L’America riprende da Miami la corsa al Mall più grande

Il maxi progetto sarà realizzato dopo l’adeguamento delle infrastrutture stradali strategiche per la Florida

La sfida o, se si vuole, la corsa al primato in ogni campo caratterizza da sempre l’America, e ne guida spesso le scelte d’investimento. Il criterio del “più grande” lo si ritrova appieno nelle scelte infrastrutturali. Una filosofia applicata anche alle costruzioni dedicate al commercio al dettaglio e all’intrattenimento, i cosiddetti “big mall”, un concentrato di negozi, ristoranti, angoli del fast food, hotel e parchi divertimento, tutti all’interno di un unico complesso.

La filosofia del “tutto e tutti sotto lo stesso tetto” ha vissuto un’imponente forma di depressione con l’emergenza pandemica, che ha rallentato se non sospeso progetti ormai avviati e finanziati. Tra questi vi è l’American Dream Miami, nella contea di Miami-Dade, il cui completamento è slittato dal 2023 al 2026, ma nei piani degli sviluppatori, il Triple Five Group, avrà una superficie utile di 6,2 milioni di piedi quadrati (oltre 575mila metri quadrati), una dimensione capace di rilanciare gli Stati Uniti verso la vetta della classifica dalla quale è stata via via spodestata dai grandi Mall arabi e asiatici.

Lane e gli altri: i big delle infrastrutture al lavoro sulle opere stradali

L’American Dream, già ribattezzato Alligator Mall, sorgerà appena prima del Parco Nazionale delle Everglades. Per la sua realizzazione, che richiederà un investimento di 5 miliardi di dollari, si sono mosse varie entità statali anche in previsione di un traffico in aumento in un’area super congestionata come quella attorno a Miami. Il via libera dipende, infatti, anche dall’allargamento della Florida Turnpike, un progetto di primaria importanza per la mobilità nel sud della Florida che vede impegnate dal 2022 tra Orlando e Miami alcune tra le migliori imprese di costruzione, tra le quali la Lane Construction del Gruppo Webuild.

La corsa mondiale ai grandi mall

Il New South China Mall che si trova nella città di Dongguan, colossale infrastruttura da 6,46 milioni di piedi quadrati (600mila metri quadrati), con riproduzione di monumenti internazionali e montagne russe al suo interno, ha faticato non poco a riempire gli spazi commerciali e a richiamare visitatori e impiegati, risultando per un largo periodo una sorta di centro commerciale fantasma. Una sorte toccata durante il Covid anche agli altri grandi mall, nell’ordine dal secondo al quinto più grande nel mondo nel 2023: il Golden Resources di Pechino, il thailandese Central World di Bangkok, l’SM Mall di Manila nelle Filippine e il Dubai Mall che si propone come “Complete Family Entertainment Under One Roof”, con i suoi 1.200 negozi, un acquario e zoo marino, una pista di pattinaggio su ghiaccio e un parco dedicato alla realtà virtuale.

Molti di questi mall hanno ripreso appieno la loro attività e hanno ritrovato anche il ruolo di traino per lo sviluppo economico delle aree in cui sorgono con crescita dell’occupazione e delle attività commerciali.

Shopping mall, dalle origini a oggi

Il primo centro commerciale completamente chiuso e climatizzato, il Southdale Center, porta la firma di un architetto di origine austriaca, Victor Gruen, e la data di apertura del 1956 a Edina, una cittadina del Minnesota negli Stati Uniti. E, proprio nel Minnesota, a Bloomington, nell’area a sud di Minneapolis, sorge dal 1992 il Mall of America ancora oggi il più grande degli Stati Uniti, con 5,6 milioni di piedi quadrati (520mila metri quadrati), all’interno del quale è stato realizzato l’enorme parco divertimenti Nickelodeon Universe con 27 diversi tipi di intrattenimento e montagne russe, un acquario e tre alberghi, oltre a 520 negozi.

Nel 1960 negli Stati Uniti ne erano stati costruiti 4.500, poi è arrivato il declino. Negli anni ’80 il loro numero si è ridotto a 2,500, mentre a fine 2023 – secondo l’ufficio di statistica – erano circa 700. Nonostante questo l’America è alla ricerca costante di un’occasione per crescere e così l’American Dream Miami and Theme Park potrebbe essere la risposta attesa per i sostenitori di queste infrastrutture.