Dall’Al Bayt Stadium agli altri stadi nel mondo, i templi del calcio che accendono la passione

I Mondiali 2022 saranno inaugurati nell’Al Bayt, lo stadio realizzato da Webuild a Doha

Mancano poche ore al fischio d’inizio che darà il via alla prima partita della Coppa del Mondo di calcio 2022. Il primo Mondiale giocato in un paese del Medio Oriente. Fischio d’inizio che risuonerà tra gli spalti dell’Al Bayt Stadium, lo stadio realizzato dal Gruppo Webuild, chiamato a ospitare il match d’esordio della più importante competizione sportiva al mondo, quello che si giocherà tra i padroni di casa del Qatar e l’Ecuador.

E proprio qui, all’interno di questa enorme e avveniristica struttura che ricorda la forma e la sostanza di una tradizionale tenda beduina, si terrà anche la cerimonia di apertura dell’evento, un appuntamento planetario al quale è prevista la partecipazione, oltre che di capi di stato, di star della musica e del cinema.

Tutti riuniti per salutare l’inizio di un Mondiale che si festeggia all’interno di uno degli otto stadi che il Qatar ha realizzato proprio per farsi trovare pronto a questo appuntamento. Otto stadi complessi e moderni, capaci di ospitare dalle 60mila (come nel caso di Al Bayt) alle 80mila persone (la capienza dello stadio Lusail che ospiterà la finale), tutti concentrati nella zona di Doha, la capitale del paese che ne è anche la calamita urbanistica e sociale.

Nell’insieme strutture ultramoderne, sette delle quali dotate di impianti di aria condizionata che permettono di mitigare il clima caldo del Qatar, ma anche progettate secondo criteri di sostenibilità, a partire dall’uso dei materiali fino alla loro stessa destinazione finale. Uno stadio come l’Al Bayt, ad esempio, sarà in parte smantellato riducendone la capienza mentre addirittura lo stadio 974 (nome ispirato al numero di container navali che ne compongono la struttura) verrà interamente smontato. Sono queste le innovazioni ingegneristiche alle quali il Gruppo Webuild ha partecipato realizzando lo stadio più suggestivo dal punto di vista estetico, una tenda beduina dalle dimensioni sconfinate che spunta a due passi dal deserto.

Al Bayt Stadium, ecco la tenda ipertecnologica

«L’Al Bayt è una casa dove tutti si sentono uniti, e ogni persona si sente più vicina alle altre. È il simbolo di quello che la stessa Coppa del Mondo rappresenta».

Queste sono state le parole pronunciate dal presidente della Fifa Gianni Infantino in occasione dell’inaugurazione dell’Al Bayt Stadium, lo stadio che sorge nella città di Al Khor, a circa 46 chilometri da Doha e che è stato scelto anche per ospitare una delle due semifinali del torneo mondiale.

Uno stadio ispirato ai principi della sostenibilità, tanto nella forma della tenda beduina che rappresenta proprio il senso e il valore dell’inclusione, quanto nelle caratteristiche dell’opera. L’Al Bayt ha infatti ottenuto la GSAS 4stars rilasciato dalla Gulf Organization for Research & Development (GORD), ovvero uno dei più alti standard di sostenibilità riconosciuto nell’area MENA. Il riconoscimento si basa, oltre ai parametri di energia, efficienza e sicurezza, anche alla capacità di riutilizzare la struttura dopo l’evento, allo sviluppo delle comunità locali, alla tutela dell’ambiente autoctono.

Nel caso dell’Al Bayt la sostenibilità si sposa con la tecnica ingegneristica perché lo stadio, realizzato su un altopiano desertico, sorge su un terreno rialzato di 14 metri sul livello del mare e presenta caratteristiche uniche anche in tema di materiali. Tutte le facciate sono realizzate in uno speciale tecnopolimero chiamato PTFE, mentre l’aria condizionata viene diffusa attraverso prese di ventilazione che si trovano sotto i sedili degli spettatori creando delle vere e proprie bolle di refrigerio. Lo stadio è stato inoltre progettato per essere in parte smontato, riducendone la capacità dagli attuali 60mila a 32mila posti e convertendone una parte in un hotel. Tutte richieste del Comitato organizzatore dei Mondiali che il Gruppo Webuild ha trasformato in realtà, forte di un’esperienza più che decennale maturata proprio nel settore dei grandi stadi.

Italia 90, quei due grandi stadi divenuti un simbolo del paese

Proprio in questi giorni in cui tanto a Roma quanto a Milano i grandi club del calcio dialogano per costruire i loro stadi di proprietà, si alza il coro collettivo in difesa di due templi del calcio: il Meazza di San Siro e lo Stadio Olimpico della capitale d’Italia. Sono due strutture uniche che il Gruppo Webuild ha ricostruito proprio in occasione della Coppa del Mondo che si è giocata in Italia nel 1990.

Due opere simboliche e due esempi di un nuovo modo di vivere lo sport: verticale il Meazza con gli spalti che si sviluppano in altezza e la distanza dal campo ridotta al minimo; orizzontale l’Olimpico con una grande pista d’atletica e una capacità di pubblico ideale che gli ha permesso di trasformarsi nel teatro di tante kermesse, non solo sportive.

Nel caso dell’Olimpico sono stati necessari tre anni di lavori, che hanno permesso di ricostruire lo stadio, avvicinando le curve al campo e coprendolo interamente con una tensostruttura. Una volta terminato, la capacità dello stadio è passata da 54mila a 82mila posti. A San Siro sono stati invece necessari due anni di lavori, realizzati da un pool di aziende guidate da Lodigiani (Gruppo Webuild) nel corso dei quali è stato costruito anche un terzo anello di gradinate.

Dopo la ristrutturazione il “Times” ha inserito il Meazza al secondo posto tra gli stadi più belli del mondo e ancora oggi è tra le venti strutture più capienti al mondo.

Webuild e la lunga tradizione degli stadi

Dall’Al Bayt, ultimo prodigio della tecnica ingegneristica, allo Stadio Nazionale di Lagos, la storia del Gruppo Webuild è segnata anche dalla costruzione di questi giganti destinati allo sport e all’intrattenimento. Correndo indietro nel tempo nell’archivio sconfinato di opere realizzate nel secolo scorso, spuntano infatti – oltre appunto allo Stadio Nazionale di Lagos in Nigeria che al momento della sua costruzione nel 1972 aveva 55mila posti – anche diverse strutture in Romania, Gabon, di nuovo Italia e Tailandia. Nel paese del Sud Est asiatico il Gruppo ha realizzato il complesso sportivo Changmai, che sorge nell’omonima località, e che è costituito – oltre che da uno stadio da 20mila posti – anche da un campo di calcio per allenamenti, da una piscina olimpionica e da una palestra coperta con una capacità di 5mila posti. Ancora in Tailandia Webuild ha realizzato i complessi sportivi che si trovano nella provincia sud di Songkla. Anche in questo caso, all’interno di una superficie di 100mila metri quadrati, sorge uno stadio da 20mila posti, e un centro polifunzionale dotato di piscina, palestra coperta, campi da tennis. Tutto questo per sostenere lo sviluppo del movimento sportivo che, dai tempi delle prime olimpiadi ateniesi fino ad oggi, rimane uno degli strumenti più efficaci per la pace e la coesione tra i popoli.