Dodgers Stadium, la sfida epica dei primi templi del baseball

Dallo stadio di Los Angeles a oggi le tecniche costruttive sono cambiate e le case dello sport sono divenute moderne e sostenibili

È un’icona dello sport americano. Un’infrastruttura simbolo che racconta ormai la storia recente di un Paese e di uno dei suoi sport più amati, ma anche l’esempio di una delle grandi opere che dagli anni Sessanta a oggi sono state realizzate a Los Angeles rendendola la metropoli che è oggi. Lo stadio dei Dodgers è tutte queste cose insieme: inaugurato nel 1962 è oggi il terzo stadio più vecchio ancora in uso in America e la casa della squadra di Major League Los Angeles Dodgers.

Inizialmente fu progettato per essere ampliato e contenere fino a 85mila posti, ma il comune non ha mai variato il permesso iniziale che consente alla struttura di ospitare 56mila tifosi e così, ogni volta che vengono aggiunte nuove postazioni o nuove tribune, ne vengono eliminate delle altre.

La sua longevità dipende soprattutto dalla cura che il club dei Dodgers, proprietario della struttura, applica nella sua manutenzione. Ogni anno lo stadio viene riverniciato mentre una squadra di giardinieri lavora a tempo pieno per curarne il prato. Più che il suo presente, però, quello che colpisce è il suo passato che racconta una delle grandi storie americane di successo e di amore per lo sport.

La nascita del Dodgers Stadium

Era il 1957 quando il magnate Dodger Walter O’Malley annunciò l’intenzione di costruire uno stadio per il baseball a Brooklyn, New York City. Il progetto non decolla e allora O’Malley abbandona New York per trasferire il suo progetto in California. Allora Los Angeles non aveva ancora una squadra sportiva di serie, quindi O’Malley acquistò la squadra Los Angeles Angels che militava nella lega minore promettendo che l’avrebbe fatta crescere e gli avrebbe costruito uno stadio.

Proprio in quegli anni Los Angeles stava vivendo un boom demografico e urbanistico e anche il terreno dove sarebbe sorto lo stadio – secondo il Federal Housing Act del 1949 – avrebbe dovuto ospitare case e scuole. Per superare il vincolo e permettere a O’Malley di acquistare gli spazi necessari alla realizzazione dell’impianto sportivo nel quartiere di Chavez fu addirittura indetto un referendum, che si concluse positivamente per il magnate.

Un’opera maestosa per la cittadinanza

Realizzare uno stadio così maestoso sui terreni delle Elusian Hills (questo il nome dell’area) non era sicuramente un’impresa facile. I lavori iniziarono il 17 settembre del 1959 e lo stadio fu progettato in parte dallo stesso proprietario della squadra e finanziatore e in parte dall’ingegnere civile Emil Praeger. La difficoltà maggiore era rappresentata dalle caratteristiche montagnose dell’area: al termine dei lavori è stato conteggiato lo spostamento di 8 milioni di metri cubi di terra e roccia, mentre i macchinari più moderni dell’epoca furono utilizzati per appiattire le colline circostanti. E nel punto più alto dove sarebbe dovuto sorgere lo stadio è stato abbattuto il picco della montagna e al suo posto è stato realizzato l’anfiteatro dello stadio, di fatto scolpito nella roccia. Per costruire la tribuna sono stati invece utilizzati 40mila metri cubi di cemento e 13 milioni di chili d’acciaio rinforzato.

Gli stadi, quei monumenti grandiosi alla passione per lo sport

Negli anni i metodi e le tecniche di costruzione degli stadi sono cambiati profondamente e storie come quella del Dodgers Stadium, con il suo enorme impatto sulla collettività, non si sono ripetute. Gli stadi di oggi sono infatti monumenti allo sport ispirati però ai più moderni principi di sostenibilità ambientale. Il Gruppo Webuild, che negli anni ha costruito numerosi stadi di grandi dimensioni dall’Olimpico di Roma allo Stadio Meazza San Siro di Milano, ha realizzato per i Mondiali di Calcio del 2022 in Qatar uno dei più moderni templi del calcio. L’Al Bayt Stadium, costruito nella città di Al Khor, è infatti in grado di ospitare 60mila persone e la sua struttura, che ha la forma di una tenda beduina, è stata allestita in modo da essere smontata e donata alle nazioni in via di sviluppo che hanno bisogno di strutture sportive. L’opera ha poi ottenuto la GSAS 4Stars, ovvero uno degli standard più elevati in tema di sostenibilità rilasciato dalla Gulf Organization for Research & Development, un parametro che si basa su un concetto esteso di sostenibilità, dove oltre ai tradizionali criteri energetici, di efficienza e di sicurezza si aggiungono altri elementi come appunto il riutilizzo delle strutture, la conservazione degli ambienti floro-faunistici autoctoni, lo sviluppo delle risorse e delle economie locali, la tutela della cultura, delle radici e delle tradizioni. È questa la frontiera di queste opere infrastrutturali moderne trasformate in monumenti allo sport.