Ogni epoca ha il suo punto di svolta. Per l’Europa, quello attuale coincide con una trasformazione globale senza precedenti: conflitti prolungati, instabilità energetica, nuove alleanze geopolitiche e politiche industriali aggressive. Le economie emergenti si muovono con tempi rapidissimi e gli Stati Uniti rimodellano le regole del commercio, mentre la tecnologia ridisegna la distanza fra i Paesi.
È in questo scenario che la settima edizione del Geoeconomy Talk organizzata da RCS Academy ha provato a tracciare una mappa del mondo che verrà. L’edizione 2025, dedicata a “Nuovi scenari economici e alleanze globali”, ha così messo al centro una domanda cruciale: quale ruolo potrà giocare l’Europa nel nuovo equilibrio post-Trump?
Durante la tavola rotonda dedicata agli investimenti per le infrastrutture, Massimo Ferrari, Direttore Generale del Gruppo Webuild (leader globale nella costruzione di grandi opere complesse), ha ricordato come l’Europa si trovi davanti a un passaggio epocale. «L’Europa è a un bivio storico – ha dichiarato Ferrari – e deve cogliere la sveglia lanciata anche dal Rapporto Draghi per ritrovare una sua identità necessaria per affrontare le nuove sfide globali sulla base dei propri valori e per mantenere la competitività del suo sistema produttivo».
Fra i segnali più forti c’è l’enorme deflusso di capitali: 500 miliardi di euro sono fuoriusciti dall’UE in un solo anno, alla ricerca di mercati con maggiore liquidità, governance più snella e innovazione più rapida.
«L’urgenza di agire – ha sottolineato Massimo Ferrari – è confermata dai dati che emergono dal mondo della finanza: se il totale dei mercati azionari pubblici vale circa 125 trilioni (125.000 miliardi) di dollari, in Italia tale valore è di meno di 1 trilione. Per attrarre gli investimenti, non basta il rendimento atteso. Gli investitori si orientano dove ci sono le condizioni più favorevoli, scegliendo mercati con alta liquidità, solida governance e garanzie di cybersecurity».
«L’Europa deve convergere su regole comuni il più velocemente possibile, accelerando in maniera significativa, poiché il ruolo dell’Intelligenza Artificiale (AI) nella selezione delle informazioni e delle decisioni degli asset su cui investire è ormai determinante e l’Europa deve cavalcare e non subire questo nuovo corso storico».
Le infrastrutture come architrave del nuovo ordine geoeconomico
Nel percorso che l’Europa è chiamata a compiere per riacquistare centralità nel contesto geopolitico globale, le infrastrutture confermano il loro ruolo centrale. Infrastrutture che non sono più solo opere fisiche, ma strumenti strategici che determinano sicurezza nazionale, autonomia energetica, competitività industriale e resilienza climatica.
Nel suo intervento Massimo Ferrari lo afferma con chiarezza: «Gli investimenti di lungo periodo nel settore devono convergere sulle infrastrutture che sono funzionali ai megatrend globali come urbanizzazione, transizione energetica, e sui settori emergenti, in cui Webuild sta già realizzando grandi opere strategiche per gli stati, soprattutto nei settori dell’alta velocità ferroviaria, della mobilità urbana con le metropolitane, della produzione energetica con dighe e impianti idroelettrici».
Da questo tipo di infrastrutture dipende la capacità del continente di garantire per imprese e cittadini energia a costi sostenibili, collegamenti rapidi, accesso alle tecnologie critiche e gestione intelligente delle risorse come la disponibilità idrica e le reti digitali.
Nel mondo post-Trump, dove gli Stati Uniti investono massicciamente in transizione tecnologica e produzione nazionale, e la Cina continua a espandere reti e sistemi integrati di approvvigionamento, l’Europa deve rispondere con una visione comune a una velocità decisionale nuova.
Centrali idroelettriche, risorse idriche e alta velocità ferroviaria: le frontiere della competizione
Le dinamiche globali mostrano chiaramente quali saranno i tre pilastri strategici del prossimo decennio: energia, acqua e mobilità.
L’energia (inclusa l’energia idroelettrica) resta il primo nodo. L’Europa affronta costi elevati e una transizione accelerata che richiede reti più robuste, interconnessioni e sistemi di stoccaggio avanzato. In questo senso, il direttore generale di Webuild cita l’esempio di Snowy 2.0, il maxi impianto che Webuild sta costruendo in Australia con una capacità di 350.000 megawatt. Si tratta di una “megabatteria” alimentata da un impianto idroelettrico a pompaggio (“pumped storage”) per far fronte ai periodi di picco di richieste. È un progetto simbolo della scala verso cui si stanno orientando molti Paesi.
C’è poi il tema della risorsa idrica, che sta assumendo lo stesso peso strategico dell’energia e dove tecnologie come i dissalatori sono sviluppate ancora solo marginalmente in molti paesi europei. In Italia l’utilizzo della dissalazione, ovvero la costruzione di impianti di desalinizzazione per trattare l’acqua del mare e trasformarla in acqua desalinizzata potabile, si attesta sotto l’8%, un dato nettamente inferiore rispetto al 40% della Spagna.
La mobilità rappresenta, infine, la spina dorsale di un continente che deve tornare competitivo. Il completamento della rete ferroviaria europea TEN-T – con 345 miliardi di investimenti stimati entro il 2040 – non è un semplice progetto infrastrutturale, ma un piano di politica economica e industriale su scala europea.
In questo quadro, Massimo Ferrari ha richiamato l’importanza degli investimenti europei nelle reti infrastrutturali TEN-T, di cui fanno parte molte delle grandi opere che Webuild sta realizzando in Italia, dalla Galleria di Base del Brennero, all’alta velocità ferroviaria del Progetto Unico Terzo Valico dei Giovi–Nodo di Genova, della Verona–Padova, della Napoli–Bari, della Salerno-Reggio Calabria, fino alla direttrice ad alta capacità Palermo–Catania–Messina in Sicilia.
Oltre le infrastrutture: l’urgenza di decidere il futuro
La vera questione che emerge dal Geoeconomy Talk riguarda la capacità dell’Europa di agire come un sistema e non come un mosaico di paesi e politiche diverse. Senza una visione comune, nessun continente può competere in un mondo che corre più veloce della sua burocrazia.
«L’Europa deve decidere adesso chi vuole essere», ha dichiarato Massimo Ferrari nelle battute finali del suo intervento. Il messaggio è chiaro: infrastrutture, energia (compresa l’energia idroelettrica), riserse idriche e tecnologia sono oggi i terreni su cui si gioca il ruolo geopolitico del continente.
La scelta non riguarda solo cosa costruire, ma quale futuro immaginare. Ed è su quel terreno, tra visione politica e capacità industriale, che si deciderà se l’Europa sarà protagonista o spettatrice nel nuovo ordine globale.