Transizione ecologica: significato e il ruolo dell’edilizia

Un termine sempre più presente nella nostra quotidianità: la transizione ecologica è tra i pilastri portanti degli obiettivi ONU 2030. Come è noto l’Agenda 2030 per lo Sviluppo Sostenibile è un programma d’azione per le persone, il pianeta e la prosperità: così come sottoscritto nel 2015 dai 193 Paesi membri dell’ONU, individua 17 obiettivi che raggruppano a loro volta 169 target da raggiungere entro il 2030. E quello della transizione ecologica è per l’appunto un concetto che ritorna in diversi degli obiettivi definiti, da quello che punta all’energia pulita accessibile a quello che guarda all’innovazione delle infrastrutture, per arrivare alle città sostenibili, alla lotta al cambiamento climatico e alla protezione della vita sulla terra e sott’acqua. Vediamo quindi qual è il significato di transizione ecologica e qual è il ruolo del mondo delle costruzioni in questo processo.

Transizione ecologica: una definizione

Alla voce Transizione ecologica Treccani riporta questa definizione: «processo tramite il quale le società umane si relazionano con l’ambiente fisico, puntando a relazioni più equilibrate e armoniose nell’ambito degli ecosistemi locali e globali». In una seconda accezione, la transizione ecologica viene definita come un «processo di riconversione tecnologica finalizzato a produrre meno sostanze inquinanti». In entrambi i casi si parla di un processo, il quale deve essere strutturale, per poter mettere in moto nel concreto il cambiamento del modello socioeconomico. Il punto cardine di questa rivoluzione sta nel passaggio dai combustibili fossili alle fonti energetiche rinnovabili e sostenibili, così da poter effettivamente combattere i cambiamenti climatici che stanno mettendo a rischio il pianeta. Affrontare il processo di transizione ecologica significa dunque ripensare la società nel suo insieme, attraverso un approccio strategico e globale. Non ci sono dubbi sul ruolo da protagonista che l’edilizia deve avere in questo mutamento.

I punti chiave della ecological transition

Utilizzo di fonti energetiche rinnovabili: al livello mondiale, attualmente, circa l’85% dell’energia utilizzata proviene da fonti combustibili. Si parla quindi di fonti fossili, come il petrolio e i suoi derivati, i quali presentano un impatto ambientale non più accettabile. Ridurre velocemente l’utilizzo dei combustibili di origine fossile è la parola d’ordine; per questo motivo l’Italia, con il PNIEC (Piano Nazionale Integrato per l’Energia e il Clima) si è impegnata ad arrivare al 55% di fonti rinnovabili entro il 2030, investendo in questo processo una buona fetta dei fondi messi a disposizione dal PNRR.

Mobilità sostenibile: è noto che il settore dei trasporti rappresenti una delle aree maggiormente inquinanti. La transizione ecologica da questo punto di vista si traduce nella dismissione dei veicoli a combustibili fossili, sostituiti da mezzi alimentati da energia elettrica, o eventualmente da tecnologie alternative, come per esempio l’idrogeno.

Economia circolare: l’economia circolare è un punto fondamentale della transizione ecologica, e abbraccia tutti i settori. L’obiettivo è quello di ridurre in modo drastico la riduzione dei rifiuti, puntando al riutilizzo, al recupero e al riciclo.

Agricoltura sostenibile: l’agricoltura del futuro deve essere libera da inquinanti e in grado di assicurare cibo sufficiente alla crescente popolazione mondiale. Si parla quindi dell’eliminazione di sostanze come i pesticidi e dell’adozione di soluzioni più efficienti.

Tutela della biodiversità: il cambiamento climatico causato dall’inquinamento di origine antropica ha già modificato in modo importante l’ambiente, mettendo a rischio la biodiversità marina e terrestre. È importante mettere in atto azioni concrete per la salvaguardia dell’ambiente.

Stop alle trivellazioni: dal momento che i combustibili fossili devono essere ridotti e infine eliminati, lo stop di trivellazioni in ricerca di nuovi giacimenti petroliferi non può che essere condiviso e rispettato a livello internazionale, dirigendo gli investimenti verso gli impianti energetici green.

Il Ministero della transizione ecologica

Sulla spinta degli impegni presi a livello internazionale e dell’accelerazione del cambiamento climatico, nel 2021 è stato istituito in Italia il Ministero della transizione ecologica – in sigla MiTe. Al dicastero sono state attribuite le competenze in materia energetica, le quali in passato erano in carico al Ministero per lo sviluppo economico. Il primo ministro per la transizione ecologica, all’interno del Governo Draghi, è stato Roberto Cingolani, in carica a partire dal 13 febbraio del 2021.

Il ruolo dell’edilizia nel processo di transizione ecologica

Attualmente, in Europa, gli edifici sono responsabili di circa il 40% del consumo energetico, nonché del 36% delle emissioni di gas a effetto serra. La Commissione europea, definendo il programma conosciuto come Ondata di ristrutturazioni, ha stimato che, per raggiungere la riduzione del 60% delle emissioni di anidride carbonica dal patrimonio edilizio esistente entro il 2030, si rende necessaria la ristrutturazione di 35 milioni di edifici nell’Unione Europea. Si parla, di fatto, di un raddoppio del tasso di ristrutturazione annuo medio. È sotto quest’ottica che vanno considerati tutti gli incentivi messi a disposizione dei cittadini nell’ultimo periodo.

Guardando alla sola Italia, si scopre che attualmente più del 30% degli edifici esistenti appartiene alla classe energetica G, mentre solo una fetta corrispondente al 6% raggiunge la classe A. Gli investimenti da mettere in campo sono ingenti, ma va detto che i vantaggi possono essere grandi, anche a livello economico. Stando al rapporto di Deloitte “Italy’s Turning Point- Accelerating New Growth On The Path To Net Zero”, un veloce processo di decarbonizzazione sul suolo italiano potrebbe condurre a una differenza positiva annua del PIL del 3,3% nel 2070, nonché alla nascita di 470.000 nuovi posti di lavoro.

Il mondo dell’edilizia può quindi contribuire con il miglioramento dell’efficienza energetica degli edifici esistenti, attraverso interventi mirati di riqualificazione e di ristrutturazione. Ma si parla anche del recupero sistematico dei materiali da costruzione, secondo i principi dell’economia circolare, nonché della scelta – per i beni non recuperabili – di fornitori con un alto livello di attenzione per la sostenibilità ambientale. In questo scenario stanno acquisendo sempre maggiore importanza i certificati che dimostrano la sostenibilità ambientale di un edificio: si parla di certificati come LEED, BREEAM, Cradle to Cradle e via dicendo. È necessario puntare al risparmio energetico lungo tutto il ciclo di vita dell’edificio, pensando quindi alla costruzione, al funzionamento a regime e ai successi interventi: trasformando in pratiche concrete questi principi, l’edilizia può dare un enorme contributo alla transizione ecologica globale.