La California vive in continuo duello con l’acqua, altalenando annuali situazioni di siccità a martellanti piogge e inondazioni. Dalla fine di dicembre violente tempeste hanno sovralimentato i corsi d’acqua, riversando fango su strade, case e persone, con una ventina di vittime dal Natale scorso. Quando la tempesta si placa, il risultato, quasi ironico, si ripete ormai da anni: miliardi di litri d’acqua, che potrebbero essere immagazzinati per far fronte alla siccità, finiscono invece per riversarsi inutilizzati nell’Oceano Pacifico. Lo Stato non sta certo a guardare, ma i programmi realizzati o avviati non sono stati finora in grado di trattenere l’acqua come sperato.
La doppia emergenza, siccità e inondazione, segnala il perenne contrasto tra alti e bassi della California. «Prevediamo che questa potrebbe essere una delle serie di tempeste più impegnative e di impatto che si sono verificate in California negli ultimi cinque anni», ha affermato agli inizi di gennaio Nancy Ward, appena insediatasi come California Office of Emergency Services Director, dopo la nomina annunciata il 31 dicembre scorso dal governatore Gavin Newsom. Nelle varie contee sono stati attivati i sistemi per trattenere quanta più acqua possibile per riutilizzarla nei periodi di caldo torrido, e trasformare l’emergenza in opportunità.
I bacini idrici della California, una risorsa insufficiente
La California conta su un sistema di circa 1.400 serbatoi di superficie creati nell’arco di decenni e migliaia di chilometri di argini per gestire le acque superficiali. Due dozzine di grandi serbatoi controllano più della metà dello stoccaggio complessivo, gestendo i corsi d’acqua durante i periodi di forti piogge o scioglimento della neve, per evitare allagamenti nelle comunità a valle. I due serbatoi più grandi, le dighe di Shasta e Oroville, secondo un reportage della NBC News, erano piuttosto vuoti alla fine dell’anno e sono stati in grado di ridurre notevolmente gli impatti a valle di queste precipitazioni e allo stesso tempo trattenere una notevole quantità d’acqua, mentre altri bacini più piccoli non sono stati in grado di immagazzinare tutto il deflusso. I laghi Folsom, Mendocino e Millerton hanno dovuto rilasciare acqua a valle in maniera controllata, perdendo però gran parte del tesoro idrico.
L’infrastruttura idrica della California è stata progettata decenni fa, quando il cambiamento climatico non era visto come una preoccupazione urgente e le previsioni meteorologiche erano meno potenti. Un secolo fa, la città di Los Angeles ha costruito quello che è ancora ampiamente considerato il più sofisticato sistema di controllo delle inondazioni urbane degli Stati Uniti, progettato per trattenere le acque dalle tempeste del Pacifico. Dai recenti acquazzoni, secondo i media locali, sono stati catturati da 14 dighe ben 31,7 miliardi di litri d’acqua.
«Gli eventi meteorologici gravi e l’aumento del rischio di inondazioni sono impatti inevitabili del cambiamento climatico», ha affermato al Los Angeles Times, Mark Pestrella, direttore e ingegnere capo del distretto di controllo delle inondazioni della contea di Los Angeles. «L’azione odierna del board della Contea è in linea con il piano sostenibile per miglioramenti alle infrastrutture, tali da ridurre il rischio d’inondazioni, aumentare l’approvvigionamento idrico locale attraverso la cattura delle acque piovane e la ricarica delle acque sotterranee, e migliorare la qualità dell’acqua in tutta la contea».
Tra le priorità del Corpo degli Ingegneri dell’Esercito degli Stati Uniti nel sud della California, secondo il giornale, vi è la spesa di circa 600 milioni di dollari per aggiornare la diga Whittier Narrows di 63 anni, costruita in uno spazio naturale tra le colline a circa 11 miglia del centro di Los Angeles. La diga di terra è stata inserita nella categoria di rischio più elevato dell’agenzia quando ha determinato tre potenziali modalità di guasto che minacciavano più di un milione di persone a valle da Pico Rivera a Long Beach.
Gli investimenti necessari per il riequilibrio idrico dello stato
Secondo il rapporto 2019 sulla California, emesso dall’American Society of Civil Engineers (ASCE), il fabbisogno d’acqua potabile nei prossimi 20 anni richiederà investimenti per 51 miliardi di dollari. Questa spesa servirebbe a far fronte ai necessari miglioramenti della rete idrica. A San Francisco, circa 150 delle 1.200 miglia di condutture idriche hanno più di 100 anni. A Los Angeles, circa il 28% delle 6.780 condutture principali della città è stato installato prima del 1938. Secondo i dati ASCE, i grandi centri urbani hanno generalmente impianti di trattamento dell’acqua all’avanguardia, mentre molte delle aree rurali dipendono da pozzi ormai inadeguati durante i periodi di siccità.
La scorsa primavera, gli ispettori statali delle dighe hanno valutato 112 impianti della California come “meno che soddisfacenti”. Un dato che contrasta con quelli dell’ASCE, secondo cui oltre la metà delle 1.476 dighe statali, federali e di proprietà locale della California è considerata ad alto rischio. Circa il 70% delle dighe ha più di 50 anni e, malgrado l’amministrazione dello stato abbia aumentato il budget della Division of Safety of Dams (DOSD), portandolo sopra la media nazionale, secondo l’associazione degli ingegneri civili, non finanzia completamente i programmi necessari per garantire un’adeguata sicurezza delle dighe.
Il California DOSD è stato creato nel 1929 all’indomani del crollo della diga di St. Francis, a circa 50 miglia a nord-ovest di Los Angeles. L’onda causata dal crollo dell’infrastruttura in calcestruzzo ad arco a gravità determinò la morte di 600 persone. Dopo quasi un secolo, per una maggiore attenzione nei riguardi del sistema idrico, si è dovuti arrivare allo scampato pericolo del febbraio 2017 alla diga di Oroville, quando un cedimento ha provocato l’evacuazione di oltre 180.000 residenti e destato preoccupazione per la tenuta della diga, fortunatamente poi risolta.
La costruzione di nuove grandi dighe in California è oggi quasi impossibile, per mancanza di finanziamenti adeguati e per le nuove leggi ambientali emanate anche sulla scia del caso Oroville. Si adottano, piuttosto, sistemi di piccoli sbarramenti idrici in serie e, per non assistere più all’immagine di valanghe d’acqua che, dopo aver inondato campi e strade, si perdono in mare, si punta soprattutto a metodi operativi innovativi per affrontare le funzioni primarie delle dighe: stoccaggio dell’acqua e controllo delle inondazioni. Secondo l’ASCE, le moderne previsioni meteorologiche possono aiutare i proprietari di dighe a prevedere i periodi migliori dell’anno per rilasciare acqua per il controllo degli allagamenti e immagazzinare acqua per il massimo fabbisogno idrico. Le innovazioni in questo settore avrebbero, inoltre, il potenziale per aumentare la percentuale di energia prodotta senza aumentare l’impatto ambientale. Ma, senza una visione di lungo periodo, il duello californiano sull’acqua rischia di rimanere irrisolto.