo del territorio. Proprio per dare una risposta a questa mancanza, lo Shah approvò il primo progetto di una linea transiraniana nel 1925 e la costruzione iniziò due anni dopo. Dopo 11 anni di duro lavoro, la ferrovia è stata conclusa.

Come si legge ancora nel documento del governo iraniano, «l’idea di collegare due mari attraversando montagne, foreste, deserti e regioni costiere, è stata un incredibile sogno».

Una considerazione sottoscritta anche dall’UNESCO che ha spiegato la scelta di inserire la ferrovia tra i siti culturali patrimonio dell’umanità dicendo che «la Transiraniana è notevole per le sue dimensioni e per le opere di ingegneria necessarie per superare i percorsi ripidi e complessi e tutte le altre difficoltà geologiche trovate lungo il percorso».

Transiraniana

Un’impresa coraggiosa

Il progetto, tanto costoso quanto coraggioso, ha richiesto investimenti ingenti, finanziati principalmente con nuove tasse imposte dallo Shah, in particolare sul tè e sullo zucchero.

Superato lo scoglio finanziario, la difficoltà maggiore è stata quella ingegneristica. I costruttori hanno dovuto affrontare paludi malariche, due grandi catene montuose, immensi altopiani, profonde vallate, deserti roventi e vaste pianure, condizioni che hanno messo alla prova l’ingegnosità, l’intraprendenza, per non parlare della resistenza fisica di molti lavoratori.

In un servizio sulla ferrovia realizzato recentemente sulla frontiera iraniana, la CNN ha raccontato che, in alcune parti, il terreno era così insidioso che la direzione pianificata del percorso doveva essere ripetutamente rivista. «Alcuni tunnel – riporta la testata americana – hanno dovuto essere abbandonati durante la costruzione dopo che sono stati trovati depositi di sale e gesso, costringendo a individuare nuovi percorsi, mentre un altro tunnel attraverso la pomice vulcanica non poteva essere né fatto saltare né scavato con picconi e pale».

Alla fine, per completare l’opera, è stato necessario costruire 174 ponti di grandi dimensioni, 186 ponti più piccoli e 224 tunnel.

I cinque lotti di Impresit

A questa impresa senza precedenti hanno partecipato 43 ditte, provenienti da molti paesi e rappresentative delle maggiori eccellenze ingegneristiche del tempo. Tra queste, Impresit, una delle società che – molti anni dopo – avrebbe dato vita al Gruppo Webuild.

Poiché nessun appaltatore aveva la capacità di realizzare l’intero progetto, il lavoro è stato suddiviso in lotti, cinque dei quali – tra i più impegnativi – aggiudicati proprio a Impresit.

«I lotti conferiti a Impresit sono stati tra i più difficili da eseguire», dichiara il ricercatore dell’Università di Firenze Filippo Saba in un documento accademico del 1995. Quattro dei lotti si trovavano a Nord, dove Impresit era incaricata di costruire una rampa di accesso a un tunnel sotto il passo del Gaduk, nella catena montuosa dell’Alborz. In questo punto del percorso il treno sale da 1.000 a 2.200 metri di altitudine con una pendenza media del 26%, zigzagando varie volte sul fianco della montagna.

Un’altra sfida è stata la costruzione di un ponte che sovrasta una stretta valle per consentire al treno di uscire da un tunnel dal lato di una montagna ed entrare in un altro tunnel nella montagna adiacente. Per costruire l’arco del ponte a 70 metri sopra la valle dove scorre un fiume, i costruttori hanno dovuto erigere due piattaforme di ferro sostenute da doghe e reti di cemento armato. In un altro sito lungo il fianco di una montagna, hanno invece installato funivie improvvisate per trasportare la sabbia necessaria alla realizzazione del cemento. Tutto questo durante inverni spietati, con nevicate intense che potevano scaricare fino a due metri di neve.

Il quinto lotto di Impresit, invece, si trovava a Sud, dove la ferrovia attraversa la provincia montuosa del Khuzestan. In questo caso la lontananza del luogo dai centri abitati ha reso difficile mantenere le linee di rifornimento. In estate, le temperature hanno raggiunto livelli così torridi che i lavori sono stati condotti di notte. Oltre alla dozzina di ingegneri (20 funzionari amministrativi e 80 tecnici), alla realizzazione di questa tratta hanno lavorato ininterrottamente per 26 mesi 12mila persone, tutti lavoratori locali.

Alla fine dell’opera, Impresit ha costruito circa 50 chilometri di ferrovia, tra cui 73 gallerie e 2.000 metri di ponti e viadotti, contribuendo a quello che è oggi parte del patrimonio culturale e artistico dell’umanità.