Oltre alla capacità tecnica, al ruolo dei moderni macchinari, al supporto delle innovazioni digitali, dietro le più incredibili opere infrastrutturali c’è l’intelligenza. Non quella artificiale di cui tanto si parla ma quella umana, concreta, fatta di visione, competenza, creatività e coraggio.
È l’intelligenza che si fa progetto, calcolo, disegno, decisione e sfida. La stessa che costruisce infrastrutture come ponti, gallerie sotto il mare, o che porta acqua nei deserti e collega continenti.
«Per affrontare un mondo in fiamme, l’architettura deve riuscire a sfruttare tutta l’intelligenza che ci circonda e deve lavorare a più mani per salvaguardare uno dei beni essenziali, l’acqua». Questa una delle riflessioni da cui prende vita la 19a Mostra Internazionale di Architettura (Biennale Architettura 2025, 10 maggio-23 novembre) alla Biennale di Venezia, il cui tema principale è l’intelligenza come protagonista di un attesissimo evento di portata internazionale: intelligenza intesa come intelligenza umana, intelligenza della natura e intelligenza artificiale.
Dalla Diga Foranea di Genova al Nuovo Canale di Panama, l’intelligenza al servizio delle grandi infrastrutture
Nella costruzione di opere colossali in giro per il mondo, il Gruppo Webuild, leader mondiale delle infrastrutture complesse, ha adottato soluzioni e tecniche innovative, frutto dell’intelligenza umana accompagnata alla capacità tecnica e tecnologica.
È la storia di quanto accaduto nel Lake Mead, il più grande lago artificiale degli Stati Uniti d’America alimentato dalle acque del fiume Colorado. Qui è stato realizzato un tunnel sotterraneo a oltre 200 metri di profondità essenziale per raccogliere l’acqua dolce del lago, che con una rete di condutture arriva fino alla città di Las Vegas.
L’Intake 3 (nome della “cannuccia” costruita sul fondo del lago) è stato realizzato a una pressione a cui nessun cantiere era mai stato sottoposto prima di allora. Una scommessa vinta proprio grazie all’intelligenza applicata all’ingegneria.
Oppure a Genova, dove si sta costruendo la nuova Diga Foranea, che amplierà il bacino navigabile del porto permettendo l’ingresso anche alle navi più grandi al mondo. Le lavorazioni si svolgono a 50 metri di profondità sotto il mare.
Da qui la scelta di applicare il sofisticato sistema delle immersioni in saturazione. Per farlo è stata allestita su una chiatta che galleggia sul mare con una camera iperbarica dalle dimensioni di un appartamento, collegata al fondo del mare da una campana subacquea (anch’essa iperbarica) che permette ai sub di raggiungere il luogo delle lavorazioni.
I sub vivono 28 giorni sotto pressione costante all’interno della camera iperbarica respirando una miscela di elio e ossigeno e riuscendo così a lavorare con turni anche di otto ore sul fondo del mare.
Il sofisticato sistema di immersione in saturazione, utilizzato solo nelle situazioni più estreme come per le lavorazioni dei pozzi offshore, è stato essenziale per la nuova Diga Foranea di Genova per condurre tutte le operazioni di bonifica bellica, permettendo così l’inizio dei lavori per quella che sarà la diga foranea più profonda d’Europa.
Ma l’intelligenza che costruisce non si ferma alle profondità. A Panama, Webuild ha contribuito a uno dei progetti più ambiziosi del nostro tempo: la costruzione del Nuovo Canale di Panama, nodo strategico del commercio mondiale.
L’attraversamento del lago Gatún, essenziale per passare da un oceano a un altro, richiedeva per il vecchio Canale, costruito nei primi decenni del Novecento, un enorme dispendio di acqua dolce. Per ridurre al massimo questo spreco, gli ingegneri di Webuild hanno elaborato un nuovo sistema, chiamato Water Saving Basins, che ha previsto la costruzione di bacini ausiliari per il recupero e il riutilizzo dell’acqua utilizzata per il funzionamento del sistema di chiuse del Canale.
Questo ha permesso un risparmio di acqua pari al 60% e quindi il transito di una nave che richiederebbe 500 milioni di litri di acqua, oggi viene realizzato con circa 200 milioni di litri.
Biennale di Venezia, ingegneria alleata alla bellezza: le grandi opere infrastrutturali ispirate alla natura e all’essere umano
In linea con il messaggio della Biennale Architettura 2025, queste esperienze di ingegneria dimostrano quanto l’intelligenza al servizio delle costruzioni possa diventare strumento per realizzare opere complesse e nel farlo rispettando al massimo l’ambiente e l’uomo.
Un tema che si lega anche al concetto di bellezza, frutto stesso dell’intelligenza ed espressione della volontà di assicurare un lascito alle generazioni future
Costruire secondo bellezza è il messaggio che Webuild comunica attraverso le sue opere, oltre 330 progetti completati in cinque continenti tra il 2012 e il 2024.
Lo testimoniano, ad esempio, le otto Stazioni dell’Arte realizzate dal Gruppo per la metropolitana di Napoli, ritenute tra le più belle al mondo, espressione di un progetto visionario al quale hanno dato il loro contributo artisti, architetti e designer.
Lo dimostra lo Stavros Niarchos Foundation Cultural Center, centro culturale di Atene che ospita la Biblioteca Nazionale greca e la Greek National Opera, progettato da Renzo Piano e completato nel 2016. O ancora, la Moschea di Abu Dhabi, che è grande due volte la Basilica di San Pietro, un’oasi di pace ispirata allo stile persiano, moghul e moresco con quattro minareti, 82 cupole e 150 pinnacoli.
La bellezza, la tutela dell’ambiente, l’utilità per le persone sono principi che animano tantissimi progetti infrastrutturali in giro per il mondo. A Copenaghen, l’impianto di CopenHill brucia rifiuti per produrre energia, ma sul tetto ospita una pista da sci, un sentiero escursionistico e un centro ricreativo. Un edificio che unisce tecnologia, sostenibilità e bellezza.
Proprio come accade molto spesso in Giappone, ad esempio con il Tokyo Skytree: la torre di Tokyo di oltre 600 metri progettata per resistere ai terremoti più violenti grazie a un nucleo centrale indipendente capace di assorbire l’energia sismica. Una meraviglia della tecnica e una prova di sensibilità culturale: l’intera struttura è infatti ispirata alle forme delle pagode buddiste, un ponte tra tradizione e innovazione.
Queste opere, così diverse tra loro per funzione, geografia e identità, hanno in comune la stessa matrice: sono figlie dell’intelligenza, che, quando si unisce alla bellezza, riesce davvero a “tracciare rotte per il futuro”, come recita il messaggio della Biennale di Venezia.
Perché costruire secondo intelligenza non significa solo risolvere problemi, ma anche immaginare mondi migliori.