Il fiume Colorado, un business sostenibile chiamato acqua

Fondi e investitori istituzionali sono pronti a investire sulle acque del Colorado

Al confine tra l’Arizona e la California, in mezzo a un deserto dove le temperature raggiungono senza fatica i 40 gradi centigradi, spuntano oasi di verde improvvise, dalle quali sono nati piccoli insediamenti, ma anche città.

La loro ricchezza è l’acqua, l’acqua del fiume Colorado. Una ricchezza che non è solo naturale, ma anche economica e finanziaria. Acqua che dalle comunità agricole viene trasferita nelle città attraverso impianti idroelettrici moderni. Los Angeles, Las Vegas (dove Webuild ha realizzato il tunnel che dal lago Mead porta acqua potabile alla città delle luci) così come Phoenix, dove un uso sostenibile della risorsa idrica è fondamentale per ridurre l’inquinamento e rispondere ai bisogni dei cittadini.

Una risorsa così importante che rappresenta uno dei pilastri della sostenibilità enunciati dagli

Sustainable Development Goals delle Nazioni Unite, ma che allo stesso tempo ha acceso l’interesse anche dei grandi investitori finanziari. Convinti che l’acqua sia davvero l’oro del futuro.

Chi investe nel fiume Colorado

Il ruolo strategico dell’acqua e in particolare del fiume Colorado per quello che rappresenta e rappresenterà per milioni di americani è stato colto anche dal mondo della finanza. A confermarlo è stato nei giorni scorsi il New York Times, con un’inchiesta che racconta la proliferazione di investitori privati interessati ad acquistare le terre del Colorado.

La gestione del fiume è affidata al Colorado River Compact, un patto di 13 pagine siglato nel 1922 dai governatori dei sette stati bagnati dalle sue acque. L’accordo stabilisce in che modo le acque del fiume devono essere ripartire tra i vari stati.  

Secondo il New York Times sarebbero tantissimi i soggetti interessati a investire nel Colorado. Tra questi istituzioni finanziarie, gruppi di investitori, perfino università. Addirittura sarebbe pronto a investire nelle acque del fiume anche Michael Burry, il visionario manager di hedge fund che lesse prima degli altri la crisi dei sub-prime, interpretato dall’attore Christian Bale nel film di successo “The Big Short” (La grande scommessa).

Come riporta il Times, Matthew Diserio, presidente e fondatore dell’hedge fund Water Asset Management, ha definito il business idrico come «il più grande mercato emergente sulla terra, con opportunità di business per un trilione di dollari».

L’interesse degli investitori privati, che si lega ai trend dei mercati finanziari, è naturalmente una cartina di tornasole del valore che l’acqua e la sua gestione hanno e avranno ancora di più nei prossimi anni per le società moderne.

Gestire in modo efficiente le acque del fiume Colorado, oltre quindi a rappresentare un’opportunità di business per i grandi investitori, rimane un’occasione strategica per superare il rischio di scarsità di acqua che, da qui ai prossimi anni, sarà sempre maggiore.

Il fiume Colorado, una risorsa per l’America

Oggi il Colorado, che corre per 1.450 miglia (oltre duemila chilometri), assicura l’approvvigionamento idrico a 40 milioni di persone, irrigando 5,5 milioni di acri di piantagioni, non solo in Colorado, Wyoming, Utah, New Mexico, Arizona, Nevada e California, ma negli stati messicani di Sonora e Baja California e in 29 insediamenti dei nativi americani.

L’acqua del fiume viene utilizzata tanto per le campagne, quanto per le città, ma anche come fonte energetica. La Hoover Dam, la celebre diga che sorge proprio sulle sue acque, produce in media annualmente 4 miliardi di kilowatt-ora (circa 30 volte il consumo medio annuo di una città come Roma).

La diga dà vita al Lake Mead, il lago artificiale più grande degli Usa che – grazie all’impianto realizzato dal Gruppo Webuild – rifornisce di acqua potabile la città di Las Vegas.

Nell’insieme si tratta di una risorsa preziosa per la costa Ovest degli Stati Uniti che tuttavia rischia di essere duramente minacciata dai cambiamenti atmosferici.

La minaccia della siccità

Il futuro del fiume, del suo potenziale idrico ma anche economico, dipende oggi in gran parte dall’impatto che la siccità avrà nei prossimi anni. Le tradizionali piene del Colorado, essenziali per trattare l’acqua nell’agricoltura ma anche per indirizzarla nelle città, si sono ridotte del 20% negli ultimi 20 anni.

Il livello delle acque sta diminuendo da anni ormai, come certificato anche dal Bureau of Reclamation, l’agenzia federale che è anche la più grande utility idrica degli Usa. Secondo un’analisi del Bureau nei prossimi anni la portata del fiume continuerà a diminuire, con un impatto inevitabile anche sulla produzione energetica.

Tutto questo anche perché ogni anno l’utilizzo per scopi agricoli della risorsa idrica supera di 5,2 trilioni di litri la capacità fisiologica del fiume. In sostanza è necessario un piano strategico per riorganizzare la gestione delle acque del Colorado, che passi attraverso nuovi investimenti e impianti più moderni.

È per questo che dal 2013 al 2017, James Ekland, l’ex-presidente del Colorado Water, l’ente che gestisce il fiume, ha lavorato insieme a una squadra di esperti per mettere a punto un piano di lungo termine che possa contrastare gli effetti negativi dei cambiamenti climatici.

Un risultato che può essere raggiunto anche attirando investitori privati e trasformando il Colorado in un grande business per il mondo della finanza.