Gli Stati Uniti sono il principale cliente del Canale di Panama e in particolare delle nuove chiuse realizzate da Webuild nel giugno 2016, che hanno permesso di raddoppiare dal 3 al 6 per cento la quota del commercio marittimo mondiale gestita dal paese centroamericano. Nel 2022, secondo i dati dell’amministrazione del canale, oltre 510 milioni di tonnellate di merci sono passate attraverso la scorciatoia d’acqua che consente alle grandi navi di passare dall’Atlantico al Pacifico in sole dieci ore.
I porti americani generano il 73% del traffico dell’istmo panamense, in origine, come destinazione o come punto di smistamento. Cina, Giappone e Cile seguono con il 21, il 13 e il 10 per cento. In meno di sette anni di vita il nuovo canale ha cambiato i piani dei porti americani, privilegiando quelli in grado di ospitare le navi del tipo New-Panamax, con tripla capacità di carico, pari a circa 15.000 container, lunghe fino a 400 metri e, soprattutto, con un pescaggio ben superiore a quello delle navi veicolate dal vecchio canale.
Molti porti americani si sono dovuti attrezzare, scavando e dragando il bacino portuale, per raggiungere la quota minima dei 50 piedi (15,2 metri). Imponenti lavori e miglioramenti nelle infrastrutture sono stati fatti nei grandi scali dell’Est, come il complesso New York-New Jersey, Norfolk, Baltimora, Savannah, Miami. Sulla costa Ovest, per il maggior complesso portuale americano, Los Angeles-Long Beach, l’ostacolo non era determinato dalla profondità del bacino, ma dal Gerald Desmond Bridge, un ponte neanche troppo vecchio (52 anni di vita) ma decisamente troppo basso rispetto al livello del mare.
Al suo posto l’amministrazione del porto californiano ha chiamato Webuild per costruire un nuovo ponte strallato, con campata centrale di 330 metri e 62 metri di altezza sopra le acque del Back Channel, che è la porta d’ingresso al complesso portuale. Il progetto, dal valore di 1,5 miliardi di dollari, è stato completato nell’ottobre 2020. A due anni dalla sua inaugurazione il Long Beach International Gateway Bridge, questo il nome della nuova infrastruttura, ha già collezionato numerosi riconoscimenti per aver contribuito all’economia americana come anello vitale nella catena di approvvigionamento. Il nuovo ponte sovrasta la mega-area portuale di Los Angeles e Long Beach, che gestisce il 37% di tutte le merci che entrano via mare negli Stati Uniti. Da solo, il porto di Long Beach gestisce scambi per un valore di oltre 200 miliardi di dollari l’anno, alimenta 2,6 milioni di posti di lavoro e vanta 10 moli per le navi New-Panamax e 66 gru. Con le due torri di supporto che raggiungono i 515 piedi (160 metri) nel cielo e un sistema di illuminazione a LED multicolore, il ponte a sei corsie è oggi un’icona infrastrutturale della California: il governo americano l’ha inserito nel Federal Strategic Highway Network, ossia nella lista di infrastrutture che per il loro impatto sono prioritari nello sviluppo del Paese.
Grandi cambiamenti per il commercio marittimo globale
Il COVID-19, la guerra in Ucraina, i cambiamenti climatici e la geopolitica hanno imposto cambiamenti drastici al trasporto marittimo e alla logistica, intasando alcuni porti e chiudendone altri, riconfigurando le rotte, prolungando i ritardi e aumentando i costi di spedizione. Alle navi, che trasportano oltre l’80% del commercio mondiale, viene richiesta sempre maggiore capacità di carico: per riuscire a trasportare non più 10mila o 15mila, ma oltre 20mila containers, la dimensione delle imbarcazioni cresce anno dopo anno.
Nel 2022, la Cina aveva circa 1.200 grandi navi commerciali in costruzione, molte di più degli Stati Uniti. La Cina possiede oltre 7.300 navi commerciali, un numero superiore di circa quattro volte quello americano. Di qui la necessità per i porti, le compagnie di navigazione e gli operatori di trasporto di rinnovare le proprie infrastrutture per rispondere all’aumento della domanda di merci che viaggiano su grandi cointainer.
Secondo la “Review of Maritime Trasport 2022” dell’United Nations Conference of Trade and Development (UNCTAD), il commercio marittimo mondiale è ripartito nel 2021, mentre le spedizioni sono cresciute di circa il 3,2% per raggiungere 11 miliardi di tonnellate. Ciò rappresenta un miglioramento di 7 punti percentuali rispetto al calo del 3,8% nel 2020. La crescita è stata registrata in tutte le regioni in via di sviluppo. È aumentato di circa il 5,6% in Africa, del 3% in America Latina e Caraibi e del 3% in Asia, che è rimasta il principale centro mondiale di movimentazione delle merci marittime, rappresentando il 42% delle merci caricate e il 64% di quelle scaricate nel 2021.
La candidatura di Genova come nuovo hub degli scambi marittimi
Anche l’Europa si presenta all’imbocco di quest’evoluzione del commercio marittimo con nuovi progetti e soluzioni. In Italia, il porto di Genova ha messo in moto il progetto della nuova diga foranea, la cui costruzione è stata affidata in consorzio a Webuild. L’opera di rilevanza nazionale e strategica migliorerà la manovrabilità delle grandi navi e aumenterà fortemente la sicurezza grazie anche alla separazione dei flussi commerciali rispetto alle navi da crociera e alle navi passeggeri. La diga, unica al mondo per la complessità ingegneristica, sia per le dimensioni che per la realizzazione offshore, cioè realizzata totalmente in mare aperto, senza interrompere le attività portuali, poggerà su fondali a profondità variabile fino a 50 metri e avrà uno sviluppo complessivo di 6,2 km. La sua realizzazione consentirà l’accesso al porto alle porta-container più grandi, lunghe fino a 400 metri (il doppio di quelle che possono transitare oggi), riportando Genova e il Mediterraneo al ruolo di crocevia del traffico marittimo globale.