Great Belt Bridge: l’infrastruttura che ha unito la Danimarca e cambiato l’Europa

Storia di un colosso dell’ingegneria strutturale, un sistema infrastrutturale composto da un ponte strallato, un ponte ad arco e un tunnel ferroviario. Ancora oggi è un’icona di innovazione, integrazione economica e sostenibilità ambientale.

Se l’Europa fosse raccontata con le sue infrastrutture, il Great Belt Bridge (Storebæltsbroen in danese) occuperebbe uno dei capitoli centrali. Come il traforo del Monte Bianco o quello del San Gottardo, oppure il tunnel che attraversa il Canale della Manica o ancora le reti ferroviarie ad alta velocità che uniscono le principali città del continente, così anche il ponte che collega le isole danesi di Zealand e Funen è sicuramente un’opera simbolo, e anche un grande acceleratore di sviluppo.

Quei 18 chilometri che hanno ridefinito la mobilità, l’economia e l’identità di un’intera nazione rappresentano prima di tutto un capolavoro di ingegneria applicata, un esempio di progettazione strutturale avanzata, resilienza ambientale e visione geopolitica.

Il collegamento del Great Belt è in realtà un sistema infrastrutturale integrato, composto da tre sezioni principali:

– un ponte strallato di 6.790 metri tra Zealand e la piccola isola artificiale di Sprogø;
– un tunnel ferroviario sottomarino lungo 8.024 metri tra Sprogø e Funen;
– un secondo ponte ad arco in acciaio di 6.611 metri che collega Sprogø a Funen per il traffico veicolare.

Il cuore dell’intero sistema è il ponte strallato East Bridge, lungo 6.790 metri, che con i suoi 1.624 metri di campata principale è ancora oggi uno dei ponti sospesi più lunghi del mondo. Le sue torri in calcestruzzo armato raggiungono i 254 metri d’altezza, rendendolo la struttura più alta della Danimarca.

Studio Cowi, dal Great Belt Bridge al Ponte sullo Stretto di Messina

Il Great Belt Bridge è stato progettato per resistere a condizioni ambientali estreme: venti oltre i 55 metri al secondo, forte salinità marina, variazioni termiche significative e il passaggio quotidiano di migliaia di veicoli e convogli ferroviari.

Le fondazioni del ponte poggiano su pali ancorati al fondale marino fino a 40 metri di profondità, in grado di garantire stabilità anche in caso di eventi sismici o urti accidentali, mentre le torri sono realizzate in segmenti prefabbricati di calcestruzzo, montati con precisione millimetrica. Proprio la scelta di tecnologie modulari ha permesso di accelerare la costruzione dell’opera e assicurare la stabilità dinamica dell’intera struttura.

Tra gli artefici del progetto spicca lo studio danese Cowi, leader mondiale nella progettazione di infrastrutture complesse, coinvolto in tutte le fasi di studio, dall’analisi ambientale all’ingegneria strutturale, dalle simulazioni aerodinamiche allo studio delle correnti marine.

Nel corso della sua storia, Cowi ha firmato alcune delle infrastrutture più iconiche del mondo, tra cui il Queensferry Crossing in Scozia, il ponte Stonecutters a Hong Kong, il viadotto di Millau in Francia e il recente progetto del Fehmarnbelt Tunnel tra Danimarca e Germania. E oggi è anche tra i progettisti del futuro Ponte sullo Stretto di Messina, che collegherà la Calabria alla Sicilia diventando il ponte sospeso più lungo del mondo.

Un acceleratore di crescita, decarbonizazione e coesione sociale per la Danimarca e l’Europa

Dal momento della sua apertura nel 1998, il Great Belt Bridge ha trasformato radicalmente la mobilità tra le due più ricche regioni danesi, riducendo il tempo di percorrenza da oltre un’ora a meno di 15 minuti. Il traffico automobilistico e ferroviario non solo è aumentato in volume, ma ha anche acquisito regolarità e affidabilità.

Attualmente oltre 35.000 veicoli attraversano il ponte ogni giorno, mentre i treni ad alta capacità effettuano oltre 80 corse quotidiane.

In termini economici, l’infrastruttura ha generato un incremento del PIL nazionale stimato attorno allo 0,3% annuo, grazie al miglioramento delle connessioni logistiche e alla crescita del commercio interno. Inoltre, ha favorito la crescita del pendolarismo e l’integrazione tra le regioni orientali e occidentali del Paese, contribuendo a una maggiore coesione sociale e territoriale.

Il progetto, del valore complessivo di circa 21 miliardi di corone danesi (pari a oltre 2,8 miliardi di euro attuali), è stato finanziato tramite prestiti garantiti dallo Stato e viene ripagato attraverso i pedaggi, con il raggiungimento della piena sostenibilità finanziaria previsto entro il 2030.

Oltre ai suoi impatti sull’economia danese, il Great Belt è uno snodo strategico per l’intero corridoio TEN-T Scandinavo-Mediterraneo, che collega la Norvegia all’Italia passando per la Danimarca, la Germania e l’Austria. Grazie alla sua efficienza, l’infrastruttura ha ridotto drasticamente il trasporto marittimo tra le isole danesi e incentivato quello su rotaia, contribuendo alla decarbonizzazione del sistema europeo dei trasporti. Allo stesso modo, ha aperto nuove rotte per il trasporto navale di merci tra Svezia, Danimarca e Germania, integrando porti come Göteborg e Amburgo in una rete logistica continentale più efficiente.

Sostenibilità ambientale, innovazione e visione: un modello europeo

Dal punto di vista ambientale, il progetto è stato uno dei primi in Europa a includere un piano di compensazione ecologica e monitoraggio marino a lungo termine. Ancora oggi, le correnti marine e la biodiversità della zona vengono studiate per garantire l’equilibrio degli ecosistemi.

Inoltre, l’infrastruttura è dotata di un avanzato sistema di monitoraggio strutturale continuo che consente interventi di manutenzione predittiva, riducendo i costi e garantendo la sicurezza.

Per tutte queste ragioni, il Great Belt Bridge rappresenta un caso studio per ingegneri, economisti e urbanisti, perché non solo ha dimostrato che è possibile realizzare grandi opere in ambienti marini complessi, ma ha anche evidenziato l’importanza delle infrastrutture progettate per generare valore nel lungo periodo e per promuovere la sostenibilità ambientale.

L’eredità ingegneristica di questo ponte vive infatti nelle opere del futuro, proprio come il Ponte sullo Stretto di Messina, progettato per vincere le stesse sfide.